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La Filharmonie in tournée, Keshavarzi: “In Medio Oriente la musica messaggera di pace”

In dialogo con il direttore dell’orchestra fiorentina under 35 per conoscere più nel dettaglio i concerti, ma anche il senso della musica in Medio Oriente, anche come orizzonte di pace

di GIOVANNI BALLERINI -
10 marzo 2024
Nima Keshavarzi

Nima Keshavarzi

La prima tournée italiana dell’orchestra fiorentina under 35 La Filharmonie è l’occasione per questi talentuosi musicisti per maturare nella loro professione. Ma, consente anche a Luce! di fare il punto sul senso della musica in Medio Oriente, soprattutto in Iran, visto che il direttore dell’ensemble, Nima Keshavarzi, è originario di quel Paese.

E, in generale, di aprire una riflessione sulla musica intesa come possibile, anzi auspicabile orizzonte di pace. “In questa nostra prima tournée nazionale metteremo al centro la prima Scuola di Vienna, il grande classicismo con Hayden, Mozart, ma ci sarà un excursus su altri autori contemporanei, come Boccherini. Dopo questi primi anni di attività, la tournée è un grandissimo traguardo che permette di portare questa realtà fiorentina per la prima volta fuori dalla regione per far conoscere l’attività musicale, unica nel suo genere, della nostra orchestra”.

Sarà Keshavarzi – persiano di nascita, ma fiorentino d’adozione, visto che ha studiato violino e composizione al Conservatorio Cherubini di Firenze e alla Scuola di Musica di Fiesole –, a dirigere La Filharmonie in questo marzo 2024, nella tournée che attraverserà tutta l’Italia da nord a sud.

La Filharmonie
La Filharmonie

Keshavarzi, In Iran la musica oggi è permessa o tollerata? “Piuttosto tollerata. La musica è talmente forte che ha radici in tutte le culture del mondo e quindi difficilmente si riesce a eliminarla. Come spesso accade in tutti i regimi, in Iran il tentativo è quello di controllare, selezionare, di appoggiare una certa musica piuttosto che un’altra e portarla al servizio dell’ideologia. Devo dire che di fronte a questo, essendo una società davvero complessa quella iraniana, esiste un movimento musicale che ha investito, soprattutto nelle nuove generazioni, su un grandissimo numero di ragazzi che oggi si dedicano allo studio della musica, alla pratica musicale e spingono ad aprire le porte che negli ultimi decenni sono rimaste chiuse”.

Lei che è nato in Iran che rapporto ha con il Cherubini? “Musicalmente parlando sono figlio del conservatorio di Firenze e della Scuola di Musica di Fiesole, dove ho studiato. Gran parte della mia formazione musicale è avvenuta in Toscana e mi sento fiorentino a tutti gli effetti. Ma, date anche le mie origini, ho sempre avuto la volontà di varcare i confini, creare dialogo. Il progetto Filharmonie intende creare un ponte e tutti i programmi che ho realizzato sono andati in quella direzione. Nel 2022 abbiamo realizzato il progetto Da Firenze a Isfahan, la mia città di nascita (gemellata con Firenze), con l’Orchestra Nazionale Iraniana e mettendo insieme compositori toscani come Busoni e Puccini con altri iraniani, attraverso la favola di Turandot, che ha attrici persiane. L’idea è quella di far parlare insieme, avvicinare le culture attraverso la musica e vorrei continuare a sperimentare in quella direzione. È una cosa necessaria e urgente nel contesto attuale del mondo”.  

Ma secondo lei la musica può servire davvero a creare un orizzonte di pace in Medio Oriente?

“Certo, ma non voglio fare retorica e dire che i musicisti salveranno il mondo, quando anche a me personalmente è capitato di trovarmi in situazioni un po’ più tese a livello politico e sociale, come succede nell’Iran di oggi. A maggior ragione la musica acquisiva una funzione non soltanto estetica, di bellezza, ma sociale. Riusciva a unire diversissime fasce della popolazione. La musica insomma diventa una necessità primaria, quando ci troviamo in delle situazioni in cui la bellezza diventa una merce rara. Forse in Italia siamo troppo abituati a questo e sottovalutiamo il valore della musica, la sua funzione taumaturgica, ma io credo fermamente che attraverso la musica, l’arte, la cultura si riesca davvero ad aprire delle porte che purtroppo troppo spesso rimangono chiuse. La realtà ha moltissime sfumature. E l’arte ha l’obbligo di provare a tornare a essere una finestra verso il mondo”.

Enrico Bronzi
Enrico Bronzi

La serie di concerti, organizzati in collaborazione con il Cidim, il Comitato Nazionale Italiano Musica, ha approntato un programma concertistico che prevede un focus sul Settecento, più specificamente sulla Prima Scuola di Vienna, tra le musiche di Mozart, Haydn e quelle di Boccherini. “Con noi ci sarà Enrico Bronzi, uno dei maggiori violoncellisti nel panorama italiano e internazionale – spiega il direttore –. La sua presenza è importante anche perché, oltre a essere un grande interprete, è un eccellente didatta: sarà l’occasione, per i componenti della nostra orchestra, non soltanto di esibirsi al suo fianco, ma anche di partecipare a un momento formativo di enorme valore”.

Quando avete deciso di dare il via all’orchestra? “La Filharmonie è stata fondata nel 2016. È un’orchestra che si colloca, oggi ufficialmente, visto il riconoscimento ministeriale, fra i complessi strumentali giovanili: la maggior parte dei musicisti sono al disotto dei 35 anni, molti al disotto dei 30. È un’orchestra che vuole fare da ponte fra la formazione e la professione. Cosa che spesso vediamo mancare in Italia. È un’orchestra post formazione che avvia i musicisti, che sono già professionisti, verso la carriera del musicista”.

Che programma proporrete in tournée? “Abbiamo scelto tre autori fondamentali del Settecento che sono tuttora un immancabile banco di prova per ogni compagine musicale. Al centro il violoncello: apriremo la serata con le musiche di Boccherini, il più celebre virtuoso di questo strumento del suo tempo, nonché abile compositore; a seguire Haydn, padre del quartetto e della sinfonia, di cui suoneremo il secondo concerto per violoncello e orchestra, uno dei massimi della scrittura per questo strumento, fino ad arrivare al genio di Mozart che chiude il programma con una delle pagine più luminose della sua produzione sinfonica, la N. 29”.