Lucio Corsi, il cantautore al Firenze Rocks: "Traduco i sogni in musica"

Classe '93, maremmano fiero delle sue origini ("Così ho imparato ad annoiarmi"), è una delle voci più originali del panorama italiano e il 17 giugno aprirà la serata dei The Who

di GIOVANNI BALLERINI
16 giugno 2023

Lucio Corsi

Sembra uscito dal film Velvet Goldmine, diretto da Todd Haynes nel 1998, e invece l’estroso musicista maremmano Lucio Corsi si sta rivelando uno dei cantautori più originali del momento. Il talentuoso storyteller e polistrumentista classe 1993, di Val di Campo di Vetulonia, lo dimostrerà ancora una volta suonando con la sua band a Firenze Rocks sabato 17 giugno, cioè la giornata che vede come headliner sul palco della Visarno Arena, al parco delle Cascine, The Who e l'orchestra del Maggio Musicale Fiorentino.
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Corsi in concerto. Oggi parte il tour del suo terzo album "La gente sogna" (Instagram)

Il tour de "La gente sogna"

Un'occasione d’oro per ascoltare dal vivo i brani del terzo album di Lucio, "La gente sogna", appena pubblicato per Sugar Music. Sarà una sorta di anteprima rispetto al tour - prodotto da Ponderosa Music & Art - che parte oggi dal Moon in June, Isola Maggiore (Pg). Proseguirà poi il 29 giugno all’Ibalea Festival, Palazzolo Sull’Oglio (Bs), il 30 giugno al Phoenix Fest, S. Giovanni Valdarno (Ar), il 7 luglio al Tantarobba Festival, Cremona, il 23 luglio all’Apolide Festival, Vialfre’ (To), il 28 giugno a NUoVO, Cuneo, il 3 agosto alla Rocca Pisana, Scarlino (Gr), il 26 agosto al Limen Festival, Salerno, il 9 settembre all’Ultravox, Firenze e il 24 settembre allo Spring Attitude, Roma. E poi con nuovi appuntamenti ancora da annunciare.

L'intervista a Lucio Corsi

Lucio, come ha organizzato i concerti? "Siamo in sette sul palco. Nei concerti del tour ci sono vari momenti, uno più rock, un altro blues con tre chitarre elettriche e le armoniche, un momento acustico, un altro folk, uno dedicato alle cover. Dura tanto, più di due ore e un quarto. Per l’esibizione fiorentina, prima degli Who, cercheremo di condensare la scaletta e, visto il contesto, ci concentreremo sulla parte più rock and roll".
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Al Firenze Rocks nella serata d'apertura, Corsi si esibirà prima degli Who (Instagram)

Quanto è importante da storyteller essere maremmano? "Fondamentale. Vivere nella campagna intorno a Vetulonia è un po' come farlo nel Far West italiano. È un luogo magico, che mi ha sempre ispirato. Mi ha cresciuto e formato. Preferisco la pace intorno a me, la terra ad altre opportunità. È stato fondamentale, da adolescente, non avere niente di particolare da fare. Stavo in campagna e suonavo: mi ha dato modo di approfondire una passione. Non bisogna stare sempre in cerca di divertimenti, i miei mi hanno sempre detto che dovevo imparare a annoiarmi, fa parte della vita e prima lo impari meglio è. Un po’come le pause nella musica: i pianoforti, le chitarre sono bravissimi a stare in silenzio, bisognerebbe imparare da loro a farlo". Ha studiato musica o è un autodidatta? "Ho studiato da piccolo, feci 6 anni di chitarra e pianoforte a Grosseto, poi con le prime band ho iniziato a scrivere pezzi e non mi sono più fermato". È mai stato bullizzato per come si pone o si veste? "A scuola per niente. Ho frequentato il liceo scientifico e mi hanno insegnato di più gli studenti che i professori.
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Il giovane cantante dice che la vita in campagna gli ha insegnato l'importanza di avere momenti vuoti, a imparare ad annoiarsi (Instagram)

Ero l’unico che suonava, coi capelli lunghi, che si vestiva in modo differente e aveva altre passioni, ma ho capito che potevo essere amico anche di gente diversa da me. E ancora oggi il mio miglior amico non ha niente a che fare con la musica. Puoi avere altre passioni, altri interessi, ma si può essere comunque in sintonia. L’unica volta in cui mi hanno contestato è stato a Festambiente nel 2014, quando col mio live chitarra e voce a 19 anni aprii il concerto degli Stadio, ma mi tirarono di tutto. Conclusi il mio set, ma c’erano famiglie intere, con bambini, che mi urlavano le peggio cose. È stata comunque una cosa formativa nel mio percorso". Il suo modo di vestire è stato apprezzato anche da Gucci? "È stata una cosa al di fuori della musica, anche se Gucci, in quel periodo, era molto legato all’estetica degli anni Settanta e quindi per me fu naturale sfilare come modello per la campagna 'Cruise 2018' a Palazzo Pitti, e prendere parte in autunno al progetto Roman Rhapsody con il fotografo Mick Rock, che conobbi in quella occasione. Fu una soddisfazione per me, visto che anni prima, quando andai con la scuola in gita a Berlino, avevo comprato un suo libro fotografico su David Bowie in tedesco: sono cresciuto ascoltando quella musica e guardando le sue foto, poi ha fotografato anche me". Ma a lei la moda piace, la segue? "Per niente. Mi vesto così per un mio gusto personale che mi porto dietro dall’adolescenza grazie alla musica. Il lato estetico è importante, tanto quanto le canzoni, è uno strumento in più che abbiamo per raccontare qualcosa, come le copertine dei dischi, i video".
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Il giovane maremmano nel 2018 ha sfilato per Gucci

Che rapporto ha con l'ispirazione? "Non credo si possa andare in giro, fare altre cose, in attesa dell’ispirazione, perché se poi arriva e sei su un pullman non ci fai niente: è bene tu ti faccia trovare al pianoforte o con la chitarra a tracolla quando arriva. Credo in sostanza sia necessario farsela venire l’ispirazione, non aspettarla, ma andare a prendersela in qualche modo". Quando farà il suo Ziggy Stardust? "Spero di fare qualcosa di più personale, di autentico". Ma la lezione di Bowie rock è centrale nel suo sound? "È stato un artista colossale e davvero ispirato. Io comunque amo il glam rock e il prog, ma anche i cantautori. Da Dylan a Neil Young, da Ivan Graziani a Paolo Conte. Abbiamo una storia cantautorale importante che mi ha sempre intrigato, mi fa venire la voglia di andare al pianoforte e scrivere qualcosa". Francesco Bianconi ha prodotto il suo penultimo disco? "Sì, Che cosa faremo da grandi, nel 2020. È un amico, lui e i Baustelle mi hanno insegnato tanto e nel 2018 ho aperto il loro tour teatrale. Fu una bella esperienza". Il nuovo album privilegia la dimensione onirica. Ha un sogno ricorrente? "Oggi no. Da piccolo sognavo spesso di cadere dalle scale. Ora tento di tradurre i sogni in musica, sono una fuga dalla realtà. La musica che amo mi fa calare in altri panni, in altri tempi, non racconta il mondo".
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Lucio Corsi con Cesare Cremonini

In che senso? "Quando sento che un brano descrive com’è il mondo ai nostri occhi mi arrabbio, lo trovo uno spreco di spartiti, di memorie. Nelle canzoni, nei quadri e in qualsiasi forma d’espressione bisogna cambiare prospettiva. Nell’arte il cambiamento è la cosa più difficile, ma bisogna puntare a quello, uscire dalla crisalide, cambiare forma". E abitare le nostre case come se fossero astronavi? "È un po’ che ci penso. Ci sono le luci, i finestrini per guardare fuori, i pulsanti, i motori: mi piace pensare gli appartamenti come astronavi incastrate nella terra, che non siamo in grado di far ripartire. Se qualcuno ci è riuscito non l’abbiamo visto". Che rapporto ha con i social e la tecnologia? "Credo sia importante ricordarsi di stare un po’ zitti, quando non si ha davvero qualcosa da dire. Sui social mi attivo quando ho un disco, un progetto, un’idea fuori, altrimenti sto anche anni senza postare niente. Non sento il bisogno di starci dietro". Le piace frequentare l’immaginario dei più piccoli? "Un giorno uno scrittore di filastrocche mi disse che facevo canzoni per bambini e quindi per tutti. È un immaginario che fa parte di ognuno di noi, siamo stati tutti bambini dentro, non è solo questione di età. Poi è giusto cambiare, evolversi, maturare". Magari pensando a sua nonna e suo al ristorante? "È un insegnamento vedere la sua determinazione nel perseguire il suo sogno, con mia madre e mia zia ogni giorno in Maremma. Dal 1959 gestisce il ristorante e il suo fare i tortelli, portare avanti quell’attività, ha qualche somiglianza con la mia grande passione per la musica". Le piacciono anche i motori? "Soprattutto il motociclismo, grazie a mio padre che mi faceva vedere le gare è l’unico sport a cui sono appassionato. Mi affascina perché è una sfida assurda che trovo in qualche modo anche poetica: una romantica sfida contro il tempo dell’uomo".