"Petite fille - Nel corpo sbagliato": la storia di Sasha una bambina nata maschio

Il docu-film del regista francese Sébastien Lifschitz, disponibile gratuitamente sulla piattaforma ARTE.tv, racconta la disforia di genere vissuta in tenera età

di LAVINIA BENI E MAFALDA CHIOSTRI
23 ottobre 2022
"Petite fille - Nel corpo sbagliato": la storia di Sasha una bambina nata maschio

"Petite fille - Nel corpo sbagliato": la storia di Sasha una bambina nata maschio

"Quando sarò grande, sarò una ragazza". Sasha ha sette anni e si sente inadeguata nel suo corpo maschile. Vorrebbe essere una bambina e il suo desiderio arde da quando aveva tre anni. Il regista francese Sébastien Lifschitz ha trascorso del tempo con la famiglia della piccola, originaria del Nord-Est della Francia, e ha deciso di girare un docu-film, per raccontare le battaglie quotidiane di chi non si sente a suo agio con il proprio sesso. Di chi ha a che fare, fin dalla più tenera età, con la disforia di genere. La missione che si pone il regista è quella di provare a comunicare la bellezza della sua differenza al resto della comunità, in una regione in cui strutture e interlocutori sono pressoché inesistenti e dove il confronto con l'esterno cela le principali insidie per Sasha, tra scelte di abbigliamento, amicizie e la pratica della danza. Il film, prodotto nel 2020, è ambientato nell’Aisne, un dipartimento settentrionale d'Oltralpe, e a Parigi, dove ha sede l’ospedale pediatrico Robert Debré. "Petite fille - Nel corpo sbagliato" è uscito in Francia nel 2020 ed è ora disponibile gratuitamente in Italia sul canale culturale europeo ARTE.tv. La piattaforma dispone di un’ampia selezione del catalogo di ARTE, costituito da tutti i generi audiovisivi di carattere informativo e culturale: documentari e reportage, serie, programmi di infotainment, musica e spettacoli dal vivo. Il regista racconta il primo appuntamento con la mamma di Sasha, Karine: "Abbiamo iniziato a scambiarci messaggi e poi Karine ha chiesto di incontrarci, inizialmente senza Sasha. Il primo incontro è stato travolgente, ci siamo commossi entrambi. La fiducia e l'affetto sono stati immediati. Al secondo incontro, ho conosciuto anche Sasha e tutta la sua famiglia". Il regista ha lavorato assieme a un direttore di fotografia, un tecnico del suono e un assistente: un piccolo team che ha provato forti emozioni: “La famiglia ha sentito che eravamo come una sorta di seconda cerchia protettiva intorno a Sasha”. Il docu-film adotta il più possibile il punto di vista della bambina. Spiega Lifschitz: "La telecamera la segue il più possibile da vicino, al suo livello, in modo da creare empatia e far capire quello che sta passando". L'idea di girare questo tipo di docu-film è partita dalla confessione ricevuta da parte di Bambi, Marie-Pierre Pruvot, una delle prime donne transgender francesi, nata nel 1935. Il regista è rimasto colpito dalla sua testimonianza, perché, già all'età di tre anni, sentiva già dentro di se di essere una bambina. Questo lo ha incuriosito e ha deciso di farne un film: "Quando si parla di transidentità, si tende a farlo in relazione all'adolescenza, alla pubertà, al momento in cui il corpo cambia. La testimonianza di Bambi mi ha fatto capire che può accadere molto prima nella vita di una persona trans". Gli aspetti legati all'identità non coincidono con quelli legati alla sessualità che si manifestano durante l'adolescenza. Per questo è importante raccontare storie come queste, anche perché accadono sempre più frequentemente al giorno d'oggi.