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“Un altro Ferragosto”: Virzì si conferma attento osservatore della realtà

Da giovedì sarà nelle sale l’ultimo film di Paolo Virzì, l’ennesimo suo sguardo su una società impoverita tra “fast” intellettualismo, ipocrisia, superficialità e indole giudicante verso il prossimo

di GIOVANNI BOGANI -
10 marzo 2024
VIRZI_SET_UN_ALTRO_FERRAGOSTO

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Nel nuovo film di Paolo Virzì, “Un altro Ferragosto”, da giovedì nelle sale, si scontrano due clan, due “tribù” di amici nelle quali si specchia l’Italia di oggi. Intellettuali “di sinistra”, radical chic, sgualciti e intristiti, intestarditi nelle loro convinzioni, nel loro senso di superiorità; e arricchiti volgari, con un capoclan palestrato, arrogante, e una influencer da un milione di views a ogni diretta Instagram.

Sembrerebbe un film “semplice”: destra contro sinistra, più o meno. Ma già Gaber, molti anni fa, in una sua canzone bellissima, ci mostrava quanto fossero sfaccettati questi confini, queste definizioni. E oggi, Virzì ci mostra quante striature, quante sfaccettature, quanti chiaroscuri abbiano queste definizioni. C’è molta dell’Italia di oggi nel suo film. E ci sono anche, in filigrana ad alcuni dei personaggi, molte delle nuove istanze di inclusività che stanno permeando il tessuto sociale. E i conflitti legati ai nuovi scenari.

Photocall Un altro ferragosto
Photocall Un altro ferragosto

La trama

Nel clan dei “progressisti” il personaggio interpretato da Andrea Carpenzano arriva sull’isola di Ventotene, dove tutti i personaggi confluiscono, accompagnato dal marito, un bellissimo fotomodello ossigenato e dalla pelle bianchissima: una specie di semidio efebico. Sono due trentenni di successo: uno ha sviluppato una app di messaggistica nella quale non vengono tracciati i dati sensibili, e ha fatto un sacco di soldi. L’altro sfoglia sull’iPad foto di modelli, e si capisce che il loro standard di vita è alto. I due sono sposati, il padre di Carpenzano non ha problemi ad accettare la loro relazione, anche se è evidente la distanza tra i loro mondi. Ma le scintille avvengono con l’altro gruppo.

In una scena in spiaggia, i due si baciano sotto l’ombrellone. Il personaggio di Vinicio Marchioni, palestrato, tatuato e orgogliosamente di destra, promesso sposo della influencer, li guarda con sdegno. Fino a quando Noah, il fotomodello, non entra in contatto con suo figlio. I due parlano, Noah gli mette una mano sulla spalla. A quel punto Cesare si tuffa, lo raggiunge, lo affronta, lo prende per i capelli, lo butta in acqua. Qualcuno riprende la scena, che diventa virale. Ma non succede niente, non ci sono moti di indignazione, il popolo dei social sembra ancora assuefatto all’omofobia. E la sera, in una specie di resa dei conti pubblica, Vinicio Marchioni sibila al clan degli altri: “Le mani addosso a mi’ fijo nun je le metti. Io non ho niente contro l’omosex, a casa vostra fate pure quello che ve pare, nun lo vojo sapé”, rimarca col sorriso irridente stampato sul volto, fra gli applausi degli amici. Discredito, diffidenza, disprezzo verso gli omosessuali sono ancora moneta comune, in una metà degli italiani.

Photocall Un altro ferragosto
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Le ipocrisie della società

E non è, questa, l’unica notazione amara sulla società di oggi che il film di Paolo Virzì ci offre. Ce n’è un’altra, forse più sottile: e punta il dito contro le ipocrisie della “sinistra”. È il momento in cui il personaggio di Ema Stokholma, fidanzata disinvolta, elegante, contemporanea di uno dei ragazzi “di sinistra”, si rivolge alla influencer timida, impacciata, poco avvenente che ha riscosso un enorme successo con i suoi tutorial di make-up. “Il tuo successo è fantastico! È un segnale molto body positive! Le influencer strafighe sono una narrativa tossica, tu invece sei l’antidoto…”. Ovvero, come mettere insieme in un’unica frase tanti anglicismi insostenibili e, soprattutto, come umiliare una persona fingendo di farle un complimento. Se la brutalità ristagna ancora a destra, l’ipocrisia serpeggia a sinistra.

Infine, c’è, fra le vicende del film, anche il rapporto di continui battibecchi, ma di sostanziale amore profondo, fra i due personaggi femminili interpretati da Raffaella Lebboroni e Claudia Della Seta. Due personaggi che già apparivano nel primo capitolo di questa “saga” i cui due episodi sono distanti quasi trent’anni. In “Ferie d’agosto”, del 1996, le due donne litigavano e amoreggiavano. E, ventotto anni dopo, continuano a farlo.