Valentina Banci, l'anima nel teatro: "La persona non può essere così divisa dall’attrice"

La pratese ha recentemente inaugurato il Festival del Monteferrato nello scenario della Cava di Marmo Verde a Figline di Prato. "Sono molto sicura di me, anche se minata da troppe insicurezze"

di GUIDO GUIDI GUERRERA -
16 luglio 2023
Valentina Banci 04

Valentina Banci 04

Occhi verdi, vivacissimi. Capelli di miele e eleganza innata. Il suono della voce ricco di timbriche piacevoli come le note di una bella canzone. Lei è un vero animale da palcoscenico, simile a una giovane tigre accucciata e sorniona pronta a fare sentire il suo potente ruggito tutte le volte che il sipario si apre. Lei è Valentina Banci, attrice pratese, famosa per tantissime interpretazioni cinematografiche, televisive e soprattutto teatrali.

Festival del Monteferrato

Perché il teatro è il suo vero rifugio, la sua casa e per molti versi la sua anima. Un irrinunciabile nutrimento quotidiano. Non a caso Valentina ha inaugurato proprio in questi giorni la terza edizione del Festival del Monteferrato nella suggestiva cornice della Cava di Marmo Verde a Figline di Prato, singolare palcoscenico naturale della kermesse ideata dalla stessa artista.
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Il Festival del Monteferrato si svolge dal 12 al 21 luglio a Cava di Marmo Verde a Figline di Prato

Il programma, ricchissimo di spettacoli, si è aperto con un tributo all’indimenticabile Carlo Monni per proseguire, fino al 21 luglio, con la partecipazione di grandi attori e attrici del nostro tempo.

L'attrice Valentina Banci

La carriera di Valentina Banci ha inizio dal 1994, quando dopo aver conseguito il diploma alla Bottega teatrale di Vittorio Gassman si perfeziona con Leo de Berardinis e, successivamente, con Giancarlo Cobelli nel progetto "Teatro di Gorkij". Prosegue gli studi con Egisto Marcussi e Marcello Bartoli apprendendo i segreti della Commedia dell'Arte, quindi partecipa al corso di perfezionamento "Teatro e Musica" dell'Accademia Nazionale Silvio D'amico. Nel 2007 ha fondato la Compagnia Teatrale toscana Kulturificio n.7, per la quale ha curato le regie su scritture drammaturgiche originali di Tommaso Santi. Infine dal 2020 dirige il Collettivo Ferro26, di cui è parte il Monteferrato Festival. Il suo volto intenso, intelligente, espressivo e carismatico ha dato vita a personaggi di grande impatto drammatico che oltre a quello teatrale hanno conquistato anche il pubblico televisivo e cinematografico. Come nel caso del film "Il domani di Laura", diretto da Costantino Maiani e uscito nel 2019, in cui l’attrice toscana interpreta il ruolo della protagonista vittima di uno stupro. Una storia dolorosa recitata con realismo ma con l’uso delicato del tono lieve e sommesso. Valentina Banci, un’eccellenza autentica del nostro panorama artistico. Un’attrice semplicemente bella e brava. Valentina, lei è una persona impegnata tanto nella vita che sulla scena. Cosa la spinge in questa direzione? "Devo dire che a spingermi sin da piccola sulla scena è stato qualcosa di misterioso. Ma la cosa essenziale è che la persona non può essere così divisa dall’attrice per essere coerenti. A mio giudizio devi valere allo stesso modo tanto in teatro quanto nella vita, fedele a quel rapporto etico ed intellettuale che è il tuo patrimonio personale e non può mancare in nessuno di quegli aspetti.
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Banci a teatro lavora anche a progetti che hanno come tematica centrale argomenti sociali 

Personalmente curo particolari progetti in cui le tematiche sociali si rivelano spesso centrali. Non a caso, proprio nel Festival che si è appena aperto è previsto uno spettacolo dedicato alle delicate questioni dell’immigrazione e della crisi climatica. Tuttavia più che farne una questione squisitamente politica cerco di concentrami con maggiore forza sull’individuo e le sue potenzialità evolutive, tentando una esplorazione di quella dimensione umana che purtroppo stiamo andando via via perdendo”. Qual è lo spettacolo che l'ha maggiormente coinvolta? "Certamente Medea, una rappresentazione che ogni volta mi coinvolge e sconvolge. Uno spettacolo che ho da subito sentito molto vicino e ha toccato le corde più profonde del mio essere. Con questa interpretazione ho voluto sottolineare, ribaltando un po’ la chiave di lettura più convenzionale, come questa donna sia simbolo dell’emarginazione e della estromissione da parte di un mondo che prima la accoglie e quando non la ritiene più necessaria la lascia a un terribile destino che la costringe ad andarsene abbandonando i suoi figli. Si tratta di una figura vittima della brama di potere tipica dell’indole maschile. Una serie di soprusi che la porteranno alla pazzia e all’omicidio. La mia stessa esistenza è stata turbata dalla prevaricazione di qualcuno che ha voluto escludermi abusando del suo potere. In fondo noi attori siamo ancora trattati, specialmente in Italia, alla stregua di ‘buffoni’ di cui godere fino a un certo punto per essere buttati via, ad arbitrio, quando il vento soffia da un’altra parte".
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Banci con Sonia Remorini, attrice romana

Lei è una donna affascinante. È una forma di consapevolezza funzionale ai personaggi che interpreta? "Io non mi sento affatto una persona affascinante, ma so che sulla scena posso diventarlo. Di questo sono consapevole, ma ciò non significa che mi piaccia posare o crogiolarmi in un cliché di femme fatale, che al contrario tendo a evitare e superare perché tutto sommato non mi si addice per stile. Preferisco che sia il mio ruolo, quel determinato personaggio che interpreto a parlare: Valentina invece deve sparire, non deve esistere. Ritengo di aggiungere in questo modo maggior forza alla mia presenza scenica". Che opinione ha di se stessa? "Credo di essere una persona a cui non difetta una grande forza di volontà anche se minata da troppe insicurezze: una che per raggiungere qualche traguardo ha dovuto lottare tanto. Confesso la prerogativa più singolare della mia natura è una buona dose di ‘bipolarità poetica’, cosa che tutto sommato per noi attori è una ricchezza, perché non sempre è semplice contenere tutto quello che abbiamo dentro. Quest’anno, ad esempio, ho interpretato cinque ruoli che ancora non mi hanno lasciato e sento addosso. Quindi riconosco i segni di una specie di schizofrenia che per fortuna nel tempo si impara piuttosto bene a governare. Ad ogni modo, per sintetizzare, e prescindendo dalle prerogative che rappresentano patrimonio genetico di ognuno, posso affermare consapevolmente di essere una persona perbene". Ha mai immaginato di poter nascere in un corpo maschile? Come avrebbe gestito questa ipotetica diversità? "Certo che ci ho pensato. In particolare in un assolo tratto da 'I Giganti della Montagna' di Pirandello mi diverto a entrare e uscire da un corpo femminile a quello maschile e viceversa. Quindi è un argomento su cui lavoro molto nella mia professione ma anche con la fantasia, tanto da avere immaginato spesse volte di riuscire a cambiare corpo a piacimento: sarebbe bellissimo!".
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L'attrice pratese si definisce, nella vita, "una persona perbene"

A riguardo, qual è il suo pensiero sulla comunità Lgbt? "Sono assolutamente per la libertà totale di espressione in ogni campo. Diciamo che non condivido certe ‘cavalcate’ politiche tese alla strumentalizzazione di certe tematiche, che sono complesse e perciò non possono essere liquidate con slogan facili e luoghi comuni di bassa lega. Bisogna essere cauti nei giudizi, in ogni caso. E soprattutto occorre battersi quando è necessario in nome delle libertà negate, qualunque sia il loro nome". Lo spettacolo della sofferenza non è affatto teatrale ma appartiene purtroppo al mondo, specialmente al nostro. Tante, troppe persone lasciano la loro terra e soffrono. Molte di loro perdono la vita... Poi c'è la violenza dei nostri tempi. Contro le donne, i bambini e gli anziani, perfino contro gli animali. Che futuro immagina? "Sono molto preoccupata e per quello che, in quest’epoca folle, passa ogni giorno sotto i nostri occhi non riesco ad essere ottimista. Certamente di ere violente ce ne sono state nel passato, eccome! La storia ce lo insegna. Però è sconcertante vedere come tutto ormai oggi sia fuori controllo e quanto i valori tradizionali siano stati totalmente stravolti. L’accelerazione impressa dalle moderne tecnologie, l’abuso della rete e il fatto che tanti giovani abbiano smarrito il senso etico, è sconvolgente. Sembra di vivere in un videogame e invece per leggerezze inammissibili la gente muore davvero. La mia brutta sensazione è che, di questi tempi, la vita abbia perso valore. Si uccide per niente. Siamo su una china molto pericolosa e impressionante". Si è mai dovuta difendere? "Senza dubbio, mi è capitato diverse volte. Specialmente da più giovane quando ero meno attrezzata nell’annusare il pericolo e mettermi sulla difensiva. Devo dire che il nostro è un ambiente in cui queste cose succedono di continuo e io non sono stata certamente risparmiata. Ricevi avance pesanti, vieni offesa come donna e come professionista e tutto questo nella generale indifferenza. In più devi fare i conti con uno strisciante quanto immotivato senso di colpa. 'Sono stata io a spingerlo a tanto? Ho avuto un atteggiamento forse troppo incoraggiante?' E proprio questo stato d’animo, frutto di un retaggio culturale duro da scalfire, complica tutto. Nonostante non sia in fin dei conti successo niente di significativo, quel retrogusto amaro nei tuoi stessi confronti rimane. E questo di nuovo sottolinea il nauseante strapotere di certi registi e produttori. Proprio di recente mi è capitato di nuovo, con un produttore importante. Ma anche se adesso non sono affatto impreparata, come lo ero da ragazza, ci sono lo stesso rimasta malissimo. Stupore e delusione è quel che si prova nei confronti di persone che mai avresti immaginato capaci di azioni simili".
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Valentina Banci

Cos'è la cosa che la fa arrabbiare di più? “L’irriconoscenza e l’ingratitudine, vizi diffusi di quest’epoca . Sono cose che non sopporto affatto”. E quella che la rende più felice? "La natura, un fiore, un tramonto, gli animali …". Verso quale porto le piacerebbe fare vela e gettare l'ancora? "Fisicamente non ho dubbi: l’isola del Giglio che adoro. Allegoricamente parlando mi piacerebbe invece poter approdare a un sistema teatrale diverso perché adesso la situazione già pregiudicata da tempo sta ulteriormente degenerando. È un sistema malato, troppo stritolato da logiche mercantili per coniugarsi alla bellezza ideale del teatro, che proprio in nome della sua più nobile dimensione dovrebbe tornare indietro per ritrovare la giusta spinta di andare avanti. Non possiamo e non dobbiamo rassegnarci e come auspica Franco Battiato sarebbe finalmente l’ora di tornare ‘a quote più normali’. Allora, per dirla con Kavafis, si potrebbe finalmente guardare a quella fila di candele dorate pronte a splendere e dare speranza".