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Home » Sport » Carl Nassib è il primo giocatore di football americano a fare coming out. “Ora mi sento a mio agio a togliermi di dosso questo peso”

Carl Nassib è il primo giocatore di football americano a fare coming out. “Ora mi sento a mio agio a togliermi di dosso questo peso”

Ventottenne, originario della Pennsylvania, Nassib gioca nei Las Vegas Raiders come defensive end, cioè all’estremità della linea difensiva. Con la società ha un contratto da 25 milioni di dollari. Nel 2015 è stato premiato come All-American, difensore dell’anno della Big 12 Conference. Dopo le dichiarazioni sulla sua omosessualità ha ricevuto il pieno sostegno dal mondo Nfl: "Siamo orgogliosi di lui" ha dichiarato il commissioner della lega Roger Goodell

Iacopo Nathan
22 Giugno 2021
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Il primo sportivo di una grande lega americana a dichiarare la sua omosessualità fu Jason Collins, giocatore di basket professionista. Era il 29 aprile 2013, e sulle colonne della nota rivista “Sports Illustrated” decise di fare coming out mentre era in attività, sotto contratto con gli Washington Wizards. La sua storia fece inizialmente scalpore, ma dopo poco in molti si dimenticarono di lui. Perfino l’Nba stessa, che lo vide calcare il parquet solo altre 22 volte in due stagioni, salvo poi non trovare più spazio in nessuna franchigia.

Carl Nassib, 28 anni, gioca nei Las Vegas Raiders da sei stagioni

Forse la più grande lega di pallacanestro del mondo non era ancora pronta, all’epoca, a reggere l’impatto mediatico e sociale di una notizia del genere. Portando avanti le lancette del tempo, arriviamo al 21 giugno 2021. Da poche ore, infatti, Carl Paul Nassib, 28 anni, ha fatto coming out sui suoi social. Il ragazzo, in questo caso, gioca a football americano, nella Nfl, per i Las Vegas Riders. Non poteva che essere la lega che ha fatto partire il gesto di inginocchiarsi prima degli incontri, in forma di protesta contro qualsiasi tipo di discriminazione o sopruso, ad accogliere, nel modo più corretto, il primo giocatore dichiaratamente omosessuale in attività. Perché da quando Colin Kaepernik per primo si chinò durante l’inno americano, e dal 2016 non ha più firmato un contratto, è passata tanta acqua sotto i ponti, e la storia di Carl ha ricevuto un’attenzione mediatica completamente diversa.

“Volevo solo rubarvi un attimo di attenzione per dire che sono gay — ha detto Nassib in un video sul suo profilo Instagram —. Avevo intenzione di farlo da un po’ di tempo, ma finalmente ma finalmente mi sento a mio agio a togliermi di dosso questo peso. Ho davvero la vita migliore, la famiglia, gli amici e il lavoro migliori che un ragazzo possa chiedere”. Una rivelazione che dev’essergli costata un grande sforzo, non solo perché nello sport l’omosessualità è ancora un tabù, ma anche perché lui stesso ammette di avere molto a cuore la propria privacy. “Sono una persona piuttosto riservata, quindi spero che sappiate che non lo sto facendo per attirare l’attenzione — ha ammesso —. Penso solo che la rappresentazione e la visibilità siano davvero importanti. In realtà spero che un giorno video come questo e l’intero processo di coming out non siano necessari, ma fino ad allora farò del mio meglio per coltivare una cultura che sia inclusiva“.

 

Visualizza questo post su Instagram

 

Un post condiviso da Carl Nassib (@carlnassib)


Nessun video impostato, nessuna costruzione, solo un ragazzo di 28 anni che ha voluto dire a tutti una cosa normale a modo suo, con schiettezza. Il periodo è sicuramente azzeccato per fare una mossa mediatica di questo tipo, visto che giugno è il mese del Pride. A testimonianza dell’impegno che Nassib ha deciso di mettere nella sua battaglia, il giocatore dei Riders ha anche donato 100mila dollari all’associazione “Trevor Project”, che si occupa di prevenzione al suicidio per i ragazzi delle comunità LGBTQIA+ vittime di discriminazione.

Tantissimi gli attestati di stima e vicinanza ricevuti da Carl Nassib nelle ultime ore. Sintomo di un sentire comune che unisce tutto il mondo dello sport, in modo trasversale, alla sua battaglia per i diritti delle persone omosessuali e transgender. L’intero settore del football americano, naturalmente, ha voluto manifestare il proprio sostegno alla scelta del giocatore dei Riders, così come molte star di basket, hockey e baseball. Ma il suo rimane un gesto isolato, visto che in questo momento il ragazzo è l’unico giocatore omosessuale dichiarato nelle grandi leghe sportive americane maschili. Per questo non resta che augurarci che la sua storia non diventi simile a quella di Jason Collins, ma che davvero possa essere l’apripista che tanto serve in questo momento al mondo dello sport professionistico.

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Instagram

  • Numerosi attori e musicisti di alto profilo si sono recati in Ucraina da quando è scoppiata la guerra con la Russia nel febbraio 2022. L’ultimo in ordine di tempo è stato l’attore britannico Orlando Bloom, che ieri ha visitato un centro per bambini e ha incontrato il presidente ucraino Volodymyr Zelensky a Kiev.

“Non mi sarei mai aspettato che la guerra si sarebbe intensificata in tutto il Paese da quando sono stato lì”, ha detto Bloom su Instagram, “Ma oggi ho avuto la fortuna di ascoltare le risate dei bambini in un centro del programma Spilno sostenuto dall’Unicef, uno spazio sicuro, caldo e accogliente dove i bambini possono giocare, imparare e ricevere supporto psicosociale”.

Bloom è un ambasciatore di buona volontà per l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’infanzia (Unicef). Il centro di Splino, che è uno dei tanti in Ucraina, offre sostegno ai bambini sfollati e alle loro famiglie, con più di mezzo milione di bambini che ne hanno visitato uno nell’ultimo anno.

La star hollywoodiana ha poi incontrato il presidente Zelensky, con cui ha trattato temi tra cui il ritorno dei bambini ucraini deportati in Russia, la creazione di rifugi antiatomici negli istituti scolastici e il supporto tecnico per l’apprendimento a distanza nelle aree in cui è impossibile studiare offline a causa della guerra. L’attore britannico aveva scritto ieri su Instagram, al suo arrivo a Kiev, che i «bambini in Ucraina hanno bisogno di riavere la loro infanzia».

#lucelanazione #lucenews #zelensky #orlandobloom
  • “La vita che stavo conducendo mi rendeva particolarmente infelice e se all’inizio ero entrata in terapia perché volevo accettare il fatto che mi dovessi nascondere, ho avuto poi un’evoluzione e questo percorso è diventato di accettazione di me stessa."

✨Un sorriso contagioso, la spensieratezza dei vent’anni e la bellezza di chi si piace e non può che riflettere quella luce anche al di fuori. La si potrebbe definire una Mulan nostrana Carlotta Bertotti, 23 anni, una ragazza torinese come tante, salvo che ha qualcosa di speciale. E non stiamo parlano del Nevo di Ota che occupa metà del suo volto. Ecco però spiegato un primo punto di contatto con Mulan: l’Oriente, dove è più diffusa (insieme all’Africa) quell’alterazione di natura benigna della pigmentazione della cute intorno alla zona degli occhi (spesso anche la sclera si presenta scura). Quella che appare come una chiazza grigio-bluastra su un lato del volto (rarissimi i casi bilaterali), colpisce prevalentemente persone di sesso femminile e le etnie asiatiche (1 su 200 persone in Giappone), può essere presente alla nascita o apparire durante la pubertà. E come la principessa Disney “fin da piccola ho sempre sentito la pressione di dover salvare tutto, ma forse in realtà dovevo solo salvare me stessa. Però non mi piace stare troppo alle regole, sono ribelle come lei”.

🗣Cosa diresti a una ragazza che ha una macchia come la tua e ti chiede come riuscire a conviverci?�
“Che sono profondamente fiera della persona che vedo riflessa allo specchio tutto i giorni e sono arrivata a questa fierezza dopo che ho scoperto e ho accettato tutti i miei lati, sia positivi che negativi. È molto autoreferenziale, quindi invece se dovessi dare un consiglio è quello che alla fine della fiera il giudizio altrui è momentaneo e tutto passa. L’unica persona che resta e con cui devi convivere tutta la vita sei tu, quindi le vere battaglie sono quelle con te stessa, quelle che vale la pena combattere”.

L’intervista a cura di Marianna Grazi �✍ 𝘓𝘪𝘯𝘬 𝘪𝘯 𝘣𝘪𝘰

#lucenews #lucelanazione #carlottabertotti #nevodiota
  • La salute mentale al centro del podcast di Alessia Lanza. Come si supera l’ansia sociale? Quanto è difficile fare coming out? Vado dallo psicologo? Come trovo la mia strada? La popolare influencer, una delle creator più note e amate del web con 1,4 milioni di followers su Instagram e 3,9 milioni su TikTok, Alessia Lanza debutta con “Mille Pare”, il suo primo podcast in cui affronta, in dieci puntate, una “para” diversa e cerca di esorcizzare le sue fragilità e, di riflesso, quelle dei suoi coetanei.

“Ho deciso di fare questo podcast per svariati motivi: io sono arrivata fin qui anche grazie alla mia immagine, ma questa volta vorrei che le persone mi ascoltassero e basta. Quando ho cominciato a raccontare le mie fragilità un sacco di persone mi hanno detto ‘Anche io ho quella para lì!’. Perciò dico parliamone, perché in un mondo in cui sembra che dobbiamo farcela da soli, io credo nel potere della condivisione”.

#lucenews #lucelanazione #millepare #alessialanza #podcast
  • Si è laureata in Antropologia, Religioni e Civiltà Orientali indossando un abito tradizionale Crow, tribù della sua famiglia adottiva in Montana. Eppure Raffaella Milandri è italianissima e ha conseguito il titolo nella storica università Alma Mater di Bologna, lo scorso 17 marzo. 

La scrittrice e giornalista nel 2010 è diventata membro adottivo della famiglia di nativi americani Black Eagle. Da quel momento quella che era una semplice passione per i popoli indigeni si è focalizzata sullo studio degli aborigeni Usa e sulla divulgazione della loro cultura.

Un titolo di studio specifico, quello conseguito dalla Milandri, “Che ho ritenuto oltremodo necessario per coronare la mia attività di studiosa e attivista per i diritti dei Nativi Americani e per i Popoli Indigeni. La prima forma pacifica di attivismo è divulgare la cultura nativa”. L’abito indossato durante cerimonia di laurea appartiene alla tribù della sua famiglia adottiva. Usanza che è stata istituzionalizzata solo dal 2017 in Montana, Stato d’origine del suo popolo, quando è stata approvata una legge (la SB 319) che permette ai nativi e loro familiari di laurearsi con il “tribal regalia“. 

In virtù di questa norma, il Segretario della Crow Nation, Levi Black Eagle, a maggio 2022 ha ricordato la possibilità di indossare l’abito tradizionale Crow in queste occasioni e così Milandri ha chiesto alla famiglia d’adozione se anche lei, in quanto membro acquisito della tribù, avrebbe potuto indossarlo in occasione della sua discussione.

La scrittrice, ricordando il momento della laurea a Bologna, racconta che è stata “Una grandissima emozione e un onore poter rappresentare la Crow Nation e la mia famiglia adottiva. Ho dedicato la mia laurea in primis alle vittime dei collegi indiani, istituti scolastici, perlopiù a gestione cattolica, di stampo assimilazionista. Le stesse vittime per le quali Papa Francesco, lo scorso luglio, si è recato in Canada in viaggio penitenziale a chiedere scusa  Ho molto approfondito questo tema controverso e presto sarà pubblicato un mio studio sull’argomento dalla Mauna Kea Edizioni”.

#lucenews #raffaellamilandri #antropologia
Il primo sportivo di una grande lega americana a dichiarare la sua omosessualità fu Jason Collins, giocatore di basket professionista. Era il 29 aprile 2013, e sulle colonne della nota rivista "Sports Illustrated" decise di fare coming out mentre era in attività, sotto contratto con gli Washington Wizards. La sua storia fece inizialmente scalpore, ma dopo poco in molti si dimenticarono di lui. Perfino l’Nba stessa, che lo vide calcare il parquet solo altre 22 volte in due stagioni, salvo poi non trovare più spazio in nessuna franchigia.
Carl Nassib, 28 anni, gioca nei Las Vegas Raiders da sei stagioni
Forse la più grande lega di pallacanestro del mondo non era ancora pronta, all’epoca, a reggere l’impatto mediatico e sociale di una notizia del genere. Portando avanti le lancette del tempo, arriviamo al 21 giugno 2021. Da poche ore, infatti, Carl Paul Nassib, 28 anni, ha fatto coming out sui suoi social. Il ragazzo, in questo caso, gioca a football americano, nella Nfl, per i Las Vegas Riders. Non poteva che essere la lega che ha fatto partire il gesto di inginocchiarsi prima degli incontri, in forma di protesta contro qualsiasi tipo di discriminazione o sopruso, ad accogliere, nel modo più corretto, il primo giocatore dichiaratamente omosessuale in attività. Perché da quando Colin Kaepernik per primo si chinò durante l’inno americano, e dal 2016 non ha più firmato un contratto, è passata tanta acqua sotto i ponti, e la storia di Carl ha ricevuto un’attenzione mediatica completamente diversa. "Volevo solo rubarvi un attimo di attenzione per dire che sono gay — ha detto Nassib in un video sul suo profilo Instagram —. Avevo intenzione di farlo da un po' di tempo, ma finalmente ma finalmente mi sento a mio agio a togliermi di dosso questo peso. Ho davvero la vita migliore, la famiglia, gli amici e il lavoro migliori che un ragazzo possa chiedere". Una rivelazione che dev'essergli costata un grande sforzo, non solo perché nello sport l'omosessualità è ancora un tabù, ma anche perché lui stesso ammette di avere molto a cuore la propria privacy. "Sono una persona piuttosto riservata, quindi spero che sappiate che non lo sto facendo per attirare l’attenzione — ha ammesso —. Penso solo che la rappresentazione e la visibilità siano davvero importanti. In realtà spero che un giorno video come questo e l’intero processo di coming out non siano necessari, ma fino ad allora farò del mio meglio per coltivare una cultura che sia inclusiva".
 
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Un post condiviso da Carl Nassib (@carlnassib)

Nessun video impostato, nessuna costruzione, solo un ragazzo di 28 anni che ha voluto dire a tutti una cosa normale a modo suo, con schiettezza. Il periodo è sicuramente azzeccato per fare una mossa mediatica di questo tipo, visto che giugno è il mese del Pride. A testimonianza dell’impegno che Nassib ha deciso di mettere nella sua battaglia, il giocatore dei Riders ha anche donato 100mila dollari all'associazione "Trevor Project", che si occupa di prevenzione al suicidio per i ragazzi delle comunità LGBTQIA+ vittime di discriminazione. Tantissimi gli attestati di stima e vicinanza ricevuti da Carl Nassib nelle ultime ore. Sintomo di un sentire comune che unisce tutto il mondo dello sport, in modo trasversale, alla sua battaglia per i diritti delle persone omosessuali e transgender. L'intero settore del football americano, naturalmente, ha voluto manifestare il proprio sostegno alla scelta del giocatore dei Riders, così come molte star di basket, hockey e baseball. Ma il suo rimane un gesto isolato, visto che in questo momento il ragazzo è l’unico giocatore omosessuale dichiarato nelle grandi leghe sportive americane maschili. Per questo non resta che augurarci che la sua storia non diventi simile a quella di Jason Collins, ma che davvero possa essere l’apripista che tanto serve in questo momento al mondo dello sport professionistico.
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