Addio a Paola Pigni, la donna cha aprì a tutte le donne l'atletica per maratona e lunghe distanze

di PIERO CECCATELLI
12 giugno 2021
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Le donne che oggi corrono per salute, per sport per moda devono tanto a quello scricciolo di donna con i capelli a maschietto  che fece sentire orgogliosa una generazione di ragazzini e forse anche di ragazzine (all'epoca la differenza c'era, eccome) durante le Olimpiadi di Monaco 1972. Lei, Paola Pigni, l'italiana che sembrava un uccellino, salì sul podio del 1500 metri. Orgoglio non solo per patriottismo: lei sembrava ed era una donna normale, le atlete dell'est che la precedettero al traguardo no. E Paola non mancò di protestare: "Doping di Stato". Poche medaglie vinceva l'Italia, in quegli anni olimpici. Che una venisse da lei fu una botta d'orgoglio e negli scambi la figurina Panini di lei che indossava il tony con la scritta ITA LIA prese ad esser ceduta solo con l'introvabile nuotatore John Kinsella.  

"Distanze troppo lunghe per le ragazze"

Ma Paola Pigni non fu importante solo per i risultati sportivi,  a partire dal record del mondo dei 1500 realizzato nel 1969  all'arena di Milano, di fronte alla quale era nata e cresciuta ascoltando gli altoparlanti che annunciavano i risultati delle gare. E' stata importante perché nell'Italia dove era ancora  forte la eco della famiglia come valore e della donna a quella destinata, la Paoletta che correva  in pista nelle gare e in allenamento ovunque le capitasse   agevolò uno scatto sociale. Meno declamato, ma altrettanto efficace di quelli che negli stessi anni si realizzavano con la legge sulla tutela delle lavoratrici madri (1971), sul divorzio del 1970 e relativo referendum abrogativo che non abrogò un bel niente (1974), del nuovo stato famiglia (1975). Paola Pigni che correva      costrinse l'atletica leggera italiana ad ammettere le distanze lunghe fino ad allora ritenute sforzo eccessivo per il fisico fermminile,  soglia invalicabile  e tributo muscolare che avrebbe compromesso l'aspetto e con esso il destino segnato per le ragazze: essere attraenti, trovare marito, fare figli.  

Conciliò lo sport con la famiglia

A smentire lo schema, Paola Pigni incontrò l'amore della vita proprio facendo atletica e sposando Bruno Cacchi,  scienziato dell'allenamento. E a smentire l'inconciliabilità presunta con la maternità rieccola in pista tre settimane dopo la nascita di Chiara, un anno prima delle Olimpiadi. Ma sopratutto, ci fu quel suo correre la Maratona di San Silvestro terminata in poco più di tre ore, in tempi in cui a Boston - come ricorda Valerio Piccioni su gazzetta.it - venne aggredita Katrin Switzer che pur di correre la maratona si era iscritta solo con l'iniziale del nome di battesimo, Corsi e ricorsi tra corse e ri-corse: alle olimpiadi i civilissimi Greci antichi non ammettevano le donne, fino a decretare la morte (poi risparmiata) per l'unica che penetrò nello stadio, per seguire il figlio di cui era stata allenatrice . Paola Pigni, la rivoluzionaria gentile aprì la strada (e la pista) a tante donne,  non solo mezzofondiste e maratonete.  

Il ricordo di Simeoni e Calligaris

Oggi Sara Simeoni la ricorda come "un esempio". "Un'apripista che ha mostrato in anni difficili che noi azzurre  potevamo tenere testa al mondo" è il pensiero di Novella Calligaris che in quegli anni (settembre 1973) alla piscina Tasmajdan di Belgrado, a proposito di distanze lunghe e fatiche inarrivabili per le ragazze, vincerà gli 800 stile libero agli europei di nuoto. Paola Pigni è morta per un malore improvviso venerdì scorso 11 giugno a CastelPorziano, nella tenuta del Presidente della Repubblica, dove era stata invitata alla Festa dell'educazione alimentare nelle scuole, presente lo stesso Mattarella. Aveva 75 anni. Anche suo padre, tenore (la madre, spagnola, era soprano), morì per un'improvvisa crisi cardiaca. Per questo Claudio Cacchi, il figlio anatomopatologo che lavora in Germania, ha chiesto l'autopsia:   in caso di riscontrata familiarità genetica  sia lui che la sorella dovrebbero sottoporsi a controlli per la prevenzione.