Rugby oltre le sbarre: i valori della "palla ovale" per il reinserimento in società dei detenuti

di FRANCESCO LOMMI -
4 gennaio 2022
rugby (1)

rugby (1)

Il rugby è uno tra gli sport più antichi della storia. Come spesso accade, vedi per esempio la boxe, queste discipline, apparentemente dominate dalla forza bruta e dall’aggressività, vengono definite “nobili”: per quanto sul rettangolo di gioco, come sul ring, volino colpi pesanti, la correttezza, la lealtà e la sportività rimangono valori imprescindibili. A differenza di quanto accade in molti altri sport, magari anche per natura meno di “contrasto”. Ecco dunque che il progetto “Rugby oltre le sbarre", un’iniziativa che interessa tre istituti penali milanesi, quello Minorile Beccaria di Milano, la Casa di Reclusione di Milano e la Casa Circondariale di Milano San Vittore, assume un significato chiaro. Sotto l’esperto occhio del Rugby Milano, i detenuti mettono alla prova la gestione dell'aggressività e della rabbia su un sistema di regole tecniche, ma soprattutto etiche. Condivisione, appartenenza e sostegno sono le parole chiave dell'iniziativa che si integrano con due dei pilastri di SpecialMente, il programma di responsabilità sociale d'impresa del Gruppo Bmw in Italia, cioè l'inclusione sociale e l'intercultura. L'obiettivo è quello di creare all'interno delle carceri una cultura dell'accoglienza e del sostegno, supportando - con il gioco di squadra del rugby - sia la fase di detenzione, sia quella del reinserimento in società. In particolare Freedom Rugby, all'interno dell'Istituto di pena Minorile Beccaria di Milano, è stato il progetto apripista di “Rugby oltre le sbarre” che ha coinvolto i ragazzi dai 15 ai 22 anni in attività come giornate dello sport, camp multisport settimanali all'interno del penitenziario, la produzione di un documentario, visite al Centro Sportivo Curioni durante le partite della Prima Squadra e partite in esterna presso lo stesso centro. Con il Rugby Bol al Carcere di Bollate sono invece stati coinvolti centinaia di detenuti dai 18 ai 50 anni. Il nome della squadra - Barbari di Bollate - è stato scelto dai detenuti stessi, per mettere in risalto due concetti apparentemente antitetici come la diversità e l'inclusione. Il gruppo, infatti, è eterogeneo sotto diversi punti di vista: anagrafico, di provenienza, culturale e penale. Le attività comportano un pieno contatto fisico durante allenamenti e partite, una vera rarità all'interno del carcere. Si chiama invece Ronin la squadra del Carcere di San Vittore che fa capo al reparto La Nave, una sezione dedicata alla cura di detenuti-pazienti che presentano dipendenze da sostanze stupefacenti e alcoliche. I detenuti che manifestano sufficienti motivazioni hanno la possibilità di intraprendere un percorso guidato di cura e responsabilizzazione, fin dall'inizio della custodia. Perché nella vita, come nello sport, non è mai troppo tardi per recuperare.