“What You See is What You See” (lett. quello che vedi è quello che vedi) una frase manifesto, quella di di Frank Stella, per il grande ritorno di Ai Weiwei a New York. Il titolo, come nelle intenzioni del suo autore e di chi l’ha preso in prestito, invita a riconsiderare il modo in cui interpretiamo le forme storiche e contemporanee.
L’artista, designer, attivista e regista cinese torna nella Grande Mela, nella città dove tra il 1981 e il 1993 – 12 anni cruciali nella sua carriera – prese forma la sua visione dell'arte come strumento di resistenza e empowerment. La mostra al Faurschou, il museo privato danese che nel 2019 ha aperto un avamposto a Brooklyn, è stata inaugurata il 24 ottobre e sarà aperta fino al 23 febbraio 2025. “Non sappiamo cosa ci riserva il futuro. Sulla base delle nostre esperienze attuali, indipendentemente dal fatto che sembrino profetiche o sagge, è molto difficile determinare come rispondere alle realtà di oggi o anticipare gli eventi di domani. Pertanto, il mio consiglio più sincero è di non credere troppo fermamente in nulla”, dichiara il designer.
Opere d’arte in mattoncini Lego
Una mostra in cui gran parte delle opere sono “appropriazioni” di capolavori della storia dell'arte realizzate con i mattoncini Lego. Non può mancare anche un “Frank Stella”: riprende le geometrie di Harran II (esposto al Guggenheim) dell’artista newyorchese morto lo scorso maggio, ma Weiwei inserisce nello schema i colori della bandiera palestinese. La rassegna, 12 opere su larga scala (nessuna in vendita), è la prima di Ai a New York in otto anni e nelle creazioni sono affrontati temi come la libertà di espressione, i conflitti geopolitici del nostro tempo e l'iconoclastia occidentale.
Ma perché le costruzioni per raccontare il presente e le sue storture? Ai ha iniziato a usare i mattoncini nel 2014 per la sua mostra Trace, alla prigione di Alcatraz a San Francisco. Da allora, i mattoncini sono diventati uno dei mezzi preferiti dall'artista, con progetti recenti realizzati sia con i Lego che con il loro equivalente cinese, Woma. Durante il periodo trascorso a New York negli anni Ottanta, Ai è stato influenzato dal lavoro di Marcel Duchamp e Andy Warhol: i “readymade” del primo e l'uso seriale e industriale delle immagini del secondo hanno lasciato un'impressione duratura su di lui.
Queste influenze sono evidenti nelle sue nuove opere, giocose e allo stesso tempo ricche di spunti critici. Realizzate a mano con migliaia di mattoncini Lego, l'estetica pixelata delle opere solleva domande sul rapporto tra artigianato e tecnologia, sottolineando l’accessibilità e la replicabilità delle immagini culturali nell'era digitale.
Simboli che cambiano l’immaginario comune
L’esposizione si apre con The End, che raffigura il titolo di coda del film di Charlie Chaplin Il grande dittatore (1940). L'opera suggerisce un cambiamento di paradigma, incoraggiando gli spettatori a riflettere sulle complessità del paesaggio globale odierno, mentre attraversano la mostra. Ai incorpora nell'immaginario storico simboli personali e politici, mutando il contesto e creando nuovi significati. Ad esempio, nella sua versione dell'Ultima Cena di Leonardo da Vinci sostituisce Giuda con il proprio ritratto, mentre ne La Venere dormiente di Giorgione (1510) compare un attaccapanni associato all'artista.
Ancora aggiunge un cucciolo di panda, simbolo della diplomazia cinese, a Il ratto delle figlie di Leucippo di Peter Paul Rubens, mentre lo stadio Nido d'Uccello di Pechino appare sullo sfondo dell'opera Washington Crossing the Delaware di Emanuel Leutze. Inserendo un buco nero e quadrato, che ricorda l'ingresso della grotta in cui è cresciuto, nelle Ninfee di Claude Monet (1914-1926), l'artista riflette sulla sua infanzia in esilio e sugli 81 giorni trascorsi in detenzione senza accuse ufficiali.
I conflitti geopolitici
Quattro opere in mattoncini affrontano il tema dei conflitti geopolitici più significativi dei nostri tempi secondo l’attivista cinese: il corpo senza vita del rifugiato siriano di tre anni Alan Kurdi (2 settembre 2015), l'ultimo soldato americano che lascia l'Afghanistan (30 agosto 2021), le esplosioni del gasdotto Nord Stream (settembre 2022) e un poster del whistleblower Julian Assange. In After The Death of Marat (Dopo la morte di Marat), Ai si è addirittura sostituito ad Alan Kurdi e ha accostato la tragica morte del bambino all'immagine iconica del dipinto di Jacques-Louis David. In questo modo vuole richiamare l'attenzione sul tributo umano dei conflitti internazionali e sulla necessità immediata di empatia e azione di fronte alle crisi umanitarie.
La mostra di Ai Weiwei What You See Is What You See al Faurschou di New York è una testimonianza della dedizione dell'artista a sfidare l'autorità e ad affrontare questioni sociali e politiche nelle sue opere ed è un potente promemoria del ruolo che l'arte svolge nel promuovere la riflessione e il pensiero critico, spingendoci a mettere in discussione le forze che plasmano il nostro mondo e il nostro ruolo all'interno di esse.