
Monta la proteste per la distruzione dlela foresta di Akbelen in Turchia, causata dall’allargamento di una miniera di carbone
Monta la protesta per la distruzione della foresta di Akbelen in Turchia, causata dall’allargamento di una miniera di carbone. il nuovo cortocircuito tra sviluppo, ambiente, popolazioni, salute, tradizioni, futuro vive in questo fazzoletto di terra nella regione di di Muğla, dove da settimane gli abitanti della valle stanno protestando per difendere 780 acri di bosco dove la società turca YK Energy sta cercando di espandere la sua miniera di carbone. In un’area, per altro, che, da oltre 40 anni, deve coesistere con tre centrali elettriche – Yatağan, Kemerköy, Yeniköy – e dove, secondo un rapporto dell’ONG Climate Action Network Europe, negli ultimi 35 anni sono stati abbattuti 8 villaggi per costruire miniere di carbone destinate a rifornire le centrali.
L’impresa da parte sua ha risposto alle accuse che le vengono mosse con un comunicato stampa in cui dichiara: “Dal 1987 lavoriamo per valorizzare al massimo le risorse locali, che possono aiutare la Turchia a soddisfare la domanda di energia e contribuire all’economia e al benessere. Le nostre attività estrattive rispondono a standard internazionali e si inseriscono nella cornice della visione di sostenibilità dell’azienda”. Nonostante l’uso della forza e la sordità della politica, gli abitanti di İkizköy non intendono arrendersi all’espansione della miniera alle spese del bosco di Akbelen e del loro stesso villaggio. Se la deforestazione continuerà, presto la foresta di Akbelen sarà infatti completamente distrutta: uno scenario che gli abitanti del luogo, spalleggiati da attivisti delle associazioni ecologiste, vogliono evitare ad ogni costo, perché non intendono rinunciare ai loro campi e alle loro terre, con gli alberi che li hanno sempre nutriti. Così, mentre all’indomani della manifestazione del 6 agosto scorso, il presidente Recep Tayyip Erdoğan ha definito coloro che si oppongono: “marginali” un pugno di persone a cui non dare importanza, la petizione online in inglese, lanciata dagli attivisti due anni fa, quando è cominciato il presidio permanente per salvare gli alberi di Akbelen, ha già superato le 160.000 firme.
Miniere a cielo aperto che si estendono su una superficie pari a 7.800 campi di calcio
Per mantenere in funzione gli ultimi due impianti, YK Energy ritiene infatti indispensabile che le riserve di lignite (ovvero carbone bruno) sotto la foresta di Akbelen siano estratte. Dato che le centrali sono state costruite per funzionare con le proprietà chimiche delle riserve di carbone locali, l’azienda afferma che solo questo carbone può essere utilizzato altrimenti la produzione terminerà nel 2024. Una battaglia, quella di Akbelen, che solo apparentemente può apparire marginale. Il report del Climate Action Network Europe, infatti, ci ricorda che le tre centrali a carbone di Muğla hanno emesso 360 milioni di tonnellate di CO₂ tra il 1982 e il 2017. Se continueranno a operare fino al 2043 si stima che si aggiungeranno 328 milioni tonnellate. Senza contare la perdita della capacità di stoccaggio di carbonio, se tutte le foreste della zona verranno distrutte per lasciare posto alle miniere.
Una miniera di carbone realizzata nell'area di Akbelen - Favious/Shutterstock Una miniera di carbone realizzata nell'area di Akbelen
Il braccio di ferro
Lo scontro con le comunità locali si trascina da anni: nel luglio del 2021, incuranti di un procedimento in corso, gli operatori forestali che lavorano per conto di YK Energy sono infatti entrati in azione e hanno abbattuto 30 alberi. Da allora la popolazione locale veglia 24 ore su 24, 7 giorni su 7 a difesa dell’ecosistema.Ambiente: la mobilitazione
Nell’agosto 2021 il primo tribunale amministrativo di Muğla ha stabilito che non si sarebbero potute effettuare ulteriori operazioni di sgombero finché non si fosse pronunciato sulla causa. Tutto sembrava volgere al meglio, ma nel novembre 2022 una relazione di esperti nominati dal tribunale ha stabilito che la foresta era adatta all’attività estrattiva e quindi il blocco temporaneo del taglio degli alberi è stato revocato. Tuttavia, la YK Energy non si è mossa subito. Gli ambientalisti suggeriscono che la compagnia privata che gestisce la miniera, la Yeniköy Kemerköy Energy, di proprietà della Limak Holding, abbia infatti atteso la rielezione di Erdoğan, lo scorso maggio, per riprendere il progetto. In ogni caso, solamente tre settimane fa, il 24 luglio, sono iniziati i nuovi lavori di bonifica , dando vita a giorni di scontri feroci tra manifestanti e polizia, che ha persino dispiegato veicoli blindati e forze di sicurezza per impedire ai manifestanti di entrare nella foresta. L a Beyond Fossil Fuels sostiene che gli attivisti siano stati colpiti con “raffiche di manganelli e gas lacrimogeni” dalla gendarmeria turca armata di scudi antisommossa e cannoni ad acqua. Alcuni di questi sono anche stati ricoverati in ospedale ed altri 14 arrestati.
Lo scontro con le comunità locali si trascina da anni: nel luglio del 2021, incuranti di un procedimento in corso, gli operatori forestali che lavorano per conto di YK Energy sono infatti entrati in azione e hanno abbattuto 30 alberi

Mobilitazione popolare contro una gigantesca miniera di carbone che avanza allargandosi a scapito della foresta. Già abbattuti decine di migliaia di a di abeti e pini mentre polizia e governo usano il pugno duro