Belgio, eutanasia per la mamma che uccise i suoi 5 figli: "Sofferenza irreversibile"

È morta Geneviève Lhermitte, la 56enne nel 2007 aveva tolto la vita a coltellate alle sue creature, che all'epoca avevano dai 3 e i 15 anni. Concesso il suicidio assistito anche a Nathalie Huygens: "Nessuna terapia è riuscita ad alleviare il male provocatole dal suo stupro"

di LETIZIA CINI -
3 marzo 2023
Genevieve Lhermitte

Genevieve Lhermitte

Di dolore si muore. Almeno, in Belgio è accaduto. Geneviève Lhermitte, 56 anni, nel 2007 aveva ucciso a coltellate i suoi cinque figli - che all’epoca avevano tra i 3 e i 15 anni - ed era successivamente stata condannata all’ergastolo. Nei giorni scorsi è morta all’ospedale Leonardo da Vinci di Montigny-le-Tilleul dopo aver chiesto e ottenuto l’eutanasia “per sofferenza psicologica irreversibile“.
Genevieve Lhermitte (nella foto ai tempi felici, con i suoi cinque figli ed il marito Bouchaib Moqadem)

Genevieve Lhermitte (nella foto ai tempi felici, con i suoi cinque figli ed il marito Bouchaib Moqadem)

In Belgio la pratica è legale dal 2002. Al momento della tragedia la donna, che aveva lasciato il lavoro da insegnante anni prima per dedicarsi completamente alla famiglia, soffriva di una forte depressione e da sei anni era in cura da uno psichiatra. Al termine della tragedia tentò senza successo di togliersi la vita, lasciando poco prima una lettera indirizzata a un’amica nella quale spiegava di trovarsi in una situazione “inestricabile“. Nel dicembre del 2008 il tribunale di Nivelles la condannò all’ergastolo ritenendola capace di intendere e di volere e colpevole di omicidio premeditato anche a seguito del rinvenimento di una lettera che la donna aveva scritto al suo psicologo il giorno prima degli omicidi nella quale rivelava i suoi piani per suicidarsi e portare con sé i figli. Una seconda analisi indicò che la donna non poteva essere ritenuta responsabile delle sue azioni, raccomandandone il ricovero in una clinica psichiatrica. Dopo la condanna all’ergastolo aveva beneficiato della libertà condizionale per essere sottoposta a cure psichiatriche. Il decesso, annunciato ieri sera, è avvenuto il 28 febbraio. Come fosse stata applicata una "condanna a morte" auto inflitta.

Sofferenza psicologica irreversibile

Nello stesso giorno in cui Geneviève Lhermitte sedici anni fa ha ucciso i suoi figli, l’ex marito ha ricordato in Marocco l’anniversario della morte delle loro cinque creature. Geneviève Lhermitte è morta in Belgio aiutata dall’eutanasia con ancora sulla coscienza il peso di averli uccisi a uno a uno a coltellate. La drammatica vicenda che nel 2007 sconvolse il piccolo centro di Nivelles e l’opinione pubblica dell’intero Paese è tornata in questi giorni al centro delle cronache dei quotidiani nazionali dopo che la donna, 56 anni, e condannata all’ergastolo, è spirata all’ospedale Leonardo da Vinci di Montigny-le-Tilleul dopo aver chiesto e ottenuto l’eutanasia, legale sull’intero territorio belga dal 2002, "per sofferenza psicologica irreversibile".

La tragedia

Al momento della tragedia la donna, che aveva lasciato il lavoro da insegnante anni prima per dedicarsi completamente alla famiglia, soffriva di una forte depressione e da sei anni era in cura da uno psichiatra. Nel pomeriggio del 28 febbraio 2007, mentre il marito era in viaggio all’estero, Lhermitte sgozzò le sue quattro figlie - Yasmine di 14 anni, Nora di 12, Miryam di 10 e Mina di 8 - e il suo unico figlio maschio, il piccolo Medhi di 3 anni, cercando poi senza successo di togliersi la vita. Poco prima aveva lasciato una lettera indirizzata a un’amica nella quale spiegava di trovarsi in una situazione "inestricabile".

La condanna

Nel dicembre del 2008, fu condannata all’ergastolo per omicidio premeditato, ritenuta capace di intendere e di volere anche a seguito del rinvenimento di una lettera che la donna aveva scritto al suo psicologo il giorno prima degli omicidi nella quale rivelava i suoi piani per suicidarsi e portare con sé i figli. Una seconda analisi indicò però che la donna non poteva essere ritenuta responsabile delle sue azioni, raccomandandone il ricovero in una clinica psichiatrica che avvenne dopo dieci anni di carcere sotto i benefici della libertà condizionale.

Il racconto della madre

Un aiuto che però, ha testimoniato alla testata belga Sudinfo la madre Marina, “non le ha restituito i suoi figli“. “Dopo aver sofferto per sedici anni in modo insopportabile, voleva unirsi a loro“, ha raccontato la donna, affiancata dal fratello André che con poche parole ha voluto “far capire alle persone“ che sua nipote “ha scontato la pena mille volte di più nella sua testa“.

Il precedente: Nathalie Huygens

Nathalie Huygens

Nathalie Huygens non riesce più a vivere dopo lo stupro. Chiede l’eutanasia, il Belgio la concede

L’eutanasia concessa a Geneviève Lhermitte è il secondo caso messo in risalto nel giro di pochi giorni nel Paese, dove un’altra donna, Nathalie Huygens, madre di due figli, ha ottenuto l’autorizzazione a mettere fine alla propria vita per le sofferenze psicologiche provocatele da uno stupro avvenuto nel 2016 che nessuna terapia è riuscita ad alleviare. La richiesta era stata approvata a gennaio da una commissione formata da due psichiatri e un medico che, prima del via libera, hanno visitato e monitorato la paziente a lungo. Anche il figlio ha sostenuto la scelta in una lettera aperta, raccontando di una situazione “in cui la mamma è ormai da anni ancora viva fisicamente, ma non più mentalmente“. Ora manca soltanto la data in cui la procedura avrà luogo. Una donna vittima due volte: "stroncata" nell'anima dalla furia del suo stupratore, presto "liberata" da una dose di medicinali che le verranno somministrati per placare definitivamente il suo dolore.