Brasile, donna trans discriminata per il bagno. La Corte costituzionale rinuncia al caso

Dopo nove anni di rinvii, la plenaria ha chiuso il caso decretando che il tema non è di rilevanza costituzionale: al centro, per la maggior parte dei giudici, c’era la richiesta di risarcimento e non la discriminazione

di MARCO PILI
7 giugno 2024
Questione bagni e identità di genere (foto di repertorio)

Questione bagni e identità di genere (foto di repertorio)

Florianópolis, stato di Santa Catarina. È nel profondo sud del Brasile che, sedici anni fa, si è verificato uno dei primi casi di discriminazione verso una donna transgender, tale da essere entrato a pieno nel dibattito pubblico. Come riportano CNN e BBC locali, secondo gli atti menzionati dalla Corte costituzionale nel corso della sentenza odierna, una guardia giurata avrebbe costretto una donna transgender ad allontanarsi dal bagno delle donne e, successivamente, dal supermercato, sostenendo che la sua presenza avrebbe causato imbarazzo.

In seguito a questo episodio di discriminazione la ragazza - della quale non si conosce l’identità - si è inizialmente rivolta alla Corte di Giustizia di Santa Caterina, la quale ha declassato il fatto ad “inconveniente”, negandole il risarcimento. Un caso che, nel 2015, è stato portato all’attenzione della Corte suprema da Luís Roberto Barroso, relatore che per primo enunciò il fatto al collegio affermando che, in Brasile, “le persone transgender sono una delle minoranze più emarginate e stigmatizzate nella società”.

La proposta, dunque, voleva rinnovare l’attenzione dei costituzionalisti su un fatto di cronaca ormai sopito, ma ancora in grado di contribuire al riconoscimento di maggiori diritti verso una delle comunità maggiormente discriminata nello stato Sudamericano. Ad una prima udienza è seguito il rinvio di otto anni per mano di Luiz Fux, giudice ed ex Presidente dell’organo. E’ seguito poi un ulteriore rinvio al 2024.

L’epilogo 

Dopo sedici anni dal fatto compiuto e nove dall’apertura dell’interrogazione a livello costituzionale, con otto voti a favore e tre contrari la Corte suprema ha deciso che il caso non è di rilevanza costituzionale. Una decisione che impedisce così di delineare se una persona transgender abbia o meno il diritto di usare il bagno in funzione della sua identità di genere e non in base al suo sesso biologico, dunque, senza esplicitare linee guida per tutte le istanze di giustizia che sono state o che verranno presentate in futuro in tal senso.

Una decisione peculiare se consideriamo i dati presentati da Luís Roberto Barroso, secondo il quale il Brasile è tristemente leader mondiale nella violenza contro la comunità Lgbt. La Corte, indipendentemente dalle motivazioni inerenti l’apertura della causa, ha affermato di aver preso questa decisione su una questione procedurale (ovvero sul diritto al risarcimento) senza entrare nel merito del caso, quindi sulla discriminazione.

L'edizione 2023 del Pride a San Paolo (ANSA)
L'edizione 2023 del Pride a San Paolo (ANSA)

L’avversione della comunità Lgbt alla giurisprudenza ordinaria

Nel mese di febbraio, la Commissione per i diritti umani del Senato ha approvato un progetto firmato dal senatore Magno Malta che modifica lo Statuto dell’infanzia e dell’adolescenza, vietando che nelle scuole pubbliche e private l’uso del bagno avvenga in funzione dell’identità di genere.

"La questione centrale è che la mancanza di controllo in questi luoghi può consentire agli aggressori di utilizzare questi spazi destinati al pubblico più indifeso", ha affermato Malta, membro del Partito Liberale brasiliano. Una dichiarazione analoga, nel 2022, aveva già suscitato la rabbia dell’Associazione brasiliana ABGLT, che aveva mappato 44 progetti di legge che si opponevano all’uso dei bagni da parte delle persone transgender, dieci dei quali erano già stati approvati.

“È surreale che dobbiamo lottare per usare il bagno”, ha aggiunto Gisele Alessandra Szmidt, prima avvocatessa transessuale brasiliana. “Stiamo parlando della violazione della dignità della persona. Stiamo parlando di un essere umano a cui è stato negato l’accesso a un bagno”.