Pippi e Luigi, che storia: la cagnolina cieca accudita dall’ultimo eroe del Vajont

L’husky è stata trovata abbandonata da un coppia in un canile in California. A prendersene cura a Casano è uno dei soccorritori del disastro del 1963

di MASSIMO MERLUZZI
17 gennaio 2025

Luni (La Spezia), 17 gennaio 2025 – E’ una storia nella storia quella tra due “amici“ che hanno una vita intensa da raccontare. L’ incontro casuale nella loro vita si è trasformato in un legame forte e singolare come soltanto la penna del destino può scrivere. Lei è Pippi, un bellissimo esemplare di husky completamente cieco che arriva da oltre oceano. Paola e Lorenzo durante un loro viaggio in America l’hanno trovata abbandonata in un canile della California e se ne sono innamorati. Hanno superato infinite difficoltà burocratiche, rigorose visite veterinarie e un trasporto aereo speciale prima di arrivare a Casano di Ortonovo dove la coppia risiede. Pippi si è perfettamente ambientata e nonostante la cecità condivide spazi e amicizie con persone e animali, grazie anche al supporto quotidiano di Olivo Luigi Raffaelli, il padre di Paola. E qui la storia si raddoppia. L’ottantenne, in formissima, originario di Genova, è infatti uno degli ultimi testimoni diretti del disastro del Vajont che si verificò la sera del 9 ottobre 1963 quando una frana precipitò dal monte Toc nelle acque del bacino alpino realizzato con l’omonima diga.

Olivo Luigi Raffaelli con la cagnolina Pippi (Foto Massimo Pasquali)
Olivo Luigi Raffaelli con la cagnolina Pippi (Foto Massimo Pasquali)

La conseguente tracimazione dell’acqua contenuta nell’invaso toccò Erto e Casso, paesi vicini alla riva del lago e provocò l’inondazione e completa distruzione degli abitati del fondovalle veneto, tra cui Longarone. Purtroppo anche la morte di quasi duemila persone, tra cui 487 bambini e adolescenti. “Ero un giovanissimo vigile del fuoco a Genova – ricorda – e partimmo per la missione senza avere un’idea precisa del disastro che ci aspettava. Quello che abbiamo trovato non è neppure immaginabile. Abbiamo lavorato per un mese insieme a colleghi di tutta Italia e anche dagli Stati Uniti per recuperare le salme travolte da acqua e fango. Alcuni vennero ritrovati addirittura nell’Adriatico”.

La tragedia del Vajont l’ha accompagnato per tutta la vita, troppo difficile dimenticare quelle immagini. Raffaelli è tornato su quei luoghi esattamente un anno fa nel sessantesimo anniversario di uno dei più gravi disastri del nostro Paese. “Anche se rispetto a quel tempo è tutto molto cambiato ho riconosciuto l’ambiente ed è stata una cerimonia estremamente emozionante. Molti dei soccorritori del tempo purtroppo non ci sono più ma è stato comunque commovente ricordare anche il loro impegno. In quei drammatici giorni abbiamo instaurato un legame fortissimo con le persone del posto che pur senza più nulla cercavano in ogni modo di mettersi a nostra disposizione per aiutarci, apprezzando il nostro impegno”.