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Home » Attualità » Caso Genovese, associazione DIESIS: “No alla strumentalizzazione dell’autismo per ridurre la pena”

Caso Genovese, associazione DIESIS: “No alla strumentalizzazione dell’autismo per ridurre la pena”

La onlus, impegnata nella formazione e nell'inserimento professionale delle persone con spettro autistico, critica la linea difensiva dei legali dell'imprenditore nel processo che lo vede imputato per lo stupro di due ragazze

Caterina Ceccuti
13 Agosto 2022
Alberto Genovese

Alberto Genovese

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“Non si può strumentalizzare l’autismo per ottenere una riduzione di pena”. È indignata l’Associazione DIESIS, che denuncia il comportamento dei legali di Alberto Genovese nelle ultime udienze del processo che lo vede imputato per violenza sessuale perpetrata su due giovani, che sarebbero state stordite con alcol e un mix di droghe. “Non possiamo tollerare che si utilizzi l’autismo come scusa per giustificare reati e azioni ignobili come uno stupro“, afferma Angelo Chiodi, presidente dell’Associazione DIESIS che, dal 2010, opera nella formazione per favorire l’inserimento nella vita sociale e lavorativa di persone autistiche. “L’impianto difensivo dei legali dell’imprenditore Alberto Genovese mira ad ottenere una riduzione di pena del loro assistito con la richiesta di semi-infermità mentale, sostenendo che l’abuso di droga e alcol, unito alla sindrome di Asperger, avrebbe ridotto la capacità di percepire il dissenso delle due ragazze vittime della violenza”. Le giovani in questione sono una 18enne – resa incosciente e stuprata il 10 ottobre 2021 a Milano, nell’attico di lusso del 44enne ex re delle startup- e una 23enne stordita e violentata a luglio del 2020 ad Ibiza.

La dottoressa Cristina Panisi, referente scientifica dell’Associazione DIESIS

“La linea difensiva di Genovese confonde il significato di autismo – puntualizza la dottoressa Cristina Panisi, referente scientifica dell’Associazione DIESIS -. La diagnosi di autismo non è da intendersi come etichetta di una patologia, in realtà, è una condizione neurobiologica che fa parte dello spettro autistico di livello 1, definito come autismo di grado lieve, per il quale le persone richiedono solo un supporto minimo per poter svolgere le attività della vita quotidiana, una condizione che persiste per la vita”. Sulle pagine di Luce!, quotidiano da sempre impegnato nella sensibilizzazione sul tema dell’equità sociale, abbiamo a più riprese sottolineato l’importanza della corretta definizione di autismo: si tratta di una condizione, non di una patologia. Abbiamo approfondito il tema con Federica Cantrigliani, psicologa e coordinatrice delle attività psico-educative dell’Associazione DIESIS.

In che modo temete che la linea difensiva di Genovese possa danneggiare la posizione delle persone con spettro autistico?
“Come associazione ci occupiamo di incrementare le autonomie personali, di valorizzare le potenzialità e sviluppare le competenze sociali, relazionali e lavorative di adolescenti e adulti autistici, anche grazie alla collaborazione di importanti partner, come la Fondazione Adecco per le pari opportunità che ci sostiene nei percorsi di tirocinio e inserimenti lavorativi. Generalizzare le azioni di una singola persona e attribuirle senza un’evidenza scientifica a una condizione come quella dell’autismo, ci sembra quanto meno pericoloso. Combattiamo da anni contro gli stereotipi che accompagnano le persone autistiche, da sempre percepite come disabili, savant o come estremamente geniali mentre, come ci piace ricordare, la maggior parte di loro sono persone normali che, semplicemente, funzionano in modo diverso. Il rischio è di mettere un ulteriore stigma sulle persone autistiche, limitando eventuali opportunità di crescita e lavorative e incrementando la paura che, spesso, circonda ciò che non si conosce”.

La difesa di Genovese dispone di una diagnosi conclamata? Vi sono basi scientifiche che dimostrino la scemata capacità di intendere e di volere da parte di persone con Sindrome di Asperger?
“Non sappiamo e non mettiamo in dubbio la diagnosi di Genovese come persona nello spettro autistico, ma teniamo a sottolineare che “una scemata capacità di intendere e di volere” non è caratteristica utile a diagnosticare la sindrome di Asperger, ma può dipendere da altri fattori esterni. In generale possiamo però dire che le condizioni di disagio psichico rappresentano un fattore di rischio per l’abuso di sostanze. Le persone autistiche possono presentare sintomi psichiatrici che possono portare a un utilizzo di alcol e sostanze superiore alla media ma, secondo gli studi non sono strettamente collegati all’autismo in sé (Helverschou, S.B., Brunvold, A.R., Arnevik, E.A. (2019). Treating Patients With Co-occurring Autism Spectrum Disorder and Substance Use Disorder: A Clinical Explorative Study. Substance Abuse: Research and Treatment, doi: 10.1177/1178221819843291)”.

Il fatto che i disturbi dello spettro autistico rappresentino una condizione, non uno stato patologico, potrebbe scardinare la tesi della difesa riguardo ad una presunta infermità mentale?
“Non avendo avuto contatti diretti con Genovese e non occupandoci noi di materia legale non possiamo dare un giudizio su cosa potrebbe o non potrebbe confermare una presunta infermità mentale. Certo è che se la diagnosi venisse confermata ci auguriamo che Genovese per prima cosa si assuma le sue responsabilità ma che abbia anche voglia di lavorare su se stesso per costruire un proprio equilibrio di vita e, perché no, provare a lavorare accanto a persone autistiche per confrontarsi anche lui con persone che potrebbero aiutarlo a comprendere e conoscere meglio il suo modo di essere. Le persone diagnosticate come “Asperger” sono inserite in una categoria diagnostica che richiede un supporto minimo, e per questo non vanno lasciate sole ma sostenute, per poter costruire una vita felice e ricca di significato. Soprattutto perché l’autismo è una condizione di vita, non una malattia da cui guarire, per questo è fondamentale una diagnosi precoce e un lavoro multidisciplinare che permetta di creare strategie funzionali per confrontarsi in un mondo che ancora è solo a misura di neurotipici”.

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#lucenews #qn #ariete #sanremo2023
  • Più luce, meno stelle. Un paradosso, se ci pensate. Più illuminiamo le nostre città, più lampioni, fari, led, laser puntiamo sulla terra, meno stelle e porzioni di cielo vediamo. 

Accade perché, quasi senza accorgercene, di anno in anno, cancelliamo dalla nostra vista qualche decina di quei 4.500 puntini luminosi che in condizioni ottimali dovremmo riuscire a vedere la notte, considerato che il cielo risulta popolato da circa 9.000 stelle, di cui ciascuno di noi può osservare solo la metà per volta, ovvero quelle del proprio emisfero. 

In realtà, già oggi, proprio per colpa dell’inquinamento luminoso, ne vediamo solo poche centinaia. E tutto lascia pensare che questa cifra si ridurrà ulteriormente, con un ritmo molto rapido. Al punto tale che, in pochi anni, la costellazione di Orione, potrebbe perdere la sua caratteristica ‘cintura’.

Secondo quanto risulta da uno studio pubblicato su “Science”, basato sulle osservazioni di oltre 50mila citizen scientist, solo tra il 2011 e il 2022, ogni anno il cielo in tutto il Pianeta è diventato in media il 9,6% più luminoso, con una forchetta di valori che non supera il 10% ma non scende mai sotto il 7%. Più di quanto percepito finora dai satelliti preposti a monitorare la quantità di luce nel cielo notturno. Secondo le misurazioni effettuate da questi ultimi infatti, tra 1992 e 2017 il cielo notturno è diventato più luminoso di meno dell’1,6% annuo.

“In un periodo di 18 anni, questo tasso di cambiamento aumenterebbe la luminosità del cielo di oltre un fattore 4”, scrivono i ricercatori del Deutsches GeoForschungs Zentrum di Potsdam, in Germania, e del National Optical-Infrared Astronomy Research Laboratory di Tucson, negli Stati Uniti. Una località con 250 stelle visibili, quindi, vedrebbe ridursi il numero a 100 stelle visibili. 

Il pericolo più che fondato, a questo punto, è che di questo passo inizieranno a scomparire dalla nostra vista anche le costellazioni più luminose, comprese quelle che tuti sono in grado di individuare con estrema facilità.

L
  • Per la prima volta nella storia del calcio, un arbitro ha estratto il cartellino bianco. No, non si tratta di un errore: se il giallo e il rosso fanno ormai parte di tantissimi anni delle regole del gioco ed evidenziano un comportamento scorretto, quello bianco vuole invece "premiare", in maniera simbolica, un gesto di fair play. Il tutto è avvenuto in Portogallo, durante un match di coppa nazionale tra il Benfica e lo Sporting Lisbona femminile.

Benfica-Sporting Lisbona femminile, quarti di finale della Coppa del Portogallo. I padroni di casa si trovano in vantaggio per 3-0 e vinceranno la sfida con un netto 5-0, ma un episodio interrompe il gioco: un tifoso sugli spalti accusa un malore, tanto che gli staff medici delle due squadre corrono verso le tribune per soccorrerlo. Dopo qualche minuto di paura, non solo per le giocatrici in campo ma anche per gli oltre quindicimila spettatori presenti allo stadio, il supporter viene stabilizzato e il gioco può riprendere. Prima, però, la direttrice di gara Catarina Campos effettua un gesto che è destinato a rimanere nella storia del calcio: estrae il cartellino bianco nei confronti dei medici delle due squadre.

Il cartellino bianco non influenza in alcun modo il match, né il risultato o il referto arbitrale; chissà che, da oggi in poi, gli arbitri non cominceranno ad agire più spesso, per esaltare un certo tipo di condotta eticamente corretta portata avanti anche dai calciatori.

#lucenews #cartellinobianco #calcio #fairplay
  • Son tutte belle le mamme del mondo. Soprattutto… quando un bambino si stringono al cuor… I versi di un vecchio brano ricordano lo scatto che sta facendo il giro del web. Quella di una madre che allatta il proprio piccino sul posto di lavoro. In questo caso la protagonista è una supermodella –  Maggie Maurer – che ha postato uno degli scatti più teneri e glamour di sempre. La super top si è fatta immortalare mentre nutre al seno la figlia Nora-Jones nel backstage dello show couture di Schiaparelli, tenutosi a Parigi.

La top model americana 32enne, che della maison è già musa, tanto da aver ispirato una clutch – non proprio una pochette ma una borsa che si indossa a mano che riproduce il suo volto –  nell’iconico scatto ha ancora il viso coperto dal make-up dorato realizzato dalla truccatrice-star Path McGrath, ed è coperta solo sulle spalle da un asciugamano e un telo protettivo trasparente. 

L’immagine è forte, intensa, accentuata dalla vernice dorata che fa apparire mamma Maurer come una divinità dell’Olimpo, una creatura divina ma squisitamente terrena, colta nel gesto di nutrire il proprio piccolo.

Ed è un’immagine importante, perché contribuisce a scardinare lo stigma dell’allattamento al seno in pubblico, sul luogo di lavoro e in questo caso anche sui social, su cui esistono ancora molti tabù. L’intera gravidanza di Maggie Maurer è stata vissuta in chiave di empowerment, e decisamente glamour. Incinta di circa sei mesi, ha sfilato per Nensi Dojaka sfoggiando un capo completamente trasparente della collezione autunno inverno 2022, e con il pancione.

Nell’intimo post su Instagram, Maggie Maurer ha deciso quindi condividere con i propri follower la sua immagine che la ritrae sul luogo di lavoro con il volto dipinta d’oro, una parte del suo look, pocoprima di sfilare per la casa di moda italiana, Schiaparelli. In grembo, ha sua figlia, che sta allattando dietro le quinte della sfilata. Le parole scritte a finco della foto, la modella ha scritto “#BTS #mommy”, evidenziando il lavoro senza fine della maternità, nonostante i suoi successi.

di Letizia Cini ✍🏻

#lucenews #maggiemaurer #materintà #mommy
“Non si può strumentalizzare l’autismo per ottenere una riduzione di pena”. È indignata l’Associazione DIESIS, che denuncia il comportamento dei legali di Alberto Genovese nelle ultime udienze del processo che lo vede imputato per violenza sessuale perpetrata su due giovani, che sarebbero state stordite con alcol e un mix di droghe. “Non possiamo tollerare che si utilizzi l’autismo come scusa per giustificare reati e azioni ignobili come uno stupro", afferma Angelo Chiodi, presidente dell’Associazione DIESIS che, dal 2010, opera nella formazione per favorire l’inserimento nella vita sociale e lavorativa di persone autistiche. "L’impianto difensivo dei legali dell’imprenditore Alberto Genovese mira ad ottenere una riduzione di pena del loro assistito con la richiesta di semi-infermità mentale, sostenendo che l’abuso di droga e alcol, unito alla sindrome di Asperger, avrebbe ridotto la capacità di percepire il dissenso delle due ragazze vittime della violenza”. Le giovani in questione sono una 18enne - resa incosciente e stuprata il 10 ottobre 2021 a Milano, nell'attico di lusso del 44enne ex re delle startup- e una 23enne stordita e violentata a luglio del 2020 ad Ibiza.
La dottoressa Cristina Panisi, referente scientifica dell’Associazione DIESIS
“La linea difensiva di Genovese confonde il significato di autismo - puntualizza la dottoressa Cristina Panisi, referente scientifica dell’Associazione DIESIS -. La diagnosi di autismo non è da intendersi come etichetta di una patologia, in realtà, è una condizione neurobiologica che fa parte dello spettro autistico di livello 1, definito come autismo di grado lieve, per il quale le persone richiedono solo un supporto minimo per poter svolgere le attività della vita quotidiana, una condizione che persiste per la vita". Sulle pagine di Luce!, quotidiano da sempre impegnato nella sensibilizzazione sul tema dell'equità sociale, abbiamo a più riprese sottolineato l'importanza della corretta definizione di autismo: si tratta di una condizione, non di una patologia. Abbiamo approfondito il tema con Federica Cantrigliani, psicologa e coordinatrice delle attività psico-educative dell'Associazione DIESIS. In che modo temete che la linea difensiva di Genovese possa danneggiare la posizione delle persone con spettro autistico? "Come associazione ci occupiamo di incrementare le autonomie personali, di valorizzare le potenzialità e sviluppare le competenze sociali, relazionali e lavorative di adolescenti e adulti autistici, anche grazie alla collaborazione di importanti partner, come la Fondazione Adecco per le pari opportunità che ci sostiene nei percorsi di tirocinio e inserimenti lavorativi. Generalizzare le azioni di una singola persona e attribuirle senza un'evidenza scientifica a una condizione come quella dell'autismo, ci sembra quanto meno pericoloso. Combattiamo da anni contro gli stereotipi che accompagnano le persone autistiche, da sempre percepite come disabili, savant o come estremamente geniali mentre, come ci piace ricordare, la maggior parte di loro sono persone normali che, semplicemente, funzionano in modo diverso. Il rischio è di mettere un ulteriore stigma sulle persone autistiche, limitando eventuali opportunità di crescita e lavorative e incrementando la paura che, spesso, circonda ciò che non si conosce". La difesa di Genovese dispone di una diagnosi conclamata? Vi sono basi scientifiche che dimostrino la scemata capacità di intendere e di volere da parte di persone con Sindrome di Asperger? "Non sappiamo e non mettiamo in dubbio la diagnosi di Genovese come persona nello spettro autistico, ma teniamo a sottolineare che “una scemata capacità di intendere e di volere” non è caratteristica utile a diagnosticare la sindrome di Asperger, ma può dipendere da altri fattori esterni. In generale possiamo però dire che le condizioni di disagio psichico rappresentano un fattore di rischio per l'abuso di sostanze. Le persone autistiche possono presentare sintomi psichiatrici che possono portare a un utilizzo di alcol e sostanze superiore alla media ma, secondo gli studi non sono strettamente collegati all'autismo in sé (Helverschou, S.B., Brunvold, A.R., Arnevik, E.A. (2019). Treating Patients With Co-occurring Autism Spectrum Disorder and Substance Use Disorder: A Clinical Explorative Study. Substance Abuse: Research and Treatment, doi: 10.1177/1178221819843291)". Il fatto che i disturbi dello spettro autistico rappresentino una condizione, non uno stato patologico, potrebbe scardinare la tesi della difesa riguardo ad una presunta infermità mentale? "Non avendo avuto contatti diretti con Genovese e non occupandoci noi di materia legale non possiamo dare un giudizio su cosa potrebbe o non potrebbe confermare una presunta infermità mentale. Certo è che se la diagnosi venisse confermata ci auguriamo che Genovese per prima cosa si assuma le sue responsabilità ma che abbia anche voglia di lavorare su se stesso per costruire un proprio equilibrio di vita e, perché no, provare a lavorare accanto a persone autistiche per confrontarsi anche lui con persone che potrebbero aiutarlo a comprendere e conoscere meglio il suo modo di essere. Le persone diagnosticate come “Asperger” sono inserite in una categoria diagnostica che richiede un supporto minimo, e per questo non vanno lasciate sole ma sostenute, per poter costruire una vita felice e ricca di significato. Soprattutto perché l'autismo è una condizione di vita, non una malattia da cui guarire, per questo è fondamentale una diagnosi precoce e un lavoro multidisciplinare che permetta di creare strategie funzionali per confrontarsi in un mondo che ancora è solo a misura di neurotipici".
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