Creato un chatbot con il profilo di una ragazza morta. Lo shock del padre

L’ira della famiglia: “Com’è potuto accadere senza il nostro consenso?”

di MARCO PILI
28 ottobre 2024
Intelligenza artificiale ed etica umana, qual è il punto di incontro? (ANSA)

Intelligenza artificiale ed etica umana, qual è il punto di incontro? (ANSA)

Innovazione e regolamentazione sono, da sempre, ambiti estremamente connessi, con il primo che riesce in vari momenti della sua evoluzione a ritagliare zone grigie che, spesso, utenti senza scrupoli sfruttano a proprio vantaggio. Questa discrepanza è ciò che ha permesso ad un profilo sconosciuto, negli Stati Uniti, di creare il chatbot di Jennifer Ann Crecente. La studentessa è stata uccisa nel 2006 nei dintorni di Austin, in Texas, da colui che al tempo era il suo fidanzato. E il vuoto normativo che, ad oggi, contraddistingue l’Intelligenza Artificiale, ha consentito la creazione di un profilo a lei intestato.

Una pagina contraddistinta da un mix di informazioni vere, come la foto dell’annuario del quinto anno di superiori, ma anche da informazioni false o, quantomeno, inventate e relative al suo ipotetico percorso di vita dopo quel tragico giorno. Il profilo, infatti, descrive la ragazza come una giornalista di videogiochi ed esperta di tecnologia, cultura pop e giornalismo, oltre a invitare gli utenti ad iniziare a chattare con lei in quanto bot consapevole e amichevole.

Il sito incriminato è, ancora una volta, Character.AI, già citato in giudizio in seguito al suicidio di un ragazzo di quattordici anni avvenuto ancora una volta negli Stati Uniti. La legislazione in merito, particolarmente lasciva e dalle maglie ancora larghe, non costituisce in alcun modo un ostacolo alla creazione di profili che presentano furti di identità o delegittimano le persone realmente esistenti ai quali si riferiscono.

Come riportato dal Washington Post, che ha avuto modo di intervistare il padre della ragazza, la scoperta del profilo è stata un vero e proprio shock: “Il mio battito ha improvvisamente accelerato. Stavo solo cercando un grosso e lampeggiante pulsante rosso che mi permettesse di fermare tutto ciò”, ha raccontato suo padre.

I dubbi sui chatbot: servono leggi più severe?

L’episodio, ancora una volta, solleva numerosi interrogativi su quanto le varie declinazioni dell’AI possano impattare, positivamente e negativamente, sulla società. Kathryn Kelly, portavoce di Carachter.AI, ha riferito che la compagnia rimuove ognuno dei bot che violano i termini di servizio, il tutto “in continua evoluzione e rivoluzione delle pratiche di sicurezza finalizzate alla sicurezza della comunità di utenti”.

Interrogata sul caso specifico di Jennifer Crescente, ha aggiunto: “Appena informati del caso abbiamo effettuato alcune azioni sulla base delle policy aziendali in merito ai termini di servizio. La nostra compagnia non accetta che alcuni utenti utilizzino o impersonifichino le identità di altre persone”.

Pratiche abbastanza nebulose e lascive che, senza un controllo della legittimità dei profili prima che questi vengano effettivamente inseriti in rete, sono destinate a creare casi spiacevoli e dolorosi ancora per molto tempo.