Costanza Hermanin: “Michela Murgia? Una femminista realmente inclusiva”

La docente e fellow dell’Istituto europeo, presidente di EquALL: "Necessità di lottare con veemenza per una parità di genere integrale e inclusiva, soprattutto in Italia”

di CATERINA CECCUTI -
11 agosto 2023
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Michela Murgia è stata una scrittrice ed un'attivista di cuore e di cervello, non di pancia come qualcuno l'ha accusata di essere. I suoi messaggi sono sempre arrivati forti e chiari tanto attraverso i social – la cui presenza è stata intensa e costante - quanto nelle opere letterarie e nell'esempio di vita quotidiana che ha saputo e voluto dare. Un messaggio fortemente inclusivo, come ha spiegato a Luce! la dottoressa Costanza Hermanin, docente di politica e istituzioni europee a Bruges e all’Istituto europeo, e presidente dell’associazione EquALL – per una democrazia plurale.

Il messaggio di Michela Murgia: lottare per la parità di genere

“A mio avviso - spiega - il messaggio più forte che Michela Murgia ci ha lasciato è quello legato alla necessità di lottare con veemenza per arrivare anche in Italia ad una parità di genere integrale e inclusiva. Un messaggio che emerge chiaramente nei contenuti e nella modalità in cui è stato espresso.
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Importantissimo il messaggio femminista inclusivo lanciato dalla scrittrice e attivista recentemente scomparsa

Il suo approccio al femminismo, le disparità che ha voluto denunciare hanno incontrato la forte opposizione da parte del mondo intellettuale maschile e patriarcale italiano. Un esempio, il suo, criticato sia dalla destra che dalla sinistra, soprattutto nei momenti in cui si è dimostrato più integrale e innovativo”. Dottoressa Hermanin, vuole farci qualche esempio concreto? “Mi vengono in mente le riflessioni di Michela Murgia sul diritto alle identità di genere, sul rapporto tra femminismo e cattolicesimo, cui ha dedicato due saggi, e quelle sulla gestazione per altri, tutte distanti sia dal mainstream culturale italiano, sia dalle posizioni di parti del femminismo nostrale stesso. Non solo l'ambiente intellettuale maschile, talvolta anche quello femminile non condivideva le sue idee rispetto a temi assai dibattuti a livello nazionale, ma su cui lei ha saputo articolare alcune delle riflessioni più profonde degli ultimi anni.
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docente di politica e istituzioni europee a Bruges e all’Istituto europeo, e presidente dell’associazione EquALL

Michela Murgia è senz'altro un'immoderata. E la sua eredità si traduce proprio nella necessità da parte del femminismo italiano di essere immoderato come lei. In un Paese in cui i tassi di femminicidio sono così alti e le sentenze scritte dai magistrati in diversi casi ancora profondamente aderenti a stereotipi maschilisti, un cambiamento importante diventa necessario. Murgia lo ha denunciato, così come non ha avuto paura di utilizzare sempre un linguaggio inclusivo, ricorrendo a importanti simboli di un’evoluzione linguistica necessaria e per questo osteggiata da buona parte del mondo intellettuale, come l'asterisco o la schwa. Un’egemonia maschilista e patriarcale molto più radicata in Italia rispetto a Paesi affini come la Spagna, la Grecia, anche la Germania – dove la Cancelliera Merkel si è chiamata sempre La Cancelliera e non La Cancelliere e tantomeno Il!".  Un commento anche sulla famiglia allargata di Michela Murgia e sul legame dell'anima che la univa… "È molto interessante ribadire l'importanza del legame dell'anima rispetto al legame di sangue, soprattutto in un contesto come quello italiano in cui persino le adozioni da parte di genitori single non sono ancora possibili.
 
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Si tratta invece di modelli di famiglia che esistono da sempre. Quanti sono, alla fine, i personaggi biblici i cui i figli sono nati al di fuori del matrimonio? Michela Murgia ci ha fatto una prima riflessione in “Accabadora”, ma possiamo pensare ad un'altra autrice, Goliarda Sapienza, originaria della Sicilia che già nel secolo scorso raccontava di una matriarca all'apice di una grande famiglia allargata. Murgia ha riaffermato concetti che sembrano dissacranti, ma che in realtà non lo sono per niente, che caso mai erano semplicemente sopiti. Non basta essere donne per essere femministe e tantomeno per difendere i diritti di tutti e tutte, ma lei era davvero una femminista inclusiva, capace di allargare la propria riflessione anche al diritto al fine vita, pur essendo una cattolica. Proprio oggi ho letto sul Guardian un articolo a lei dedicato, con una citazione di Sinéad O' Connor che a mio avviso le si adatta benissimo: “They tried to bury me, but they did not know I was seed” (Hanno cercato di seppellirmi, ma non sapevano che ero un seme).