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Disforia di genere, femministe: "Vietare il farmaco ai minori". Scienziati: "Triptorelina salvavita"

Alcune associazioni Lgbt hanno inviato una lettera al ministro della Salute per chiedere accertamenti. Dodici gruppi di esperti replicano: "Trattamento serve a evitare conseguenze negative sugli adolescenti"

di MARIANNA GRAZI -
31 gennaio 2024
Empathy

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Più di ottanta femministe, lesbiche e trans contro il farmaco che blocca la pubertà nel* bambin* con disforia di genere. Esatto, avete letto bene: anche alcune associazioni Lgbtqia+ si dichiarano contrarie alla somministrazione a minori, come avviene ad esempio al Centro specializzato dell'ospedale Careggi di Firenze. Di parere opposto le società scientifiche che in una nota congiunta affermano che "la triptorelina è farmaco salva-vita nei giovanissimi transgender e gender diverse" e che questo viene "prescritto solo dopo attenta valutazione multiprofessionale". Pediatri, endocrinologi e neuropsichiatri chiedono quindi che si faccia chiarezza una volta per tutte, dicendo "Basta alla disinformazione". Un tema, quello appunto della disforia e del percorso per l'affermazione di genere, che quindi continua a far discutere. Le ultime - al momento - puntate di quella che somiglia sempre più a una guerra ideologica vede protagoniste un nutrito gruppo di femministe e di persone Lgbtq+ da un lato, che scrivono una lettera al ministro della Salute Schillaci, e dodici gruppi di esperti sanitari dall'altro, che temono che a fare le spese di questa battaglia siano le giovani persone trans.
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Disforia di genere: il caso dell'ospedale Careggi e l'uso della triptorelina continuano a far parlare

La lettera delle associazioni Lgbt

"Come femministe e persone lgbt, osserviamo che le attuali polemiche sull'operato dell'Ospedale Careggi di Firenze, dove si somministrano i bloccanti della pubertà anche a minori di undici anni, che si affacciano all'adolescenza e non hanno esperienza della sessualità né piena consapevolezza della distinzione tra fantasia e realtà, propongono con forza la necessità di aprire un serio dibattito su queste pratiche mediche, i cui effetti nocivi sulla salute a medio e lungo termine sono per ora sconosciuti". La nota è firmata da oltre ottanta persone, comprese donne trans, che dichiarano la loro "contrarietà all'utilizzo di farmaci che intervengono sull'equilibrio psicofisico dei bambini" e chiedono al ministero, all'Aifa e al Comitato Etico nazionale, "di procedere a un controllo puntuale su tutte le strutture che operano in questo campo". Secondo loro "è necessaria una stringente verifica dell'attuazione degli attuali protocolli, che sembrano esser stati violati, così come risulta da diversi articoli apparsi sulla stampa, e non smentiti". In conclusione "Ribadiamo la richiesta che, alla luce di ciò che sta avvenendo in diversi Paesi europei, che hanno fermato la somministrazione, e messo in discussione il semplice consenso affermativo dei minori, sia vietata la somministrazione, anche in una logica di cautela e tutela dei minori, dei farmaci bloccanti".

La replica di medici e scienziati: Triptorelina salva-vita

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Il ministro della Salute Orazio Schillaci

"La triptorelina, un bloccante transitorio e reversibile della pubertà, è un farmaco salva-vita nei giovanissimi transgender e gender diverse, prescritto solo dopo attenta valutazione multiprofessionale". La posizione degli esperti sanitari, riuniti in 12 società scientifiche, è chiara fin dalla prima frase della nota diffusa questa mattina e riportata da Quotidiano Sanità. Secondo i medici lo scopo nel prescrivere questo farmaco a chi vive – anche in giovanissima età – la disforia di genere "non è né castrare chimicamente e definitivamente, né modificare orientamento e identità sessuale, ma dare tempo ai giovani sofferenti e alle famiglie di fare scelte ponderate e mature, impedendo stigma sociale, autolesionismi e suicidi”. Pediatri, endocrinologi, medici dell'infanzia e adolescenza intervengono nel dibattito dopo l'ispezione all'ospedale Careggi della settimana scorsa, sostenendo che si stia parlando di un argomento delicato con troppa superficialità.

Stigma e pregiudizio sociale aggravano il disagio

"Adolescenti transgender e gender diverse (TGD) hanno un'identità di genere non conforme al sesso assegnato alla nascita. Essere TGD è un aspetto previsto dello sviluppo umano – spiegano gli esperti – e tutte le identità di genere possono essere considerate possibili variazioni dell’identità sessuale di una persona, come è stato dichiarato univocamente dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (WHO) e dall’Associazione Psichiatrica Americana (APA)". Queste persone possono provare "una intensa sofferenza" proprio per la percepita "incongruenza di genere, sia psicologica che fisica. Il disagio psicologico sembra derivare in gran parte dal pregiudizio sociale e dallo stigma di coloro che non riconoscono l’esistenza di una varianza di genere come normale espressione dell’ampio spettro".
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Si parla di disforia di genere quando si vive, spesso con disagio, un'incongruenza percepita tra il proprio sesso biologico e il genere percepito

Invece il malessere fisico si lega al "momento della pubertà", quando può insorgere "disforia nell’osservare e vivere i cambiamenti corporei che si sviluppano progressivamente in una direzione non voluta e non desiderata". Ancora, i medici sostengono che "le persone adolescenti TGD sono una popolazione più vulnerabile dal punto di vista psicologico, con un rischio più elevato, scientificamente ben documentato, di sviluppare ansia, depressione, abbandono scolastico, isolamento sociale, mancata relazione tra pari, sino ad arrivare ad atti di autolesionismo e suicidio". A ridurre questo disagio, a far guadagnare tempo a questi giovani, a dare la possibilità all’adolescente stesso di esplorare ulteriormente il proprio percorso di affermazione di genere contribuisce, da qualche anno, l'uso di farmaci che sospendono "temporaneamente la progressione delle modificazioni puberali". “A molti purtroppo sfugge la natura assolutamente transitoria e largamente reversibile del trattamento con GnRHa, il cui obiettivo non è la castrazione chimica o influenzare le scelte dei giovanissimi o delle famiglie ma, al contrario, dar loro tempo per poter effettuare scelte più mature e ponderate – proseguono –. [...] Purtroppo, in questi ultimi mesi stiamo assistendo alla diffusione di informazioni errate dal punto di vista scientifico e fuorvianti su tale importantissima e serissima problematica", chiosano gli esperti riuniti nelle 12 associazioni, che ribadiscono anche in chiusura una questione fondamentale. "La reale funzione di questo tipo di terapia che non ha certo lo scopo di far cambiare sesso (sic) ai bambini (sic) ma ha il serissimo scopo di evitare conseguenze negative sul benessere psicologico e fisico sia a breve che a lungo termine di una popolazione particolarmente fragile e vulnerabile".