FIRENZE, 25 ottobre 2024 – “Difenditi dalla gelosia, è un mostro co l’occhi verdi che sputa su quello che magna”. Riconoscete la citazione? È dell’Otello. Sì quello di Shakespeare, ma nella traduzione romana di Edoardo Leo. L’attore, che il 14 novembre uscirà nelle sale con il suo ultimo film, “Non sono quello che sono”, una rivisitazione moderna del grande classico inglese, è attualmente in giro per le università italiane per parlare con gli studenti di amore, morte e gelosia.
All’Università di Firenze per parlare di violenza di genere
“Io so che tra di voi c’è qualche ragazza che sta vivendo una relazione tossica, che ha un fidanzato troppo prevaricante – esordisce – lo dico sempre e ogni volta sapeste quanti occhi ho visto abbassarsi”. Qualcuno lo ha visto anche ieri, all’Università di Firenze e la rettrice ha accolto quegli sguardi con dolcezza: “L’Università c’è, vi ascolta ed è dalla vostra parte” è stato l’abbraccio di Alessandra Petrucci alla platea. L’ateneo fiorentino effettivamente è attivo sul tema con iniziative, punti di ascolto, corsi online. “Vogliamo che sia uno spazio sicuro – ha aggiunto Maria Paola Monaco, delegata all’inclusione e diversità – per questo abbiamo istituito anche una figura, la consigliera di fiducia, che aiuta ad aprirsi sulle difficoltà e a riconoscere la violenza. Anche quando non è esplicita”.
L’Otello coatto oggi
La triade al centro delle masterclass dello sceneggiatore romano (amore, morte e gelosia appunto) è senza tempo. Valida ai giorni di Shakespeare e, ahinoi, valido ancora oggi. “Se un testo scritto nel 1604 legge perfettamente le attuali dinamiche tossiche del maschile sul femminile dobbiamo farci delle domande, prima come maschi e poi come società – ha detto Edoardo Leo – e io tante volte, come uomo, mi sono chiesto se in alcune occasioni sono stato vittima o artefice di comportamenti patriarcali, se sono stato maschilista”. Una domanda che qualcuno si sarà posto anche ieri. “Sei troppo bella, non va bene”; “Copriti di più”; “Non sorridere troppo, altrimenti fraintendono”. Sono frasi comuni. Una violenza subdola, mascherata da complimenti e consigli, tipici di una possessività, di una gelosia troppe volte confusa con un sentimento ben più nobile. Che non apparteneva ad Otello 400 anni fa e non gli appartiene neppure oggi.
“Non sono quello che sono”
“È un’opera molto semplice a livello di trama – continua Leo – un uomo che sospetta l’infedeltà della moglie, la uccide e poi si ammazza. Punto”. Eppure per secoli è stato molto di più. La tragedia di Otello - è il titolo originale - mette l’accento sull’uomo, sul carnefice, sull’eroe romantico folle d’amore che uccide e si uccide. Vi ricorda qualcosa? “Oggi, probabilmente, si chiamerebbe La tragedia di Desdemona” fa giustamente notare Leo. Al contrario striderebbe troppo, soprattutto alle generazioni più sensibili e attente. Eppure la narrazione odierna dei femminicidi non si allontana troppo da quell’immaginario. Ecco perché l’Otello coatto di Edoardo Leo è molto più attuale di quanto si pensi, e non solo per l’ambientazione.