"Non posso più continuare a guardare in silenzio ciò che sta accadendo alla mia famiglia a Gaza", inizia così
Leen Abusaid, nella dichiarazione che accompagna la raccolta fondi che sta portando avanti nel tentativo di tenere in vita e far arrivare in Egitto nove membri della sua famiglia, al momento intrappolati nella Striscia di Gaza senza neanche avere una casa in cui andare, o acqua, o cibo, o elettricità per scaldarsi. Leen è nata e cresciuta a Gaza City, ma da quattro anni vive a
Siena dove, dopo aver conseguito la laurea magistrale, ha iniziato a lavorare nella divisione relazioni internazionali dell’Università di Siena. “Lavorando con varie Ong in
Palestina avevo tanti amici italiani – ha raccontato Leen -, che mi hanno messo in contatto con la delegazione dell’Università di Siena a Gaza. Mi piacevano i programmi delle lauree magistrali ed ho deciso di iscrivermi all’università”.
Fuga verso sud, l’inizio del conflitto
La vita per Leen,
come per tutti i palestinesi gazawi, seppur già non facile, è cambiata drasticamente il 7 ottobre 2023. “La mia famiglia abitava a Gaza city, vicino al Quds Hospital, che è stato bombardato ripetutamente – racconta Leen a tre mesi dall’inizio della guerra -.
La casa l’abbiamo persa. Per fortuna i miei familiari si sono salvati, sono andati via circa un mese dopo l’inizio della guerra, quando è stato chiesto di evacuare tutto il quartiere. Sono scappati verso il sud della striscia, considerato sicuro”. “Nella fuga sono riusciti a salvarsi da due bombardamenti, e sono stati fortunati a riuscire a trovare una macchina per lo spostamento pagando prezzi altissimi. Al sud si sono rifugiati a casa di mio zio, insieme ad altre trenta persone, e li sono rimasti un mese, durante il quale hanno superato 7 notti in cui il quartiere dove alloggiavano è stato duramente bombardato”.
La sopravvivenza nella Striscia di Gaza
Con il tempo però, le cose non sono migliorate, nonostante la famiglia di Leen
sia fra le poche fortunate a non aver subito alcuna perdita fin ora. “Adesso hanno nuovamente evacuato, sotto ordine di
Israele, e con gli asini sono arrivati al valico di
Rafah. Il cugino che aveva ospitato la mia famiglia è morto d’infarto, senza mai aver avuto problemi di cuore, dopo aver ricevuto l’ordine di evacuazione – racconta Leen -.
Tornare a Gaza city è estremamente rischioso, la striscia non offre più possibilità di vita”. “Mio padre, di 80 anni, soffre di una malattia cronica ed è stato
recentemente operato al cuore, e negli ultimi mesi si è sentito molto male. Si è recato all’ospedale durante il secondo mese di guerra, ma non sono riusciti a fargli neanche delle semplici analisi del sangue, né a somministrare medicine. Mio padre, ex medico, ha notato le condizioni di disagio e sovraffollamento ed ha preferito tornare a casa, nel tentativo di evitare di prendere virus o infezioni date dalla scarsa igiene.
Ancora oggi non è riuscito a curarsi”.
La raccolta fondi di Leen
Una storia fin qui tragica, a cui però Leen sta cercando di dare al più presto una conclusione. Scrive così nel suo appello su Go found me: ”Per favore aiutatemi a coordinarmi affinché 9 membri sfollati della mia amata famiglia (4 nipoti, i miei genitori anziani, i miei due fratelli e mia cognata) lascino Gaza il prima possibile. Vivono sotto la grande minaccia di morte causata dalle bombe, dalla fame, dalle malattie e dalla paura. Ho perso 5 cugini. Abbiamo perso la nostra casa a Gaza. La salute dei miei genitori anziani è grave e non riescono a trovare farmaci semplici. I miei familiari, specialmente i bambini, sono terrorizzati.
C'è la possibilità di far uscire l'intera famiglia da Gaza e portarla in Egitto attraverso il valico di Rafah. È incerto per quanto tempo avremo questa opportunità. Potete aiutarmi anche solo diffondendo la raccolta o dandomi consigli”.
Un uomo porta in bracci una bambina ferita tra le strade di Gaza distrutte dai bombardamenti (AFP)
Fin adesso tramite la piattaforma ha raccolto 7.720 euro su un obiettivo di 100mila euro. Una cifra che basta in realtà solo allo spostamento di un unico familiare. “L’immigrazione non è facile, e si può tentarla solo tramite pagamento, minimo 7mila dollari a persona, e se la persona non ha passaporto valido o documenti il prezzo può anche aumentare, e questo è il caso dei membri della mia famiglia – spiega Leen -. I bambini non hanno passaporto, è un fatto molto comune a Gaza, perché essendo sotto embargo non possiamo uscire dalla Striscia e, dopo i bombardamenti, molti documenti sono andati persi e distrutti”. L’obiettivo finale di 100mila euro basterebbe quindi per pagare il trasferimento di tutti, che una volta arrivati al Cairo potrebbero tentare di costruire una nuova vita, oltre che avere acqua, cibo, elettricità e cure mediche essenziali e a garantire la loro sopravvivenza a Rafah nel frattempo, con l’acquisto di farina e coperte. "Se arriveranno in Egitto e se avrò I documenti necessari, andrò a trovarli – dice Leen -. Da quando sono arrivata in Italia non sono più potuta tornare a Gaza, perché avrei rischiato di perdere il permesso di soggiorno. Non riesco a sapere bene come stanno, perché se tutto va bene mi scrivono ogni due giorni. Sono settimane che non parlo con loro a voce, perché non c’è segnale o cade la linea. Ho perso l’opportunità di vederli in questi quattro anni, spero di non perderli per sempre". La raccolta fondi di Leen Abusaid è aperta all’indirizzo
web: https://www.gofundme.com/f/help-me-save-my-family-from-gaza