
Pupi Avanti durante le riprese dell'Orto Americano in Iowa, a Davenport
Con l’uscita recente del suo ultimo film ‘L’Orto Americano’, che sta incontrando grandi favori di critica e pubblico, il regista Pupi Avati sembra aggiungere un nuovo potente anello alla lunga e tenacissima catena che lo unisce alle figure della sua famiglia, specialmente proprio quelle che ormai non ci sono più. E in modo particolare all’onnipresente, iconico emblema rappresentato dal padre, scomparso a causa di un incidente stradale quando Pupi aveva solo dodici anni. Un esempio al quale, come lui stesso rivela, ha sempre voluto tendere per riuscire a essere il padre per antonomasia sotto tutti i punti di vista, deciso nello sforzo di lasciarsi alle spalle quel periodo di pericoloso sbandamento dovuto a una sorta di ubriacatura giovanile da improvviso successo.

“Solo papà ha sempre creduto che tutto andava bene o quanto meno che le cose si sarebbero aggiustate”. È la frase di grande intensità pronunciata da Giovanna Casali , la figlia con un disturbo mentale nel celebre film di Avati ‘Il Papà di Giovanna’. Una storia segnata dall’amore, da sentimenti di empatica sofferenza, dall’annientamento emotivo di un padre che dona tutto se stesso nella disperata ricerca della soluzione migliore pur di arrivare alla comunicazione e alla riconciliazione con la propria figlia soffocata dai mille fantasmi che la turbano. E ci riesce.

Pupi Avati è padre di tre figli Mariantonia, Alvise e Tommaso: "Li amo moltissimo – afferma con un filo di emozione nella voce – e per loro voglio essere, non soltanto in questo giorno dedicato ai padri, ma sempre, il loro massimo punto di riferimento.”
Maestro, cosa significa essere padri oggi?
“Sono convinto che sia un ruolo oggi fortemente controverso e tutto sommato sottovalutato. Basti pensare a quella idea paterna impressa nella mia memoria e cara alla cultura contadina di una tempo per rendersi conto delle differenze tra il passato e i tempi odierni. Se penso a mio padre ne continuo a percepire la sua perenne presenza-assenza, ma il suo ruolo era un modello verso il quale tutta la famiglia tendeva a convergere. Oggi in un mondo confuso in senso generale leggo la stessa confusione nel gestire le mansioni. Ma come si sa, i tempi sono in costante cambiamento e nulla si può fermare!”.
Ritiene di essere stato un buon padre?
“Credo di essere stato un pessimo padre nello stesso momento in cui da rappresentante di surgelati ho abbracciato la carriera del cinema. Insomma sono passato da una professione seria, grazie alla quale ero molto presente in famiglia nel pieno rispetto di orari e obblighi relativi, a un totale straniamento, a un capovolgimento imposto dal mondo della celluloide che si è rivelato devastante per molti versi. Essere all’improvviso protagonista in un paese dei balocchi come allora consideravo Bologna, ha creato in me una ubriacatura non da poco. Così mi sono ritrovato a ripetere le stesse assenze di mio padre, con distacchi anche piuttosto lunghi dalla famiglia. Mi pesa ancora molto ricordare di aver lasciato da sola mia moglie in occasione della nascita di Tommaso, il mio secondo figlio, e non riesco a perdonarmelo. Lo riconosco: nei primi dieci anni della mia carriera di regista sono stato un padre decisamente scadente, poi per fortuna ho recuperato”.
È vero che ci sono stati problemi di comunicazione con suo figlio Tommaso a causa della sua sordità?
“Purtroppo né io né mia moglie ci eravamo accorti della effettiva gravità delle cose. Fatto sta che interrogato a scuola, Tommaso non rispondeva e nessuno riusciva a capire per quale motivo. In realtà lui aveva cercato di tener nascosta per lungo tempo quella sua condizione che gli avrebbe imposto l’uso di un apparecchio acustico, cosa che riteneva segno visibile di menomazione. Aver adottato finalmente uno di quegli strumenti gli ha cambiato la vita. Quindi, sì: è molto probabile che il suo stato e il mio comportamento piuttosto distratto di allora siano stati ragione di una scarsa comunicazione tra di noi a quel tempo”.
È necessario essere presenti anche quando i figli sono grandi ?
“Nel mio caso lo ritengo indispensabile: la nostra è infatti una famiglia molto unita. Con Mariantonia, Alvise e Tommaso ci sentiamo quotidianamente, anche più di una volta al giorno: un momento di scambi affettuosi per me irrinunciabile. Devono sapere che io per loro ci sono sempre, assieme alla loro madre, per qualsiasi necessità e occorrenza, ovunque si trovino”.
Qual è la sua posizione riguardo alle coppie gay, in cui il padre manca?
“Adesso mi toccherà essere politicamente scorretto: avere un padre e una madre, piuttosto che due madri o due padri non può per me essere la stessa cosa. E questo partendo dalla mia esperienza: sono innegabili le differenze che esistono tra me e mia moglie, dotata come tutte le donne di una sensibilità speciale con in più il privilegio meraviglioso della maternità. Quindi non nego la possibilità che un bambino possa essere accudito da persone dello stesso sesso, ma secondo la mia idea una famiglia è quella costituita dai genitori e dai propri figli. Il resto è frutto di una moda sociale, che come tutte le mode è assai probabilmente destinata a passare”.
Nel suo film Il Papà di Giovanna tocca il tema delicato della fragilità mentale. Qual è il messaggio contenuto?
"La vulnerabilità umana è un dono prezioso e va considerata perciò in senso positivo perché è la chiave necessaria che permette a una persona di riconoscersi perfettamente nell’altro. Nel film, Silvio Orlando recita in modo eccellente il ruolo di un padre che si finge disturbato per essere in perfetta empatia con la figlia fino ad assumere su di sé tutte le fragilità. È un genitore moderno, ma soprattutto è il papà ideale, quello che ogni figlio vorrebbe e immagino che si meriti”.
Cosa raccomanda ai papà di oggi?
"La mia raccomandazione è che non si può né si deve essere amici dei figli, formuletta abusata ma priva di senso. Un padre per i propri figli deve essere un esempio, un modello e non un amico: quel tipo di relazione va cercata altrimenti. Se un figlio riuscirà a identificare in quella figura un motivo di ispirazione esistenziale è molto probabile che la sua vita sarà la più felice possibile”.