La felicità è in crisi? Perché ci sentiamo sempre più soli e insoddisfatti

Dalla Generazione Z ai Baby Boomer, la ricerca della felicità sembra sempre più difficile. Tra insicurezza economica, social media e burnout, ecco cosa dicono i dati e quali soluzioni possiamo adottare

di CLARA LATORRACA
20 marzo 2025
L'80% della Generazione Z ha sperimentato sentimenti di solitudine nell’ultimo anno

L'80% della Generazione Z ha sperimentato sentimenti di solitudine nell’ultimo anno

Ogni anno, il 20 marzo si celebra la Giornata Mondiale della Felicità, istituita nel 2012 dalle Nazioni Unite e promossa inizialmente dal Bhutan. Questo piccolo stato asiatico, già dagli anni ’70, ha scelto di misurare il benessere della popolazione attraverso la Felicità Interna Lorda (FIL), piuttosto che basarsi unicamente sul Prodotto Interno Lordo (PIL). Questa scelta sottolinea che la crescita economica, pur essendo importante, non è sufficiente a garantire il benessere di una società. La felicità dipende da molteplici fattori: dal benessere psicologico alle relazioni sociali, dalla stabilità economica alla qualità dell’ambiente in cui si vive.

Un mondo sempre più infelice?

L’obiettivo della Giornata Mondiale della Felicità è promuovere un modello di sviluppo più inclusivo ed equilibrato, centrato sul benessere delle persone. Tuttavia, mai come oggi, la felicità sembra un traguardo difficile da raggiungere, soprattutto per le nuove generazioni. La solitudine e l’insoddisfazione stanno crescendo a livello globale, con un impatto significativo sulla qualità della vita. Ma quali sono le cause di questa crisi del benessere? E quali differenze emergono tra le varie generazioni?

Generazione Z e solitudine: un binomio preoccupante

Diversi studi recenti hanno evidenziato un dato allarmante: la felicità sembra diminuire, in particolare tra i giovani. Un’indagine globale pubblicata da Newsweek rivela che l’80% della Generazione Z ha sperimentato sentimenti di solitudine nell’ultimo anno, mentre oltre il 15% si sente regolarmente solo. Tuttavia, il problema non riguarda solo i giovani: il 72% dei Millennial, il 60% della Generazione X e il 45% dei Baby Boomer dichiarano di sentirsi soli o insoddisfatti.

L’Italia e la felicità: un quadro in chiaroscuro

Anche nel nostro Paese il livello di felicità è inferiore alla media internazionale. Secondo i dati Ipsos, il 65% degli italiani si considera felice, mentre il 35% si dichiara infelice. Nonostante un aumento di 7 punti percentuali rispetto al 2024, rispetto al 2011 la felicità in Italia è calata di 8 punti. Il principale fattore di insoddisfazione è la condizione economica (52%), seguita dal non sentirsi amati (27%), dai problemi di salute mentale (26%) e dalla situazione sociale e politica (24%).

Se la stabilità finanziaria è il principale fattore di infelicità in tutti i Paesi analizzati, le ragioni della felicità sono più variegate. In Italia, la famiglia e i figli sono la principale fonte di benessere per il 42% della popolazione, seguiti dal sentirsi amati (32%), dal benessere mentale (26%) e dalle amicizie (25%). Tuttavia, emergono differenze generazionali: mentre gli adulti trovano stabilità nella famiglia, i giovani danno più importanza ai legami affettivi e al senso di appartenenza.

Lavoro e felicità: un equilibrio difficile da trovare

L’insicurezza economica e lavorativa influisce pesantemente sulla percezione della felicità, soprattutto tra i giovani. In Italia, il livello di soddisfazione lavorativa è tra i più bassi in Europa: secondo l’European Workforce Study 2025, solo il 43% dei lavoratori italiani ritiene il proprio ambiente di lavoro eccellente, contro il 59% della media europea e il 75% della Danimarca. I giovani italiani cercano ambienti che favoriscano il work-life balance, l’espressione personale e un impatto significativo nel proprio lavoro. Tuttavia, queste aspettative si scontrano spesso con un mercato del lavoro rigido, che rende difficile conciliare vita privata e professionale. Il precariato e i bassi salari sono una delle principali fonti di stress per il 35% della Generazione Z italiana, secondo Deloitte.

Burnout e social media: la doppia minaccia

Negli ultimi anni, il burnout è diventato sempre più diffuso, soprattutto tra i giovani. La necessità costante di produttività e successo genera una pressione eccessiva, portando a stress cronico e insoddisfazione. Secondo il Deloitte Global Gen Z & Millennial Survey 2024, il 46% dei giovani italiani si sente sopraffatto dalle responsabilità lavorative. E i social media amplificano il problema: se da un lato favoriscono la connessione e il supporto emotivo, dall’altro possono accentuare l’insoddisfazione. Il confronto con vite apparentemente perfette, il doomscrolling (consumo compulsivo di notizie negative) e la Fomo (Fear of Missing Out, la paura di perdersi qualcosa) aumentano il senso di inadeguatezza.

Sempre più giovani adottano strategie di digital detox, riducendo l’uso dei social media e cercando attività offline per migliorare il benessere mentale. Sport, lettura e tempo nella natura sono alcuni strumenti utilizzati per contrastare lo stress digitale. Anche alcune aziende stanno iniziando a promuovere il work-life balance, incoraggiando pause tecnologiche e ambienti lavorativi più sostenibili.

La felicità come priorità collettiva

La felicità non è solo un obiettivo personale, ma una questione sociale ed economica. I dati dimostrano che solitudine e insoddisfazione colpiscono tutte le generazioni, con la Generazione Z particolarmente vulnerabile. Affrontare questa sfida richiede un impegno collettivo: le istituzioni devono garantire maggiore sicurezza lavorativa e accesso equo alle risorse, mentre le aziende possono creare ambienti più sostenibili per la salute mentale dei dipendenti. A livello individuale, coltivare relazioni autentiche e praticare il digital detox può fare la differenza.

Ma la domanda resta: la felicità può davvero diventare una priorità collettiva? Se inizieremo a considerarla non solo un desiderio personale, ma un indicatore fondamentale del benessere sociale, forse la risposta potrà finalmente essere positiva.