Gino Cecchettin: “Valditara? Chi ha ucciso Giulia è italiano, la violenza non ha colore”

Il papà della 22enne di Vigonovo uccisa dall'ex fidanzato Filippo Turetta risponde alle parole del ministro dell'Istruzione. E sul patriarcato afferma: "Non è che se neghi una cosa questa non esiste. Il ministro ha parlato di soprusi, di violenze, di prevaricazione. È esattamente quello il patriarcato ed è tutto ciò che viene descritto nei manuali»

di CHIARA CARAVELLI
19 novembre 2024
Gino Cecchettin, papà di Giulia, uccisa un anno fa da Filippo Turetta, sarà a Bologna per incontrare studenti e studentesse

Gino Cecchettin, papà di Giulia, uccisa un anno fa da Filippo Turetta

“Vorrei dire al ministro che chi ha portato via mia figlia è italiano. La violenza è violenza, indipendentemente da dove essa arrivi. Non ne farei un tema di colore, ma di azione. Di concetto”. Gino Cecchettin, papà di Giulia uccisa l’11 novembre 2023 dall’ex fidanzato Filippo Turetta, ha risposto così alle parole del ministro dell’Istruzione, Giuseppe Valditara.

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Quest’ultimo, ieri pomeriggio durante la presentazione della Fondazione Giulia Cecchettin alla Camera, aveva pronunciato frasi altamente discutibili rispetto alla lotta al patriarcato, definendola “ideologica” e che “non porta a soluzioni”, e all’aumento della violenza sulle donne dicendo che è “legato anche a forme di marginalità” che derivano “da una immigrazione illegale”.

Sul tema del patriarcato, il papà della studentessa di Vigonovo è stato chiaro: “Non è che se neghi una cosa – ha detto in un’intervista al Corriere della Sera – questa non esiste. Il ministro ha parlato di soprusi, di violenze, di prevaricazione. È esattamente quello il patriarcato ed è tutto ciò che viene descritto nei manuali. Mi sembra solo una questione di nomenclatura. È la parola, oggi, che mette paura: ‘patriarcato' spaventa più di ‘guerra'. È un problema sociale, non ideologico. Quando ci riapproprieremo tutti del significato di questa parola, vorrà dire che avremmo fatto metà della strada”.

Ieri, dopo le parole di Valditara, anche Elena Cecchettin, sorella di Giulia, aveva replicato sul suo profilo Instagram: "Oltre al dépliant proposto (che già qui non commentiamo) cos’ha fatto in questo anno il governo? Dico solo che se si ascoltasse, invece di fare propaganda alla presentazione della Fondazione che porta il nome di una ragazza uccisa da un ragazzo bianco, italiano e ‘per bene’, forse non continuerebbero a morire centinaia di donne nel nostro paese ogni anno”.

Sulla vicenda si è espresso, criticando aspramente le frasi del ministro, anche Nicola Fratoianni di Avs: “Valditara ha dimostrato una volta di più di che pasta è fatto. Politicamente e umanamente inadeguato. È politicamente vergognoso parlare di immigrazione e dire che il patriarcato non esiste più, nel giorno in cui si inaugura la Fondazione in memoria di Giulia Cecchettin. È umanamente indecente farlo di fronte a Gino ed Elena, che hanno perso una figlia e una sorella per mano di un maschio, giovane, bianco e di buona famiglia, che non accettava le scelte di Giulia”. E ancora: “È comodo dire che il patriarcato non esiste più. Ed è ancor più comodo dire che il pericolo arriva da fuori, che sia l'uomo nero, o il pazzo di turno. È comodo perché significa che bisogna proteggere le donne dal ‘pericolo esterno’. E così facendo, negando che ci sia un problema già nel tinello di casa, si nega quel che Valditara e quelli come lui non vogliono vedere: e cioè che dobbiamo educare i maschi, non solo proteggere le donne. Insomma, parole abbastanza luride quelle di Valditara”.

Dura anche la presidente di D.i.Re - Donne in Rete contro la violenza, Antonella Veltri: «Negare – le sue parole – la cultura che nutre la violenza maschile alle donne, il patriarcato, significa disconoscere la matrice alla base del fenomeno. È gravissimo quanto ha espresso il ministro Valditara di fronte a Gino e alla famiglia Cecchettin, ai quali va un mio personale abbraccio sodale e di vicinanza. Che un rappresentante delle istituzioni assuma un punto di vista negazionista, dando alla cultura diffusa dagli immigrati la responsabilità di parte della violenza che da sempre caratterizzano le culture occidentali è molto grave, soprattutto rispetto al futuro delle attività di prevenzione, protezione e punizione che la Convenzione di Istanbul indica come percorso».