Giovanni Allevi e i doni della malattia “Ho scoperto di essere un guerriero”

Applausi a scena aperta per lui al Festival di Luce!: il compositore marchigiano ha emozionato la platea con il suo racconto di una vita sconvolta, ma anche arricchita dalla malattia

di GIOVANNI BALLERINI
20 ottobre 2024
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Giovanni Allevi a Firenze, Palazzo Vecchio, 4° edizione Festival Luce!

Il mieloma multiplo, che (da giugno 2022) gli ha cambiato la vita, non è certo svanito, ma Giovanni Allevi continua a reagire come un guerriero. E lo fa a 360 gradi cercando di evidenziare (artisticamente e a contatto con il suo pubblico) la consapevolezza che ha maturato con la malattia. L’artista nato nel 1969 ad Ascoli Piceno ha infatti pubblicato per Solferino il nuovo libro “Nove doni, sulla via della felicità” in cui riflette sull’esistenza e si guarda dentro, abbracciando la propria e l’umana fragilità.

Con nove specialissimi doni: come la libertà dal giudizio altrui, la coscienza di sé, l’autenticità, la prospettiva regalata dalla storia e dalla cultura, l’amore per la bellezza e per la Natura che guarisce, la gratitudine per gli incontri con persone, come i medici e gli infermieri. Nel frattempo prosegue anche il suo Piano Solo Tour 2014, che domenica 27 ottobre vede attesissimo protagonista Allevi al Teatro Verdi di Firenze di un concerto di grande respiro e intensità. Intanto Giovanni è stato ospite della IV edizione del Festival di Luce! e ha emozionato con le sue ispirate parole il folto pubblico che sabato 19 ottobre l’ha applaudito a scena aperta al Salone dei Cinquecento di Palazzo Vecchio a Firenze. Niente musica per l’occasione. Ma, rispondendo alle domande e agli spunti di Agnese Pini, direttrice di QN, La Nazione e gli altri quotidiani del gruppo Monrif, Govanni ha colpito al cuore la platea, emozionandola con un racconto intimo eppure palpitante, condivisibile, rasserenante. Ha narrato, in maniera lucida ed emotivamente ricca, la sua malattia, a cui continua a reagire e oggi arriva ad associarla in qualche modo l'idea del dono. “Quando giunge la diagnosi abbiamo due possibilità: abbandonarsi alla disperazione , oppure aprire inaspettatamente una porta, una luce – spiega il compositore marchigiano -. La malattia, la sofferenza, la difficoltà e quindi il dubbio, possono essere un motivo per aprirsi (e per aprire il cuore) alla vita. Ho scelto questa seconda strada per la mia indole personale e poi perché, secondo gli antichi alchimisti, è probabilmente una soluzione che attende chiunque faccia l'esperienza del dubbio. Solo che bisogna avere molta pazienza. Solo così, piano piano, cominciano ad arrivare questi doni, così li ho chiamati nel mio libro, perché sono dei segnali inaspettati che potremmo anche ignorare. Ma in quel momento è stato bello metterli al fuoco”.

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Firenze, Palazzo Vecchio, 4° edizione Festival Luce!

Ricorda quando le è successo la prima volta? “Sì, nell’attimo in cui mi è stata comunicata la diagnosi. E’ il momento più difficile di tutti. Senti dei termini che non conosci e non sai che cosa sarà di te. Perdi tutti i punti di riferimento. Poi piano piano capisci che, se la guardi da un'altra prospettiva, la diagnosi è il primo passo verso la tua guarigione. Io mi trovavo a casa steso sul letto e vedevo dalla finestra un cielo bellissimo. Quel giorno ho visto una rondine che attraversava questo cielo assurdo, come se fosse proprio una linea nera. Ho cominciato a sentirmi in una dimensione diversa, dove io non ero più il compositore, non ero più quello che faceva i concerti, non ero più l'artista che ha un'attività social, Tutte queste non c'erano più neanche le definizioni di me stesso. Improvvisamente non mi importava più di niente. C'è una prima fase dolorosa e una seconda fase, che si chiama opera al bianco, assimilabile alla luce bianca dell'anima, che è una fase di grande dolcezza, di grande poesia di grande sensibilità e delicatezza, di solitudine. In questa seconda fase si cominciano ad accumulare i dolori, comincia ad arrivare la nuova consapevolezza. Allora, come dice Pirandello nel suo famosissimo “Uno, nessuno e 100.000”, ho pensato che nella vita siamo costretti ad indossare tante maschere e spesso non siamo autentici. Ma, nel momento in cui le nostre maschere crollano scopriamo di non essere nulla. Nel momento in cui sono crollate le mie di maschere ho cominciato a sentire dentro di me, appunto felicità. Come se l'essenza dell'essere umano e la sua vita autentica fosse nient'altro che questa felicità. Del resto, se fossimo in grado davvero di liberarci di qualunque condizionamento, di qualunque maschera, di qualunque persona esterna, noi saremmo luce”.

E tutto grazie a questo nuovo percorso di consapevolezza ? “Sono riuscito a togliermi di dosso tutte le maschere: l'uomo famoso, il compositore, il pianista, il concertista. Ma ho mantenuto la sensazione di essere un fanciullo, un fanciullino che è cresciuto in un mondo accademico musicale fondamentalmente orientato alla conservazione del passato, in un mondo tradizionalista. Per fortuna ancora oggi non ho mai perso questo spirito fanciullesco, a cui la malattia ha affiancato uno spirito guerriero”.

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Firenze, Palazzo Vecchio, 4° edizione Festival Luce!

Ha parlato di questo spirito guerriero anche a Sanremo... “Quando sono stato invitato sul parco dell'Ariston a tenere il monologo sulla malattia, ho cercato di dare alle mie parole la luce di tanti altri guerrieri che, come me, stanno affrontando la malattia con un forte attaccamento alla vita. Su questo non ho letto una sola parola di polemica, soltanto una perplessità su un profilo social, che consigliava di abbandonare questa narrazione del guerriero. Io ho scoperto la malattia prima dal dolore fisico lancinante nel concerto a Vienna del 2 giugno 2022 in cui non riuscivo ad alzarmi dallo sgabello. Non sapevo però ancora di essere ammalato ma il dolore era troppo forte. Una volta scoperta la malattia e ricevuta la diagnosi ho iniziato un percorso di terapia antidolorifica potentissima, con effetti collaterali pesantissimi. Un’esperienza sfiancante quasi più insopportabile del dolore fisico. A un certo punto ho deciso di interrompere la somministrazione del farmaco, che aveva raggiunto dei dosaggi molto alti: quando ho tolto l'ultimo cerotto ho festeggiato come se fosse Capodanno, qualche ora ed è arrivata la crisi da astinenza, un'esperienza che non auguro a nessuno. Per resistere, sono uscito sul balcone e ho cominciato a correre davanti e indietro, gridando: “Sono un guerriero, sono un guerriero”.

Come è scoccato il suo incontro con la musica? “Ho iniziato a suonare il pianoforte di nascosto perché i miei genitori, anche loro musicisti, non volevano. Mio padre chiuse con il lucchetto il pianoforte, ma trovai dove era la chiave e di nascosto l'ho suonato: mi hanno scoperto a dieci anni, cioè dopo cinque anni di esercizi e di progressi nella musica. Ho capito che sarebbe stata la mia vita in un concerto a Napoli di musica classica davanti a un pubblico di 5 persone che hanno fatto un tifo da star così bello. Dopo il senso di vergogna iniziale ho sentito dentro di me una gioia indescrivibile e ho capito che avrei voluto fare musicista per tutta la vita. E continuo a farlo anche dopo che ho scoperto questa malattia. A questo proposito, c’è una frase che mi sono stampato sulla testa: la diagnosi è il primo passo verso la guarigione. Quando mi hanno comunicato la diagnosi ho sentito un'angoscia infinita, ma dieci minuti dopo ho cominciato a riflettere e mi ha colpito il fatto che fosse particolarmente dolce che la mia malattia, il mieloma, avesse un suono così dolce e mi sono chiesto quali note musicali corrispondessero alle sette lettere della parola. Dopo un rapido calcolo nella testa ho trasformato questo nome in una melodia. Già in quel momento drammatico la musica mi stava già regalando il momento di poesia e anche, perché no, semplicemente di distrazione da una situazione angosciosa. Allora ho pensato: “Quando inizierò la lunga degenza in ospedale voglio comporre un'opera a partire da questa melodia perché ho inteso la composizione come fosse un diario in musica dove raccontare le emozioni, l'angoscia, la disperazione, ma anche la gioia, l'ebbrezza, la contemplazione”.