Giulia Cecchettin, delirio social tra negazionisti e incendiari della violenza sulle donne

Commenti di odio verso Elena Cecchettin e le tante donne scese in piazza, pagine a sostegno di Filippo Turetta, politici che fanno finta di non vedere. Il volto sconfortante di un paese

di ELEONORA ROSI
24 novembre 2023
Un volto dell’essere umano di cui non abbiamo assolutamente bisogno, ma che puntualmente torna a mostrarsi. Lo ha fatto anche su una vicenda che dovrebbe unire, ovvero il femminicidio di Giulia Checchettin, dando voce sui social a commenti di odio e di attacco alle donne che sono scese in piazza per Giulia e per tutte le altre vittime.

La sorella di Giulia Cecchettin: “Gli uomini devono fare un mea culpa”

Da un lato i messaggi di cordoglio e d’indignazione, dall’altro in tanti si sentono ingiustamente tirati in ballo dalle parole di Elena Checchettin che ha rivolto un appello a tutti gli uomini, invitandoli a prendere coscienza delle proprie azioni e non restare passivi quando amici o conoscenti perpetrano una violenza di qualsivoglia genere, a non essere partecipi del sistema. Da quel momento la società italiana si è divisa in due e analisi diverse vengono tutt’oggi portate avanti. Una (fortunatamente) grossa parte della popolazione, specie femminile, è rimasta fortemente colpita dall’accaduto ed è scesa in piazza a manifestare contro l’ennesimo femminicidio figlio di dinamiche patriarcali. Chi non è sceso in piazza, invece, ha finito per sentirsi accusato dalla piazza stessa, che chiedeva la fine del privilegio maschile, del patriarcato, la presa di distanza da determinati atteggiamenti.

I social, tanto odio ma anche sostegno

Subito sui social sono apparse le foto di Elena Checchettin, usate per denigrare la ragazza, accusata di essere una ‘satanista’ da chi evidentemente non ha mai visto una felpa della Thrasher in vita sua (e forse rimarrebbe sconvolto nel sapere che sono popolari anche fra i bambini). Ancora più preoccupante il fenomeno della fioritura di hashtag come #iononchiedoscusa #nontuttigliuomini #patriarcatoimmaginario, che vantano post del calibro “Il patriarcato non c’è più. Ma dobbiamo tutti auspicare in un suo ritorno, per il bene sia delle donne che degli uomini”, o “Basta con le idiozie strumentali, i maschi bianchi e cattolici non devono chiedere scusa a nessuno per questo”, un tweet non di una persona a caso, ma dell’ex senatore Simone Pillon. I post e i messaggi d’odio si scagliano contro quelle che molti definiscono ‘pericolose estremiste femministe’, che stanno portando coraggiosamente avanti una battaglia di genere che non riguarda il solo universo femminile, ma che mira a individuare i paradigmi di mascolinità e femminilità in atto, per metterli sul tavolo, discuterne e cambiarli. La prima è stata appunto la stessa Elena Checchettin, e adesso si trova in questo momento di lutto a dover affrontare anche l’odio e il rancore cui si è esposta per cercare di fare in modo che il femminicidio della sorella sia l’ultimo. Di contro, ancor più inquietanti degli hashtag misogini, sono i post in difesa di Filippo Turetta, con addirittura una pagina Facebook ‘Filippo Turetta ragazzo modello’ chiusa, forse per caso, dopo che il ragazzo ha confessato l’omicidio. Sempre molto attivo è invece un gruppo gestito da ragazze che dichiarano di essere attratte da Turetta e di voler intraprendere una corrispondenza dal carcere, in una sorta di rivisitazione annacquata della relazione fra Clarice Starling e Hannibal Lecter, nel Silenzio degli innocenti.
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Un gruppo su Facebook chiuso dopo la confessione di Turetta

Mille modi per non guardare in faccia la realtà

Le reazioni sono tante e se c’è chi si mette in totale contrapposizione con le piazze femministe, c’è anche chi prova a sviare sottilmente il problema. “La colpa di tutto a mio parere non è nello stereotipo patriarcale, ma invece è figlia della perdita di antichi valori” ha dichiarato sui social Antonfrancesco Vivarelli Colonna, sindaco di Grosseto. L’affermazione suona strana in un paese in cui fino a poco più di quarant’anni fa, meno di due generazioni, vigevano il cosiddetto ‘delitto d’onore’ e il matrimonio riparatore. Così come suona strano il ‘se’ del ministro Salvini, giustificato poi col garantismo. Il tutto è stato via via rinvigorito da narrazioni talvolta totalmente sbagliate, veicolate dai giornali e dai media, che sono arrivati in qualche caso alla romanticizzazione del luogo del delitto e hanno dato risalto eccessivo ad alcune dichiarazioni dell’avvocato di Filippo, Emanuele Compagno, secondo cui “lui è un bravo ragazzo, le faceva i biscotti”. Alcuni quotidiani nei giorni scorsi hanno titolato: “Caccia al mostro” o peggio “Usano perfino un omicidio per ‘rieducare’ il maschio” creando un clima di non dialogo e contrapposizione.

Una dura realtà, da cambiare insieme

“Non sono le culture a fare le persone, ma le persone a fare le culture” ha detto Chimamanda Ngozi Adichie, scrittrice femminista, e forse è questo il problema. Se il femminicidio di Giulia ha generato una risposta positiva in gran parte della società, ha anche reso evidente che c’è chi il cambiamento non lo vuole, rifiuta anche solo di parlarne e di mettersi in discussione, donne e uomini indistintamente. Una dura realtà, che Elena Checchettin e le altre donne e uomini scesi in piazza cercano con coraggio e determinazione di cambiare.