“Anche la salute sia inclusiva”. La sanità secondo Ilaria Capua: “Stiamo bene se il mondo sta bene”

La virologa della ’Johns Hopkins University’ di Baltimora: "Dobbiamo vivere in un ambiente sano. Siamo tutti vasi comunicanti, interamente dipendenti da quello che mangiamo, beviamo, respiriamo"

di ROBERTO BORGIONI -
13 luglio 2024
Ilaria Capua (Foto Schicchi)

Ilaria Capua (Foto Schicchi)

Perugia, 13 luglio 2024 – Le sta a cuore il tema della "salute circolare": ovvero il sistema che da circolo vizioso si trasforma in circolo virtuoso "perché ci siamo autonominati homo sapiens e quindi siamo noi i responsabili della salute della nostra specie e della nostra casa comune". Di questo e molto altro parlerà domani a Spoleto Ilaria Capua, virologa, oggi Senior Fellow di Global Health alla ’John Hopkins University’ di Baltimora, alle 16.30 al teatro Caio Melisso al talk ’La scienza nuova’ organizzato dalla Fondazione ’Carla Fendi’ nell’ambito del Festival dei Due Mondi.

Professoressa Capua, cosa si intende per ’salute circolare’?

"Un nuovo approccio ampio e inclusivo. Dopo la pandemia va ripensato il tema salute come comunità e istituzioni. Una persona, per essere sana, deve vivere in un ambiente sano".

Ovvero?

"La salute dell’uomo è la salute delle piante, degli animali, dell’acqua, della terra. Siamo tutti vasi comunicanti, interamente dipendenti da quello che mangiamo, beviamo, respiriamo. Dove c’è più inquinamento, ad esempio, si è registrata una maggiore sinergia con il Covid. Non è un caso".

A proposito di Covid: alcuni ospedali, come Siena, stanno ripristinando l’obbligo di mascherine. In altri, come a Perugia, si circola liberamente. Chi è nel giusto?

"Ogni struttura decide come è opportuno agire. Il Covid ci farà compagnia per molti anni, una recrudescenza può esserci. Chi sta male deve fare il test e non andare in giro. Se dopo quattro anni non abbiamo capito le basi della prevenzione e non ci prendiamo le nostre responsabilità aspettando solo le regole calate dall’alto, vuol dire che non meritiamo di chiamarci homo sapiens".

In Italia si moltiplicano i casi di malattie tropicali come la Dengue. Dipende anche dai cambiamenti del clima?

"Si torna al discorso della salute circolare. In Italia ci sono anche casi di Dengue autoctoni, non solo di importazione, perché il virus è entrato nella popolazione della zanzara tigre, specie portatrice che sta proliferando. Occorre una maggiore consapevolezza da parte di tutti nel non creare ambienti che ne facilitino lo sviluppo, oltre a interventi mirati e puntuali di disinfestazione. La prevenzione non si fa solo contro il Covid".

Quale ruolo hanno i vaccini? Nella lotta contro il coronavirus sono stati determinanti.

"Non solo, hanno debellato tante infezioni, cito ad esempio il morbillo nei bambini. In altre patologie, come l’Hiv, purtroppo, vaccini non esistono".

Come valuta, in tutto questo, il sistema sanitario italiano? Quale l’impatto su prevenzione e opinione pubblica?

"A mio avviso in media viene creato eccessivo allarmismo. Tutto sembra sempre diventare un’emergenza e questo è molto pericoloso. Un approccio simile, prendiamo il caso della Dengue, fa sviluppare quella che io chiamo la sindrome di Pierino e il lupo: cioè si generano allarmi continui, ma quando poi arriva l’emergenza vera magari tendiamo a trascurarla con il risultato che non sappiamo dove ci porta. Bisogna stare attenti, gestire con attenzione le situazioni".

Lei domani è a Spoleto: una sorta di ritorno a casa...

"Ho l’Umbria nel cuore. Mi sono laureata a Perugia, ho fatto lì il dottorato e ho pure ricevuto il Bartolo d’oro. Sono un po’ umbra, anzi molto".