India, violentate e costrette a sfilare nude sotto la minaccia delle armi

Manipur in fiamme dopo la diffusione del video dell’orrore: il governo cerca di bloccare le immagini. Modi interviene ma non condanna lo scontro tra tribù: “Paese disonorato”

di LETIZIA CINI -
20 luglio 2023
Manipur in fiamme dopo la diffusione del video dell’orrore

Manipur in fiamme dopo la diffusione del video dell’orrore

India, violentate e costrette a sfilare nella strada del loro villaggio nude, sotto la minaccia delle armi. L’episodio dello stupro e della passeggiata senza abiti ai danni di due donne di etnia Kuki, nel travagliato Stato indiano del Manipur, è venuto alla luce oggi, quando il video girato dai loro aguzzini ha iniziato a circolare sui social e sui media è stata diffusa nei dettagli la denuncia di tutti gli orrori subiti dalle due vittime, sconvolgendo l’intero Paese.

India, violentate e costrette a sfilare nude

Oltre alle violenze sessuali e alla barbara parata ripresa nel video, le due vittime hanno dovuto anche assistere all’uccisione del padre e del fratello di una di loro sotto gli occhi inermi, se non complici, della polizia. Il fatto risale ai primi di maggio di quest’anno, nei momenti iniziali delle violenze nello stato nordorientale del Manipur che hanno portato a 142 morti. E creato un’emergenza umanitaria, con oltre 60 mila persone evacuate da villaggi dove difficilmente potranno tornare.
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Donne Meitei manifestano per la pace in Maipur

Secondo il racconto delle vittime, quel giorno un esercito di varie centinaia di armati ha attaccato il villaggio, vandalizzato le case e messo tutto a fuoco. Fuggiti nella foresta in cinque, tre donne e due uomini, sono stati rintracciati da una squadra di poliziotti. Ma invece di portarli in salvo, i poliziotti li hanno abbandonati in balia degli aguzzini, che li hanno intercettati poco dopo. L’episodio, nella sua crudeltà insostenibile, ha riacceso i riflettori sulla situazione esplosiva del Manipur, dove non c’è pace tra la comunità maggioritaria dei Metei, prevalentemente induista, e la minoranza tribale e cristiana dei Kuki, che vivono sulle colline. L’orrore del video ha suscitato la mobilitazione non solo delle associazioni femministe e dei diritti civili che hanno organizzato manifestazioni e presidi in numerose città indiane, ma ha spinto anche il premier Modi ad esprimersi sul Manipur, rompendo un lungo silenzio. "L’incidente copre di vergogna l’India", ha tuonato il premier, promettendo punizioni esemplari per i colpevoli. Mentre il video circolava sui social, a dispetto dell’invito del governo a cancellarlo, la polizia ha annunciato di avere arrestato due uomini, "riconosciuti nelle immagini". Tra toni accesi, interruzioni e sospensioni, lo scandalo ha monopolizzato anche il dibattito al Parlamento indiano, dove proprio oggi riprendevano i lavori della sessione del monsone. Le opposizioni hanno ritenuto insufficienti le parole del premier. Il presidente del partito del Congresso Karghe ha attaccato Modi dicendo che spera di cavarsela "con poche parole, dopo oltre due mesi e mezzo di silenzio"; mentre il governatore di Delhi Kejriwal ha rincarato la dose osservando che "il premier ha visitato molti Paesi del mondo ma non ha trovato il tempo di recarsi nello Stato nordorientale da due mesi in fiamme".
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Il primo ministro indiano, Narendra Modi

Le parole del premier

“L’intero Paese è stato disonorato”. Lo ha dichiarato il primo ministro indiano, Narendra Modi, rompendo dopo mesi il silenzio sul sanguinoso conflitto etnico che infuria nello Stato del Manipur dopo la diffusione di un video, diventato virale, che mostra due donne venire aggredite, spogliate e poi stuprate da un gruppo di persone.
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Alcuni frame del video dell'orrore

Il video della vergogna

Nel video le vittime, che appartengono alla minoranza Kuki, vengono spogliate con la forza da una folla composta da uomini della tribù Meitei. Malgrado i fatti siano avvenuti all’inizio di maggio, solo oggi è stato effettuato il primo arresto. Intervenendo alla sessione di apertura del Parlamento, Modi è intervenuto sugli incidenti che minacciano di trascinare il Manipur in una guerra civile, con decine di case vandalizzate e bruciate durante gli scontri etnici. “Voglio assicurare alla Nazione che nessun colpevole sarà risparmiato - ha scandito il primo ministro indiano - Quello che è successo alle figlie di Manipur non potrà mai essere perdonato. Mentre mi trovo in questo tempio della democrazia, il mio cuore è pieno di dolore e rabbia”. Modi, evidenzia il Guardian, è stato criticato per essere rimasto in silenzio sul conflitto scoppiato tra le comunità tribali all’inizio di maggio e che da allora ha causato più di 140 persone, per lo più appartenenti alla comunità di minoranza Kuki, con interi villaggi rasi al suolo e più di 60mila persone sfollate. Una delle vittime nel video ha detto al Guardian di essere rimasta traumatizzata dagli eventi accaduti. Ha raccontato di come lei ed altre persone fossero scappate dal loro villaggio, che era stato saccheggiato e dato alle fiamme da una folla di Meitei, quando sono stati attaccati da un’altra banda.

La testimonianza

“Io e un’altra ragazza siamo state portate via - ha detto - . Ci hanno circondato e ci hanno detto di toglierci tutti i vestiti. Ho provato a supplicarli di lasciarci in pace, ma ci hanno avvertito che saremmo state uccise se non avessimo obbedito. Siamo state portate in un campo vicino. Non voglio entrare nei dettagli, ma dopo ci hanno lasciato andare”. Il video ha anche attirato feroci critiche da parte della Corte suprema, che lo ha definito “profondamente inquietante” e un “grosso fallimento costituzionale”. Diversi ministri del governo di Modi hanno condannato l’incidente. Smriti Irani, la ministra per le Donne, l’ha definito “decisamente disumano” e ha promesso che i colpevoli sarebbero stati assicurati alla giustizia.
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Manipur in fiamme dopo la diffusione del video dell’orrore

Situazione fuori controllo

È oramai fuori controllo lo scontro tribale nello Stato indiano del Manipur al confine con Myanmar, un conflitto sanguinario tra la maggioranza induista dei Meitei che popola le valli più prospere e i Kuki prevalentemente cristiani che abitano nelle montagne. Un conflitto religioso e tribale con omicidi da entrambe le parti in nome di privilegi - come il mantenimento di equilibri e distanze - realizzati durante una serie di attacchi e battaglie che in due mesi hanno lasciato a terra 130 morti, causando 35 mila sfollati.