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Iran, la sorella di Khamenei, rinnega il fratello: “Sto con le madri in lutto e le donne iraniane"

Badri Hossein Khamenei ha pubblicato una lettera in cui si augura “presto la vittoria del popolo e il rovesciamento di questa tirannia al potere”

di LETIZIA CINI -
7 dicembre 2022
Badri Hossein Khamenei

Badri Hossein Khamenei

Iran, Badri Hossein Khamenei, la sorella della Guida suprema della Repubblica islamica Ali Khamenei, ha pubblicato una lettera in cui si augura “presto la vittoria del popolo e il rovesciamento di questa tirannia al potere”. Nella lettera pubblicata sull’account twitter di suo figlio e rilanciata da alcuni media, Badri Khamenei critica il fratello affermando che “il regime della Repubblica islamica non ha portato altro che sofferenza e oppressione per l’Iran e gli iraniani. Il popolo dell’Iran merita libertà e prosperità e la loro insurrezione è legittima e necessaria per ottenere i loro diritti”.
Ali Khamenei

Ali Khamenei, Guida suprema della Repubblica islamica

E ancora, la sorella di Khamenei accusa suo fratello: “Sto con le madri in lutto e le donne iraniane. Le guardie rivoluzionarie e i mercenari di Ali Khamenei depongano le armi e si uniscano al popolo, prima che sia troppo tardi”. "Molte volte ho portato la voce del popolo alle orecchie di mio fratello Ali Khamenei decenni fa - le parole della sorella della Guida suprema della Repubblica islamica Ali Khamenei - . Ma dopo aver visto che non ha ascoltato e ha continuato la strada di Khomeini nel sopprimere e uccidere persone innocenti, ho interrotto il mio rapporto con lui". Nella lettera, Badri Khamenei si dissocia dalle “atrocità” e invita le Guardie della rivoluzione ad “abbandonare le armi il prima possibile e ad unirsi al popolo prima che sia troppo tardi”. La Guida suprema Ali Khamenei “non ascolta la voce del popolo iraniano e al contrario ritiene che la voce del popolo sia quella dei suoi mercenari”, si legge nel testo dove Badri Khamenei esprime “simpatia per tutte le madri che hanno perso i loro figli negli ultimi quarant’anni e sono state sottoposte alle atrocità, alla tirannia e alle bugie del regime della Repubblica islamica, dal periodo di Ruhollah “Khomeini fino all’attuale califfato oppressivo di Ali Khamenei”, si legge nella lettera, scritta a Teheran ma pubblicata dal figlio Moradkhani, che vive in Francia. Il monito agli studenti
Una studentessa iraniana Asra Panahi, di 16 anni, è morta dopo un pestaggio da parte delle forze di sicurezza perché, assieme ad altre compagne di classe, si era rifiutata di cantare un inno dedicato alla Guida suprema dell’Iran, Ali Khamenei. Lo denuncia su telegram il Consiglio di Coordinamento del sindacato degli insegnanti iraniano secondo cui varie ragazze sono state trasferite in ospedale dopo il pestaggio, avvenuto in una scuola di Ardabil, nel nord ovest del Paese, dopo un raid da parte delle forze di sicurezza che le hanno costrette a intonare una lode a Khamenei. Una studentessa iraniana sarebbe stata picchiata a morte in classe per essersi rifiutata di cantare un inno a favore della Repubblica islamica. Lo ha denunciato su Telegram il Consiglio di coordinamento dei sindacati degli insegnanti in Iran, secondo cui la vittima, la 16enne Asra Panahi, sarebbe stata picchiata insieme a diverse compagne di classe dalle forze di sicurezza durante un blitz effettuato il 13 ottobre al liceo femminile ‘Shahed’ di Ardabil, nel nord-ovest dell’Iran, mentre non si placano le proteste antigovernative a livello nazionale scatenate dalla morte di Mahsa Amini. Secondo la fonte, diverse ragazze sono state ricoverate in ospedale a seguito del blitz e un certo numero sono state arrestate. Asra sarebbe morta per le ferite riportate. Le autorità iraniane hanno negato ogni responsabilità e successivamente un uomo, identificato come lo zio della 16enne, è apparso sulla tv di Stato affermando che la nipote sarebbe morta per una patologia cardiaca congenita. Per l’ong con sede a Oslo Iran Human Rights finora sono 215, tra cui 27 minorenni, le persone morte nella brutale repressione delle proteste da parte delle forze di sicurezza. Asra Panahi, di 16 anni, morta dopo un pestaggio da parte delle forze di sicurezza perché, assieme ad altre compagne di classe, si era rifiutata di cantare un inno dedicato alla Guida suprema dell’Iran, Ali Khamenei Asra e le sue compagne di classe non avevano nessuna intenzione di intonare un inno in onore della Guida Suprema dell’Iran, il grande ayatollah Ali Khamenei. Indispettiti dal rifiuto, gli agenti delle forze di sicurezza le hanno picchiate selvaggiamente. Alcune studentesse del liceo “Shahed” di Ardabil, una città del Nord-Ovest vicina al mar Caspio, sono finite in ospedale, altre in carcere. Asra Panahi, 16 anni, è morta un giorno dopo, il 14 ottobre, per le ferite subite nell’inatteso e impari scontro. La notizia è emersa grazie al Consiglio di coordinamento dei docenti iraniani, un sindacato dei professori che ha denunciato più volte l’arresto di suoi aderenti durante le proteste di massa innescate dal fermo e dalla tragica fine di Mahsa Amini, la donna curda di 22 anni che secondo la “polizia per la prevenzione del vizio e per la diffusione della virtù” indossava il velo lasciando parzialmente scoperti i capelli. Naturalmente le autorità della teocrazia respingono ogni responsabilità. Per il prossimo fine settimana sono previste altre manifestazioni. Seguendo un copione ormai consolidato, un uomo identificato come lo zio di Asra è apparso sui canali televisivi di Stato e ha dichiarato che la nipote è stata stroncata da un difetto cardiaco congenito. Esattamente come accadde per Mahsa Amini, arrestata a Teheran il 13 settembre. Nei giorni scorsi le autorità hanno ordinato raid e incursioni nelle scuole di tutto il Paese. Molti studenti sono stati fermati e caricati su auto in sosta vicino alle loro aule. In diverse occasioni i poliziotti hanno sparato gas lacrimogeni. Il sindacato dei docenti ha condannato le «brutali e disumane incursioni» e ha chiesto le dimissioni del ministro dell’istruzione Yousef Nouri. Una studentessa di 19 anni, che il quotidiano britannico The Guardian identifica come Nergis, avvertendo però che è un nome di fantasia, sostiene che la morte di Asra Panahi, di Nika Shahkarami, 17 anni, e di Sarina Esmailzadeh, 16 anni, tutte finite per loro sventura nelle grinfie delle forze di sicurezza, motiva lei e i suoi coetanei a non mollare. Nergis è stata colpita alle gambe e alla schiena con proiettili di gomma, ma non demorderà. «L’intera nazione – spiega – si è svegliata e si riconosce in una causa comune. Non è questione solo della fine di Asra Panahi. La Repubblica Islamica sta uccidendo la nostra gente da quaranta anni, ma nessuno sentiva le nostre voci. Facciamo sapere al mondo che questa non è più solo una protesta, ma che ci battiamo per una rivoluzione. Ora che tutti ci state ascoltando non ci fermeremo». «Adesso – insiste e precisa – sappiamo quello che prima ci sfuggiva e cioè che siamo tutti uniti, compresa la gente del Balucistan e delle regioni curde. Il mondo ha conosciuto i casi di Nika, di Sarina e di Asra, ma ci sono anche altre vicende di adolescenti dei quali non si è mai parlato».

La studentessa iraniana Asra Panahi, di 16 anni è morta dopo un pestaggio da parte delle forze di sicurezza perché, assieme ad altre compagne di classe, si era rifiutata di cantare un inno dedicato alla Guida suprema dell’Iran, Ali Khamenei

I commenti

“La protesta è diversa dalla rivolta”, ha commentato il presidente della Repubblica islamica dell’Iran Ebrahim Raisi, durante un incontro all’università di Teheran in occasione della Giornata dello studente. Lo riporta Bbc Persia. “Non c’è nessun problema nel protestare”, ha detto Raisi agli studenti, “porta alla riforma. Ma il disturbo e la distruzione sono diversi dalla protesta”. Gli Stati Uniti - ha continuato Raisi - “vogliono che la rivolta in Iran porti alla distruzione del Paese”. Mentre il presidente si trovava nell’ateneo ci sono state manifestazioni. Alcuni studenti sono stati picchiati.

Terzo giorno di sciopero

Intanto si è arrivati al terzo giorno di sciopero. I negozianti tengono le serrande abbassate in segno di protesta. La magistratura iraniana sta sigillando negozi e imprese che aderiscono allo sciopero e la polizia esegue arresti tra chi protesta. Ma la serrata si è estesa a 40 città iraniane, tra cui la capitale. Il sindaco di Teheran Alireza Zakani ha accusato gli studenti dell’Università Sharif che manifestano di essere ‘traditori’.

Il precedente

Farideh Moradkhani e la guida suprema iraniana Ayatollah Khomenei

Farideh Moradkhani e la guida suprema iraniana Ayatollah Khomenei

Alla fine di novembre 2022  Farideh Moradkhani, nipote della Guida Suprema iraniana Ayatollah Ali Khamenei, è stata arrestata dopo aver chiesto ai governi stranieri di tagliare tutti i legami con il regime iraniano. Ad annunciarlo è stato il fratello, Mahmoud Moradkhani: su Twitter ha scritto che la giovane è stata arrestata mercoledì scorso, quando si è recata presso l’ufficio del procuratore in risposta a un ordine del tribunale. In una dichiarazione video condivisa dallo stesso Mahmoud prima del fermo, Moradkhani ha invitato le persone di tutto il mondo a sollecitare i loro governi a tagliare i legami con la Repubblica Islamica nel contesto delle proteste che stanno attraversando la nazione, a chiedere alle istituzioni di interrompere qualsiasi rapporto con questo regime”. “Oh, gente libera, siate con noi e dite ai vostri governi di smettere di sostenere questo regime assassino, che uccide i bambini. Questo regime non è fedele a nessuno dei suoi principi religiosi e non conosce alcuna legge o regola se non quella della forza e del mantenimento del potere in ogni modo possibile”, ha detto. “In questo momento storico così cruciale, tutta l’umanità sta osservando che il popolo iraniano, a mani vuote, con un coraggio e un’audacia esemplari, sta combattendo contro le forze del male“, ha aggiunto. “In questo momento, il popolo iraniano sta portando da solo il peso di questa grave responsabilità, pagando con la propria vita“. Farideh Moradkhani ha spiegato anche che i cittadini iraniani sono ‘in guerra’ anche con gli Stati che sostengono il regime iraniano e ha invitato i Paesi democratici a richiamare i loro rappresentanti dall’Iran e ad espellere i rappresentanti della Repubblica Islamica dalle loro nazioni.