Un tribunale di San Paolo, in Brasile, ha condannato l'attore argentino-brasiliano Juan Darthés a 6 anni di carcere per lo stupro della collega Thelma Fardin, protagonista insieme a lui, negli anni Duemila, della serie tv per ragazzi 'Il mondo di Patty'.
La violenza sessuale sarebbe avvenuta nel 2009, in Nicaragua, al termine della tournée della serie, quando l'attrice aveva 16 anni. Il processo era iniziato nel 2021, quasi tre anni dopo la prima denuncia.
Dopo aver appreso la notizia della condanna contro Darthés, Fardin - divenuta un simbolo del movimento #MeToo - Fardin ha tenuto una conferenza stampa insieme a rappresentanti di Amnesty International.
"Questo è uno scenario al quale quasi non ero preparata perché avevo quasi perso la speranza e la fiducia nella giustizia. Anche se il mio caso ha avuto giustizia, non è sempre la realtà e deve essere una speranza per tutte le persone, c'è una possibilità di riparazione” è stato il messaggio dell'attrice, oggi 32enne, che sui social si è lasciata andare ad una lunga lista di ringraziamenti: “Non staremo più zitti – ha scritto su Instagram – Grazie a tutte le persone che mi hanno accompagnato, a tutte quelle che mi hanno creduto e sostenuto. Non ho mai cercato una rivincita, volevo solo dare giustizia e riparazione a quella bambina che ero”.
Una ricerca, quella di Fardin, per nulla facile e che accomuna purtroppo molte vittime di violenza. “Mi hanno detto di andare in tribunale e sono andata. Ho viaggiato da un capo all’altro, sono andata in Nicaragua, mi sono sottoposta a infinite perizie – continua nello sfogo – Abbiamo dovuto cercare giustizia in Brasile dove il mio aggressore è fuggito. Siamo andati alla cooperazione internazionale e oggi abbiamo ottenuto una sentenza storica che crea un precedente per molte altre vittime. Ma la giustizia – aggiunge aprendo un’amara riflessione – la costruiamo tra tutti, per questo è fondamentale che se qualcuno ti racconta la sua storia, il suo dolore, non lo giudichi, non lo ritenga responsabile. Abbiamo bisogno di empatia per poter permettere a più persone di parlare. I pregiudizi sono sempre stati sulle vittime, quando il processo deve essere solo sui colpevoli”.