Avete presente il riso con cui cucinate prelibati primi piatti, i pomodori tanto amati da noi italiani e italiane, la frutta che portate in tavola a fine pasto o che date ai vostri figli per merenda? Ecco fermatevi un attimo, solo uno, a pensare da dove potrebbe arrivare quella banana, o quelle fragole che tanto piacciono ai più piccoli.
A meno che non compriate dal contadino di fiducia, che va a raccogliervi i frutti del suo duro lavoro direttamente dal campo, oppure da aziende agricole a chilometro zero, investendo i vostri risparmi alla causa della sostenibilità, può darsi che vi siate più volte imbattuti in prodotti che invece di sostenibile – in quanto almeno a rispetto dei diritti fondamentali dei lavoratori – non hanno nemmeno l’ombra.
Da un’analisi di Coldiretti Toscana, diffusa in occasione della Giornata mondiale contro il lavoro minorile (che ricorre oggi, 12 giugno), promossa dall’Organizzazione internazionale del lavoro, emerge infatti che sette bambini su dieci, tra coloro che nel mondo lavorano – già questo è da condannare –, vengono sfruttati nei campi per produrre il cibo che spesso arriva sulle tavole europee, all’insaputa dei cittadini. Esatto, proprio quelle prelibatezze che spesso acquistiamo perché ci piacciono tanto, senza controllare magari la provenienza.
Prodotti coltivati e raccolti dai minori spacciati per italiani
Dalle banane dal Brasile al riso birmano, passando dalle nocciole turche ai fagioli messicani fino ad arrivare al pomodoro cinese fino, alle fragole dall’Argentina e ai gamberetti tailandesi. Secondo l’analisi della Coldiretti, basata sui dati del Dipartimento del lavoro Usa, sono tanti i prodotti alimentari che ogni giorno finiscono prima nei supermercati e poi sulle nostre tavole dopo essere stati coltivati e ottenuti grazie all’impiego di minori, dal Sudamerica all’Asia fino alla vicina Turchia.
Prodotti che a volte finiscono per essere spacciati per italiani dopo lavorazioni anche minime, grazie all’attuale codice doganale sull’origine dei cibi che permette questo vero e proprio furto d’identità. Uno scandalo contro il quale la stessa Coldiretti ha avviato una mobilitazione per cambiare le regole e affermare in Europa il principio di reciprocità, assicurando che dietro ai cibi che arrivano sulle tavole ci sia un percorso di qualità che riguardi la tutela dei minori, oltre che del lavoro, dell’ambiente e della salute.
La svolta dell’Ue contro il fenomeno del lavoro forzato
Una prima risposta è arrivata con l’approvazione, da parte del Parlamento Europeo, del regolamento proposto dalla Commissione per vietare l’accesso al mercato comunitario alle merci ottenute dal lavoro forzato, che include anche quello minorile. L’accordo attende ora l’ok del Consiglio Ue. “Una svolta importante che deve ora valere anche negli accordi commerciali che, in questi anni, hanno favorito l’importazione agevolata anche in Italia di prodotti agroalimentari che sono ottenuti dallo sfruttamento dei bambini – ricorda Coldiretti Toscana –come il riso del Vietnam o della Birmania o i fiori dell’Ecuador. Un pericolo legato anche al Mercosur, l’accordo di libero scambio che l’Unione Europea sta trattando con i Paesi sudamericani (Argentina, Brasile, Paraguay, Uruguay e Venezuela) su alcuni dei quali gravano pesanti accuse proprio per sfruttamento del lavoro minorile”.
“Se per l’Argentina – conclude Coldiretti Toscana – sono segnalati preoccupanti casi dalla produzione di uva, fragole, mirtilli e aglio, per il Brasile le ombre riguardano l’allevamento bovino e quello di polli, oltre alle banane, al mais e al caffè, mentre per il Paraguay problemi ci sono per lo zucchero di canna, i fagioli, la lattuga”.