Licenziata perché incinta fa causa alla scuola ma perde: "Victoria non era sposata"

La sentenza della Corte Suprema del New Jersey: "Provvedimento legittimo. La maestra ha fatto sesso prima del matrimonio". Maxi risarcimento invece per la manager liquidata da Starbucks in quanto "bianca"

di LETIZIA CINI
18 agosto 2023

Victoria Crisitello ha violato il codice etico della scuola facendo sesso prima del matrimonio ha perso il lavoro ma è diventata felicemente mamma

Licenziata perché incinta, una maestra di scuola statunitense ha fatto causa all’istituto religioso nel quale insegnava ma il tribunale le ha dato torto stabilendo che è stato tutto lecito.
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L'insegnante con il compagno (fonte Facebook)

La decisione della Corte Suprema del New Jersey trova fondamento nelle stesse regole che la scuola si era data e ha stabilito che in effetti la maestra Victoria Crisitello ha violato il codice etico della scuola facendo sesso prima del matrimonio. L’istituto infatti è il St. Theresa School di Kenilworth, una scuola cattolica che tra le proprie regole interne impone ai dipendenti di osservare i dettami della religione tra cui appunto il non fare sesso fuori dal matrimonio.
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Essendo rimasta incinta senza sposarsi, la maestra di fatto ha violato il codice etico interno

Essendo rimasta incinta senza sposarsi, la maestra di fatto ha violato il codice etico interno. I fatti oggetto di sentenza risalgono a diversi anni fa quando alla donna, che aveva iniziato come semplice educatrice nella scuola, il preside aveva chiesto di insegnare arte a tempo pieno. A quel punto la donna, che non era sposata, ha rivelato di essere incinta: la brutta sorpresa è arrivata poco dopo quando all'insegnante viene comunicato la violazione del codice etico della scuola e il relativo licenziamento. La maestra quindi ha intentato una causa nell’aprile 2014 contro la St. Theresa School, per presunte violazioni della legge sui diritti civili. Victoria Crisitello ha sostenuto che il suo licenziamento era un “‘semplice pretesto per la gravidanza e la discriminazione sullo stato civile”, secondo la causa. Dopo vari ricorsi, lunedì la Corte Suprema del New Jersey si è pronunciata a favore della scuola. La Corte suprema ha ritenuto invece che le entità religiose possono utilizzare i principi religiosi come eccezioni al diritto del lavoro statale ed era un “fatto incontrovertibile” che la scuola seguisse i principi religiosi della Chiesa cattolica.
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Secondo la scuola Victoria Crisitello ha violato il codice etico della scuola facendo sesso prima del matrimonio

Le motivazioni della St. Theresa School

La St. Theresa School ha sostenuto che la gravidanza di Crisitello violava i termini del suo contratto di lavoro, che richiedeva “ai dipendenti di aderire agli insegnamenti della Chiesa cattolica e di astenersi dal sesso prematrimoniale”, come affermano i documenti del tribunale. La maestra al momento della sua assunzione iniziale infatti aveva firmato un modulo in cui affermava di volersi conformare al codice di condotta della scuola. “Siamo delusi dalla decisione ma siamo grati che la sua portata sia ristretta e non influirà sulle importanti protezioni che la legge contro la discriminazione prevede per la stragrande maggioranza degli abitanti del New Jersey”, ha dichiarato un portavoce dell’Ufficio del procuratore generale.

La delusione della futura mamma, l'esultanza della scuola

Delusione anche da parte dei legali della donna. Mentre soddisfazione e stata espressa dai rappresentanti della scuola che hanno dichiarato: “Siamo lieti che la Corte Suprema abbia sostenuto i diritti dei datori di lavoro religiosi di agire in conformità con i loro principi religiosi”.

Licenziata perché bianca, da Starbucks: maxi risarcimento

Opposta la sentenza che coinvolge Starbucks: la catena di caffè statunitense dovrà pagare altri 2,7 milioni di dollari a un ex manager in Pennsylvania, Shannon Phillips che era stata licenziata cinque anni fa in un caso di discriminazione razziale.
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L'incidente del 2018 ha rappresentato un grave danno d'immagine per la catena di caffè, che ha immediatamente cambiato la sua politica

Lo ha deciso un giudice federale secondo quanto riferisce ‘Cbs’. Starbucks era già stato condannato a giugno ad un maxi risarcimento di 25,6 milioni di dollari perché un giudice aveva ritenuto che Phillips era stata licenziata perché ‘bianca’. L’ex manager che lavorava in un Starbucks a Filadelfia nel 2018 era stata licenziata mentre il direttore del negozio, che era nero, aveva mantenuto il suo lavoro. Nel 2018 a un uomo nero di 20 anni, che era in compagnia di un altro, era stato negato il permesso di usare il bagno perché non aveva comprato nulla. Rashon Nelson e Donte Robinson, questo i nomi dei due protagonisti, avevano spiegato che erano lì per un incontro di lavoro e stavano aspettando qualcuno. Quando si sono rifiutati di andarsene, il personale aveva chiamato la polizia, che arrivata sul posto aveva ammanettato i due scortandoli fuori dal negozio. I loro arresti che sono stati ripresi in un video e condiviso online avevano scatenato delle proteste che avevano obbligato Starbucks a chiudere tutti i suoi 8.000 punti vendita negli Stati Uniti per un giorno per tenere corsi di formazione anti-pregiudizio per i suoi lavoratori. In seguito a questa decisione Phillips era stata licenziata mentre il direttore del negozio dove era accaduto l’incidente ha mantenuto il suo lavoro. Phillips aveva citato in giudizio Starbucks nel 2019, sostenendo che la razza era stata un fattore determinante nel suo licenziamento.

La vicenda

Phillips, che ha lavorato in Starbucks per circa 13 anni e ha gestito una divisione di negozi nell'area, è stata 'scaricata' dal noto marchio di caffè statunitense (diffuso in tutto il mondo) dopo l'arresto di due uomini neri in un esercizio di Philadelphia nell'aprile 2018.

Il verdetto di questa settimana è l'ultimo sviluppo di una vicenda che ha scatenato molte proteste e indignazione. Cinque anni fa ai due uomini era stato chiesto di lasciare la caffetteria dopo essersi seduti a un tavolo senza ordinare nulla. Dopo che questi si erano rifiutati di andarsene perché stavano aspettando un collega di lavoro, erano stati scortati fuori dalla caffetteria in manette, perché un responsabile del negozio aveva chiamato la polizia. In seguito i due hanno raggiunto un accordo con Starbucks e la città di Filadelfia(dove si è svolto il fatto).

Provvedimento ingiusto

In una causa intentata per la prima volta nel 2019, Shannon Phillips ha denunciato che l'azienda l'ha discriminata a causa della sua razza quando è stata licenziata. Nelle carte si legge che, dopo l'arresto, Starbucks "ha preso provvedimenti per punire i dipendenti bianchi (anche quelli) che non erano coinvolti ma che lavoravano a Filadelfia, nel tentativo di convincere la comunità di aver risposto correttamente all'incidente".
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Dopo l'arresto di due uomini afroamericani Shannon Philips è stata licenziata, secondo l'azienda, per mancanza di leadership nel gestire la situazione

La dirigente, che all'epoca supervisionava varie divisioni tra cui quella della città della dichiarazione di Indipendenza, ha spiegato che l'azienda le aveva ordinato di mettere in congedo amministrativo un lavoratore come parte di questi sforzi, a causa di un presunto comportamento discriminatorio che Phillips sapeva essere inventato. Dopo il tentativo di difesa del dipendente, l'azienda l'aveva mandata via. Con la nuova sentenza, la catena di caffè statunitense dovrà pagare altri 2,7 milioni di dollari alla ex manager, che era stata licenziata cinque anni fa in un caso di discriminazione razziale.