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Home » Attualità » Bielorussia, l’attivista per i diritti umani Marfa Rabkova condannata a 15 anni di carcere

Bielorussia, l’attivista per i diritti umani Marfa Rabkova condannata a 15 anni di carcere

Sei anni di prigione per il collega Andrei Chapyuk. Amnesty International denuncia: "Sistematica repressione della società civile e degli attivisti"

Domenico Guarino
14 Settembre 2022
La difensora dei diritti umani Marfa Rabkova (Instagram)

La difensora dei diritti umani Marfa Rabkova (Instagram)

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“Aver organizzato, preso parte e addestrato altre persone a partecipare a rivolte di massa”, “aver incitato all’odio sociale nei confronti del governo” ed “essere coinvolta in un’organizzazione criminale”. Sono queste le accuse che hanno portato in carcere Marfa Rabkova, attivista bielorussa che si batte per la difesa dei diritti umani. Con lei, condannato anche Andrei Chapyuk, giudicato colpevole di “aver partecipato a rivolte di massa” e di “essere coinvolto in un’organizzazione criminale”.

La difensora dei diritti umani Marfa Rabkova a 15 anni di carcere (Instagram)
La difensora dei diritti umani Marfa Rabkova a 15 anni di carcere (Instagram)

Sono solo gli ultimi episodi di repressione del dissenso e dei diritti umani in Bielorussia. La decisione è stata resa nota il 6 settembre scorso. Secondo quanto denuncia Amnesty International – che continua a chiedere alle autorità bielorusse di scarcerare immediatamente tutte le persone imprigionate solo per aver esercitato pacificamente i loro diritti umani – Marfa Rabkova è stata condannata a 15 anni di carcere, Chapyuk, a sei anni. Con loro, condanne dai 5 ai 17 anni anche per altri otto imputati nello stesso processo: Akihiro Haeuski-Hanada, Alyaksandr Frantskevich, Alyaksei Galauko, Alyaksandr Kazlyanka, Pavel Shpetny, Mikita Dranets, Andrei Marach e Daniil Chul.

 

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Rabkova e Chapyuk erano volontari dell’organizzazione per i diritti umani “Viasna”, messa al bando. Erano stati arrestati rispettivamente il 17 settembre e il 2 ottobre 2020 per aver documentato le gravi violazioni dei diritti umani verificatesi a seguito del contestato esito delle elezioni presidenziali di agosto. Per Amnesty “la persecuzione nei loro confronti, come nei confronti di tanti altri dissidenti, fa parte della sistematica repressione della società civile e degli attivisti per i diritti umani in corso dalle proteste post-elettorali dell’agosto 2020. Non hanno commesso alcun crimine e dovrebbero essere immediatamente rilasciati”.

 

La relatrice speciale dell'Onu per la Bielorussia, Anaïs Marin
La relatrice speciale dell’Onu per la Bielorussia, Anaïs Marin

Un anno fa la relatrice speciale dell’Onu per la Bielorussia, Anaïs Marin, ha presentato un report nel quale si denunciavano “crimini senza precedenti in quanto a dimensione e gravità”, compiuti l’ultimo anno da parte delle autorità, invitando il governo di Alexander Lukashenko a porre fine alla repressione e a “rispettare scrupolosamente le legittime aspirazioni del popolo bielorusso”. Secondo il report migliaia di cittadini erano stati costretti a lasciare il Paese per cercare sicurezza all’estero, affermando che “nessun oppositore al governo è al sicuro, in nessuna parte”. Lo studio, seguito dal Consiglio per i diritti umani dell’Onu, sosteneva inoltre che “la violenza della polizia è generalizzata contro i manifestanti, e si sono registrati diversi casi di sequestri, accuse di tortura e maltrattamenti, così come intimidazioni contro rappresentanti della società civile”.

“Le autorità bielorusse hanno lanciato un attacco totale contro la società civile – spiegava Marin durante la presentazione del report – tagliando i diritti e le libertà delle persone, e perseguitando i difensori dei diritti umani, giornalisti, avvocati e professionisti dell’informazione”. In quell’occasione Marin denunciò anche le mancanze nel sistema educativo nei confronti delle minoranze etniche, e delle persone che vivono in zone rurali: “Chiedo alle autorità bielorusse di porre fine alla politica di repressione, liberare immediatamente e incondizionate i detenuti in forma arbitraria e garantire il pieno rispetto ai diritti umani e le aspirazioni democratiche legittime del popolo bielorusso. L’isolamento del Paese potrebbe avere conseguenze disastrose”.

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La difensora dei diritti umani Marfa Rabkova a 15 anni di carcere (Instagram)
La difensora dei diritti umani Marfa Rabkova a 15 anni di carcere (Instagram)
Sono solo gli ultimi episodi di repressione del dissenso e dei diritti umani in Bielorussia. La decisione è stata resa nota il 6 settembre scorso. Secondo quanto denuncia Amnesty International - che continua a chiedere alle autorità bielorusse di scarcerare immediatamente tutte le persone imprigionate solo per aver esercitato pacificamente i loro diritti umani - Marfa Rabkova è stata condannata a 15 anni di carcere, Chapyuk, a sei anni. Con loro, condanne dai 5 ai 17 anni anche per altri otto imputati nello stesso processo: Akihiro Haeuski-Hanada, Alyaksandr Frantskevich, Alyaksei Galauko, Alyaksandr Kazlyanka, Pavel Shpetny, Mikita Dranets, Andrei Marach e Daniil Chul.
 
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La relatrice speciale dell'Onu per la Bielorussia, Anaïs Marin
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Un anno fa la relatrice speciale dell’Onu per la Bielorussia, Anaïs Marin, ha presentato un report nel quale si denunciavano “crimini senza precedenti in quanto a dimensione e gravità”, compiuti l’ultimo anno da parte delle autorità, invitando il governo di Alexander Lukashenko a porre fine alla repressione e a “rispettare scrupolosamente le legittime aspirazioni del popolo bielorusso”. Secondo il report migliaia di cittadini erano stati costretti a lasciare il Paese per cercare sicurezza all’estero, affermando che “nessun oppositore al governo è al sicuro, in nessuna parte”. Lo studio, seguito dal Consiglio per i diritti umani dell’Onu, sosteneva inoltre che “la violenza della polizia è generalizzata contro i manifestanti, e si sono registrati diversi casi di sequestri, accuse di tortura e maltrattamenti, così come intimidazioni contro rappresentanti della società civile”. “Le autorità bielorusse hanno lanciato un attacco totale contro la società civile – spiegava Marin durante la presentazione del report - tagliando i diritti e le libertà delle persone, e perseguitando i difensori dei diritti umani, giornalisti, avvocati e professionisti dell’informazione”. In quell’occasione Marin denunciò anche le mancanze nel sistema educativo nei confronti delle minoranze etniche, e delle persone che vivono in zone rurali: “Chiedo alle autorità bielorusse di porre fine alla politica di repressione, liberare immediatamente e incondizionate i detenuti in forma arbitraria e garantire il pieno rispetto ai diritti umani e le aspirazioni democratiche legittime del popolo bielorusso. L’isolamento del Paese potrebbe avere conseguenze disastrose”.
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