C'è la persona al centro del
discorso di fine anno del presidente
Sergio Mattarella. La persona con la sua dignità. Senza nessun tipo di discriminazione, anzi con un'attenzione particolare alle fragilità del Paese, a chi si sente a suo modo messo in un angolo: giovani, anziani, donne, poveri, immigrati. Un discorso che riporta a quel senso di
umanità troppo spesso dimenticato e sottovalutato. Mattarella ci parla di pace, nominandola almeno una decina di volte, di rispetto, di diritti in tutte le declinazioni, di libertà e partecipazione (come cantava Gaber).
La cultura della pace
In piedi, al centro dello stanza, con lo sguardo ben fermo alla telecamera così da arrivare in tutte le case degli italiani, il presidente condanna con fermezza la guerra e ogni tipo di violenza. Non solo quelle più grandi, combattute oggi in Ucraina e in Medio Oriente, ma anche quelle più piccole, silenziose e quotidiane che minano costantemente la pacifica convivenza tra persone prima e tra popoli poi.
Il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, durante il discorso di fine anno, 31 dicembre 2023. (Frame Rai1)
"La guerra - sottolinea - non nasce da sola. Nasce da quel che c'è nell'animo degli uomini. Dalla mentalità che si coltiva. Dagli atteggiamenti di violenza, di sopraffazione, che si manifestano. È indispensabile fare spazio alla cultura della pace. Alla mentalità di pace". Che non è, come ricorda lui stesso, "astratto buonismo. Al contrario, è il più urgente e concreto esercizio di realismo" e soprattutto "volere la pace non è neutralità; o, peggio, indifferenza, rispetto a ciò che accade: sarebbe ingiusto, e anche piuttosto spregevole. Perseguire la pace vuol dire respingere la logica di una competizione permanente tra gli Stati". Mattarella parte da ciò che accade in
Ucraina e in
Medio Oriente, mette in guardia dal "rischio concreto di abituarsi a questo orrore. Alle morti di civili, donne, bambini" per poi ricordare quello che tutti possono fare nel proprio piccolo: "coltivare la pace significa educare, coltivarne la cultura nel sentimento delle nuove generazioni. Nei gesti della vita di ogni giorno. Nel linguaggio che si adopera. Dipende, anche, da ciascuno di noi" perché "vediamo e incontriamo la violenza anche nella vita quotidiana. Anche nel nostro Paese. Quando prevale la ricerca, il culto della conflittualità" al posto del dialogo.
La lezione sull'amore di Mattarella
Alla fine di un anno in cui la parola chiave è stata
"femminicidio", Mattarella non poteva non spendere due parole sulla questione. Lo fa scegliendo un linguaggio delicato, come lo è il suo destinatario. Si rivolge direttamente ai giovani e lo fa da padre, da nonno: "Cari ragazzi, ve lo dico con parole semplici:
l’amore non è egoismo, possesso, dominio, malinteso orgoglio. L’amore - quello vero - è ben più che rispetto:
è dono, gratuità, sensibilità”.
Sensibilità e rispetto che mancano anche agli adulti e addirittura a chi ricopre cariche politiche e istituzionali, alle quali Mattarella tira elegantemente le orecchie: “Penso alla pessima tendenza di identificare avversari o addirittura nemici. Verso i quali praticare forme di aggressività. Anche attraverso le accuse più gravi e infondate. Spesso, travolgendo il confine che separa il vero dal falso. Queste modalità aggravano la difficoltà di occuparsi efficacemente dei problemi e delle emergenze che, cittadini e famiglie, devono affrontare, giorno per giorno".
I modelli da seguire: Cutro, Casal di Principe...
Sensibilità che per fortuna non manca ad alcuni. Come dimostrano le persone che Mattarella sceglie di nominare e di portare come esempio di umanità, capace a quanto pare di nascere anche in ambienti ostili. Testimoni dei valori della Repubblica sono per lui i cittadini di
Cutro, nella "composta pietà" dimostrata di fronte a chi aveva bisogno di aiuto; sono i tantissimi giovani che nei luoghi devastati dall'alluvione si sono rimboccati le mani con "operosa solidarietà"; sono i ragazzi che
con autismo che lavorano con entusiasmo a Pizza aut. "Promossa da un gruppo di sognatori. Che cambiano la realtà". O di quelli che lo fanno a Casal di Principe, dove viva è ancora la memoria e la lezione di legalità di
don Peppe Diana "Laddove i beni confiscati alla camorra sono diventati strumenti di riscatto civile, di impresa sociale, di diffusione della cultura”. Sono nelle tante donne scese in piazza dopo i tanti episodi di violenza per "ribellarsi a una mentalità di sopraffazione"
Il naufragio sulle coste calabresi nel febbraio 2023 (Photo by Alessandro SERRANO / AFP)
Un'umanità che il presidente spera venga difesa e mantenuta davanti alla rivoluzione tecnologica e all'intelligenza artificiale, “destinata a modificare profondamente le nostre abitudini”, già complicate ogni giorno da: il lavoro che manca, sottopagato, dalla scarsa sicurezza, dalle disuguaglianze che aumentano, dai problemi della sanità con liste d'attesa inaccettabili, dai costi degli alloggi per gli studenti che compromettono il diritto allo studio.
"Libertà è partecipazione"
Quei giovani "disorientati" in "un mondo che disconosce le loro attese". Eppure è proprio di loro, delle loro speranze e della loro capacità di leggere il nuovo, che la società ha bisogno per andare avanti, per districarsi in questo complesso "passaggio epocale". Nel quale è fondamentale la presenza della "partecipazione attiva alla vita civile. A partire dall'esercizio del diritto di voto - dice Mattarella -. Perché
è il voto libero che decide. Non rispondere a un sondaggio o stare sui social. Perché la democrazia è fatta di esercizio di libertà". Il presidente Mattarella punzecchia il Paese sulle sue cattive abitudini, sulle sue arretratezze, ricorda che i diritti umani sono nati prima di tutto, prima dello Stato e che a noi - come la Costituzione insegna - spetta il compito di riconoscerli. Ci pone di fronte alla perdita dei valori e alla decadenza morale, per poi risollevarci con parole ricche di fiducia e ottimismo. "
Non dobbiamo farci vincere dalla rassegnazione. O dall'indifferenza. Non dobbiamo chiuderci in noi stessi per timore che le impetuose novità che abbiamo davanti portino soltanto pericoli". Ma al contrario dobbiamo unirci e insieme "Contribuire alla vita e al progresso della Repubblica, della Patria, non può che suscitare orgoglio negli italiani. Ascoltare, quindi; partecipare; cercare, con determinazione e pazienza, quel che unisce - è il suo auspicio -. Perché la forza della Repubblica è la sua unità. L'unità non come risultato di un potere che si impone".