Maturità 2024: per il ministero sarà un “Capolavoro”. Ma basta il riassunto delle competenze per raccontarsi?

L’elaborato che gli studenti hanno dovuto caricare sulla piattaforma ministeriale, raccontando le competenze acquisite durante gli anni scolastici, sebbene finalizzato a valorizzare i progressi individuali, rischia di rivelarsi discriminante e poco utile

di MARGHERITA AMBROGETTI DAMIANI -
19 giugno 2024
Al via gli esami di Maturità

Al via gli esami di Maturità

Scatta questa mattina la prima prova della Maturità 2024, con la prima prova di italiano. Ma mentre circa 56mila studenti e studentesse si cimentano in una delle tracce proposte, c’è una questione su cui vale la pena soffermarsi, non fosse altro per provare a capire il bivio che la scuola italiana ha imboccato.

Il “Capolavoro”: la novità per la Maturità 2024

Come forse avrete sentito, tra le più importanti novità della maturità 2024 c’è “Capolavoro”, un progetto che ha il compito di raccontare le competenze acquisite e i progressi fatti durante i cinque anni di scuola superiore da studentesse e studenti. Se in questo esatto momento l’immagine che avete di fronte è un grande punto interrogativo nero su sfondo bianco, siete in buona compagnia. In molti si trovano nella medesima situazione, incerti se considerare “Capolavoro” una trovata geniale o l’ennesima idea dalla dubbia utilità formativa. Ma veniamo a noi: ai maturandi è stato chiesto di caricare in un apposito spazio virtuale un elaborato che spieghi il bagaglio acquisito durante il loro percorso scolastico – e non solo –, da sottoporre all’attenzione di docenti e tutor. Se fino a qui la faccenda continua a essere poco chiara, preparatevi al peggio. “Capolavoro” non sarà discusso in sede di esame, ma rappresenterà uno spunto per domande e approfondimenti da parte della commissione. Ciò vuol dire che non sarà valutato, ma, a quanto è dato sapere, avrà lo scopo di rompere il ghiaccio.  

Esami di Maturità
Esami di Maturità

Con un po’ di immaginazione, la sensazione è che si abbia a che fare con una vetrina di sé, attraverso cui mettere in bella vista passioni, competenze ed esperienze. Una prima bozza di curriculum? Più che altro l’estensione diretta di un Instagram a caso in formato tesina che, quando andrà bene, sarà quantomeno verosimile al reale. “Capolavoro” può essere una storia, un articolo, un brano musicale, un disegno, un esperimento. La cosa importante, a prescindere dalla forma espressiva, è che sia in grado di raccontare la studentessa o lo studente titolare dell’opera di grande eccellenza.

Certificare le competenze acquisite

Unica regola da rispettare riguarda l'associazione del “Capolavoro” a una o più competenze tra quelle censite dalla piattaforma, in accordo con il quadro delle competenze europee. Ciò vuol dire che “Capolavoro” ha il compito di testimoniare competenze alfabetico-funzionali, multilinguistiche, relative alla matematica e a scienze e tecnologie, digitali, personali, sociali, relative all’ambito dell’apprendimento, dell’educazione civica, dell’imprenditorialità, della consapevolezza e delle espressioni culturali. Un’opera d’arte, in buona sostanza, che ha il compito di stare in un solco ben delineato e che ha il preciso dovere di dimostrare qualcosa a qualcuno e non di esistere in quanto tale. A dimostrazione di ciò, c’è il fatto che “Capolavoro” è obbligatorio. Studenti e studentesse hanno dovuto caricarlo nell’e-portfolio della piattaforma unica del Ministero dell’Istruzione e del Merito entro i tempi prestabiliti. Alla faccia della libera espressione di sé, verrebbe da aggiungere.

L’esagerazione del titolo e la sottile discriminazione 

Studentessa durante il colloquio individuale all’esame di maturità (foto d’archivio)
Studentessa durante il colloquio individuale all’esame di maturità (foto d’archivio)

Ora che avete appreso le nozioni di base relative a “Capolavoro” e che, probabilmente, esattamente come chi sta scrivendo, ne sapete esattamente come prima, una riflessione è d’obbligo: non sarà mica che il Ministero, in preda all’ansia da prestazione sul fronte della promozione del merito, ha un tantino esagerato a ricorrere alla parola “Capolavoro” per dare un nome a una cosa che ha tutte le sembianze dell’argomento a scelta utile a mettere a proprio agio ragazze e ragazzi?

Ad andare più nel profondo, verrebbe da aggiungere che “Capolavoro” rischia di essere addirittura discriminante: non tutti gli studenti hanno avuto le medesime opportunità – anche economiche – di accedere a esperienze extrascolastiche degne di essere annotate sul foglio bianco del “Capolavoro”. L’idea di una “livella” attraverso cui farsi un’idea delle studentesse e degli studenti sulla base delle loro esperienze non appare come la miglior soluzione per permettere loro di affrontare con scioltezza l’esame di maturità. Al contrario, ha tutta l’aria di essere utile solo a creare disagi personali e relazionali. C’è poi un’ultima questione, la principale: tutti i ragazzi sono un “Capolavoro” e non basta di certo uno spazio bianco da riempire a raccontare le infinite possibilità che sono capaci di essere. Pensare che una ragazza o un ragazzo possano essere chiusi nel confine strettissimo di ciò che hanno fatto per capire chi sono è sbagliato e pericolosamente fuorviante, soprattutto in una società fragile come quella attuale. Nessuno è solo ciò che ha fatto, soprattutto se “Ha diciott’anni, non sa dove aggrapparsi, non sa con chi parlare”, rimanendo nella metafora musicale.

E allora ha ragione Chiara Valerio a dire nel reel dedicato alla maturità che questo “Capolavoro” non solo non la convince, ma proprio non lo capisce. Del resto, trovare un senso a ciò che un senso non ce l’ha non è altro che tempo mal investito. E allora buona prima prova a tutte e a tutti e che i vostri siano capolavori quotidiani, anche quando non sembrano. Che la vita va così, prima e dopo la maturità.