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Nel quadro più generale e tragico dell’Olocausto, c’è stata anche una strage nella strage. Quella delle persone omosessuali. Che insieme agli ebrei, i dissidenti politici, i rom, i sinti, le persone con disabilità psichiche e fisiche facevano parte di quel gruppo sconfinato di uomini e donne che per il regime nazista dovevano essere eliminati, cancellati dalla faccia della terra. Venivano marchiati con un triangolo rosa. E sottoposti a torture, lavori forzati, esperimenti medici. Si calcola che siano state imprigionate non meno di centomila persone, a causa del loro orientamento sessuale. Di queste, circa 15mila furono internate nei campi di concentramento. Ebbero il triste record della mortalità più alta: circa il 60%.
Insomma, solo le morti di membri della comunità Lgbt nei lager furono fra le 6mila e le 9mila. Sabato scorso, nel Giorno della Memoria, ha avuto luogo a Varese la commemorazione delle vittime omosessuali perseguitate dal nazifascismo, alla targa in memoria dei "triangoli rosa" ai Giardini Estensi della città lombarda. Sono intervenuti il presidente di Arcigay Varese Giovanni Boschini, il sindaco Davide Galimberti, Rossella Dimaggio, assessora alle pari opportunità del comune, insieme a rappresentanti dell’Anpi provinciale e di Agedo Varese.
Ritenuti un pericolo per la società e per la "purezza della razza", gli omosessuali tedeschi – e successivamente anche quelli dei Paesi invasi dalla Germania – furono travolti dalla folle selezione razziale, dapprima ricercati e braccati, in seguito aggrediti, perseguitati, sterminati. Quelli italiani dal regime fascista in maniera diversa, meno cruenta ma non per questo meno efficace.
Molti omosessuali furono vittime di pestaggi, purghe all’olio di ricino, licenziati da enti pubblici, spediti al confino, in isole sperdute come Ustica o le Tremiti, o ai lavori forzati nelle miniere di Carbonia. Poi, dopo l’8 settembre, anche per gli omosessuali si aprirono i cancelli dei campi di concentramento tedeschi.
Nel 1934, la Gestapo creò il suo reparto speciale per combattere l’omosessualità. E nello stesso anno Hitler fece uccidere il capo delle SA, le Sturmabteulingen: Ernst Roehm, uno dei suoi fedelissimi, era infatti gay. Nel 1935 in Germania le pene detentive per il reato di omosessualità salirono a dieci anni; in certi casi era prevista anche la prigione a vita. E già nell’autunno 1933 si ha notizia dei primi internati omosessuali nei lager. Molti degli omosessuali prigionieri dei campi di concentramento venivano usati come cavie per esperimenti medici che il più delle volte finivano con la morte. Un dottore delle SS, Carl Vaernet, a Buchenwald, nel folle tentativo di "guarire" i prigionieri omosessuali iniettò loro dosi mostruose di testosterone, provocandone la morte nell’80% dei casi. Nel 1939, Heinrich Himmler – il comandante delle SS – autorizzò la castrazione forzata dei «deliquenti sessuali».
L’iniziativa, organizzata dal Coming – Aut Lgbti+ Community Center, si focalizzerà in particolare sulle leggi razziali del 1938 che in Italia generarono l’esclusione di bambini, bambine e personale docente di origine ebraica da tutte le scuole del Regno. Ma il discorso si allargherà sul rapporto tra l’ambiente scolastico e i bambini con disabilità e sulle donne vittime di violenza.

Furono circa 100mila gli omosessuali coinvolti nelle politiche di sterminio nazista, di cui 15mila finirono nei campi di concentramento
L'Omocausto
Esiste una parola che definisce ciò di cui stiamo parlando. È "Omocausto": lo sterminio, in gran parte dimenticato, degli omosessuali durante il nazismo e il fascismo. Ci sono anche alcuni libri che approfondiscono il tema: "Homocaust" di Massimo Consoli, "Triangolo rosa. La memoria rimossa delle persecuzioni omosessuali" di Jean Le Bitoux, e vari saggi di Giovanni Dall’Orto.
"Homocaust", di Massimo Consoli
La scelta del Fascismo: ignorare l'omosessualità
Non fu pianificato lo sterminio di massa, ma l’ampia discrezionalità delle misure adottate dalle forze di polizia e l’utilizzo frequente del confino inasprì le loro condizioni di vita, già prima della guerra. Ma negli anni del Ventennio, il regime fascista piuttosto che punire apertamente "l'ignobile vizio" preferì ignorarlo. Il codice penale italiano, infatti, non introdusse la penalizzazione della omosessualità. La commissione parlamentare scrisse che "per fortuna ed orgoglio" in Italia non era diffusa. Nei casi in cui dicerie, delazioni, denunce arrivassero al Questore, la polizia interveniva.
Un deportato omosessuale nei lager
La comunità Lgbt in Germania
Paradossalmente, proprio in Germania si era sviluppata una ricca, fiorente comunità omosessuale, a partire dalla fine dell’Ottocento. Erano nate associazioni culturali e politiche che promuovevano il riconoscimento dei diritti Lgbt, e puntavano a fare abrogare il "Paragrafo 175", ovvero la legge del 1871 che puniva l’omosessualità come reato. Fra le associazioni più importanti, il Comitato scientifico umanitario fondato da un medico gay, Magnus Hirschfeld, che nel 1933 – quando Hitler giunse al potere – contava 48.000 iscritti. Ma il partito nazista già da tempo aveva dichiarato ufficialmente queste persone proprie nemiche: intaccavano la "sana mascolinità" della società tedesca e la sua capacità riproduttiva.
Erns Roehm, capo delle SA, fu fatto uccidere da Hitler per il suo orientamento sessuale
"La memoria sono anche io" a Pavia
E questa sera alle 20.45, ancora in Lombardia, ma a Pavia, presso l’Aula Magna dell’Università degli studi, si terrà la 12ª edizione de "La Memoria sono anch’io". La serata – fra testimonianze, racconti, video, danza e musica – vuole stimolare la sensibilità nei confronti delle discriminazioni e delle violenze ancora presenti in molte parti del mondo. Lo scopo è mettere in luce le tragiche conseguenze dello sterminio di comunità considerate pericolose dai regimi nazifascisti, oltre a riflettere sul passato, per evitare che tali errori tragici possano accadere nel futuro.
Il triangolo rosa, simbolo dei deportati omosessuali nei campi di concentramento