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Nei giorni in cui tutti i riflettori sono puntati sul sanguinoso conflitto in Medio Oriente, un’altra tragedia - nel silenzio assordante dei media internazionali - continua a consumarsi nel Mediterraneo. Donne, uomini e bambini ogni giorno tentano di attraversare il deserto e solcare le acque del Mare nostrum nella speranza di un futuro libero da guerre, violenze e fame.
Una situazione drammatica, a cui la comunità internazionale ha dimostrato di non essere in grado di porre rimedio. A fare la propria parte sono le Ong che, in mare come in terra, si adoperano per salvare vite. Per fare luce su ciò che, anche in queste ore, sta succedendo nel Mediterraneo, ne abbiamo parlato con Mattia Ferrari, cappellano di Mediterranea Saving Humans, piattaforma sociale che ha messo in mare la prima – e tuttora unica – nave del soccorso civile battente bandiera italiana, una flotta di cittadine e cittadini pronti a tendere la mano ovunque serva farlo.
“In una società in cui tutto è basato sulla performance, sulla capacità di raggiungere determinati standard e obiettivi, dobbiamo tornare a dare alla vita il suo vero valore. Il paradigma sociale in cui siamo inseriti esclude e non include, respinge e non accoglie. Vale per i migranti come per moltissimi altri pezzi di mondo. Penso, ad esempio, agli anziani, considerati pezzi inutili di un ingranaggio che ha come unico scopo il raggiungimento di traguardi produttivi. Serve interrompere questa catena di vuoto e rimettere al centro l’essere umano. Solo in questo modo riusciremo a combattere l’odio e l’indifferenza".
Ferrari non si esime dall’approfondire una questione che riguarda proprio loro, i giovani: "L’epoca che stiamo vivendo è costellata di modelli tutt’altro che positivi. I giovani sono fortemente messi alla prova da logiche sociali che li vorrebbero capaci di tutto e privi di fragilità. Una costante pressione che li rende ansiosi e pericolosamente impauriti. Mettere in gioco se stessi e farsi concretamente sorelle e fratelli delle persone scartate dalla società è ciò che salva, perché libera dalle prigioni mentali che spesso la stessa società impone e restituisce alla bellezza dell’umanità più profonda e alla bellezza della fraternità vera. La loro voglia di esserci per gli altri senza chiedere nulla in cambio, ciascuno con la propria lingua e la propria cultura, uniti dalla sola volontà di fare la propria parte, è un esempio unico e raro".
Per farlo, secondo il parroco, serve creare una cultura dell’inclusione attraverso percorsi culturali e politici in grado di invertire la rotta e rimettere in asse uno squilibrio sempre più portatore insano di disfunzioni socialmente esplosive. "Serve porre al centro la spiritualità non solo in senso religioso ma anche laico", ha risposto Mattia Ferrari alla domanda sul come fare per aggiustare il tiro. “I nostri attivisti e volontari rispecchiano fedelmente la società e, pur essendocene tanti, non sono a maggioranza cristiana. Molti di loro sono atei o agnostici ma credono fermamente al valore assoluto della fratellanza. Un atteggiamento - spiega - che lascia ben capire quanto sia importante recuperare la sfera dei sentimenti e delle emozioni e posizionarla al centro di ogni ragionamento. Solo in questo modo sarà possibile mettere da parte ogni genere di negativa autoreferenzialità".
La tragedia dei migranti nel Mediterraneo
A pochi giorni dal Natale, al largo della Libia, 61 migranti sono annegati. La loro imbarcazione si è capovolta ed è affondata. Quando l’aereo di Frontex, agenzia europea di controllo delle frontiere, è arrivato sul posto - in acque internazionali - ha avvistato un gommone parzialmente sgonfio e persone in acqua tra onde alte fino a 2,5 metri.
Mattia Ferrari, 30 anni, è cappellano di Mediterranea Saving Humans
Don Mattia Ferrari: "Salvare vite è l'unica cosa da fare"
"Salvare vite è un punto su cui dobbiamo, tutte e tutti, trovarci d’accordo". Ferrari inizia così, senza troppi preamboli, all’insegna della franchezza e della speranza. "Le donne e gli uomini che lasciano la propria casa e attraversano il mare per trovare salvezza sono nostre sorelle e nostri fratelli. Il loro dolore è il nostro dolore. Salvare le loro vite non è solo un dovere civico, è un imperativo morale ed è l’unica cosa da fare". Il racconto del sacerdote è ben saldo a un presente che marginalizza, scarta, attribuisce un valore alla vita umana tenendo conto di parametri che di umano hanno pochissimo.
Un barcone nel Mediterraneo con a bordo migranti
Il collasso e la rinascita dell'Europa: il cambiamento sono i giovani
In un contesto così complesso, don Mattia Ferrari continua a professare speranza, trovando nei giovani e giovanissimi un lumicino che potrebbe cambiare il corso della storia. "In mare si vedono il collasso e la rinascita dell’Europa. Il collasso quando le persone vengono lasciate annegare o vengono fatte deportare nei lager libici. La rinascita (dal basso) grazie alle tantissime persone, soprattutto giovani, provenienti da tutti i Paesi europei, che si uniscono e vanno insieme a salvare persone che sarebbero altrimenti abbandonate al naufragio o respinte".
Il sacerdote affida la sua speranza per una rinascita di spiritualità e fratellanza verso l'altro ai giovani
Il fronte italiano
Sul fronte italiano, Mattia Ferrari si concentra sui salvataggi: “La Guardia Costiera italiana fa un lavoro straordinario. I cittadini italiani in mare applicano pienamente la Costituzione e la onorano senza risparmiarsi. Troppo ancora, però, deve essere fatto sull’enorme tema dell’accoglienza. Il nostro Paese non deve dimenticare di essere erede di Enea e di una storia di fraternità. Le persone provenienti dal Sud del mondo devono essere accolte e non marginalizzate".
Don Mattia e un gruppo di operatori civili di Mediterranea saving humans con Papa Francesco

Una manifestazione a Cutro (Calabria) contro la pratica di respingere i migranti