Monica Guerritore: “Non bisogna accettare l’ultimo appuntamento”

L’attrice in scena con un femminicidio del 1911 che ripete uno schema attuale. “Il patriarcato? Il problema è l’atteggiamento padronale verso le donne”

di BARBARA BERTI
25 novembre 2024
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L’attrice Monica Guerritore ieri al teatro Goldoni di Firenze, ospite del festival ’La Toscana delle donne’

Firenze, 25 novembre 2024 – “Non andate a quell’ultimo appuntamento”. L’accorato appello a tutte le donne arriva da Monica Guerritore proprio in occasione della Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne. L’attrice, reduce dal successo della serie Netflix ’Inganno’ dove rompe i cliché sui corpi delle donne ad ogni età, ieri al Teatro Goldoni di Firenze ha portato in scena ’Quel che so di lei - Donne prigioniere di amori straordinari’, nell’ambito de ’La Toscana delle donne’, festival ideato da Cristina Manetti, capo di gabinetto della Regione Toscana. “La riflessione sulla parità di genere passa anche attraverso il linguaggio del teatro”, le parole di Manetti sottolineando come questo riesca a “trasmettere emozioni, sentimenti, esperienze difficili, violenze. Ci permette quindi di fare una riflessione veramente profonda sulla condizione della donna nella società”. E infatti Guerritore ha portato in scena i momenti finali della tragica vita di Giulia Trigona, zia di Giuseppe Tomasi di Lampedusa, massacrata con 27 coltellate dal giovane ufficiale che aveva lasciato.

Il femminicidio di Giulia Trigona risale al 2 marzo 1911. Ma la storia è universale...

“E’ un fatto di cronaca vera: Giulia, moglie del sindaco di Palermo, è una donna adulta, con figli grandi, che viene ritrovata morta in una pensione della stazione Termini di Roma. Ciò che mi ha scioccato e anche incuriosito, e che poi ha dato il via alla mia ricerca per capire cosa avesse consegnato questa donna matura, consapevole, al suo assassino, è una l’ultima frase che lei dice al suo avvocato. Lui le consiglia di non andare a quell’appuntamento con l’ex amante perché è un uomo pericoloso. Lei risponde: ’Stia tranquillo, mi ha amata, non mi farà del male’. Questo mi ha colpito molto, dà l’idea dell’amore straordinario che abita nel cuore delle donne”.

Quel femminicidio ripete uno schema immortale che ancora oggi si reitera: secondo lei perché?

“Nel nostro immaginario l’amore è qualcosa di positivo, meraviglioso, bello. E, invece, ha a che fare con la natura umana. E questa ha delle pulsioni che se toccate, ferite, possono diventare violente”.

Nella nostra società il patriarcato quanto incide?

“Patriarcato è un termine che non racconta bene la gravità culturale che pesa su una certa generazione. Più che di patriarcato, che sembra un termine desueto, bisogna parlare di atteggiamento padronale sulle cose delle donne. Non solo sulle cose intime, sentimentali ma anche sull’aspetto professionale, artistico. C’è una sorta di sguardo padronale nei confronti delle donne alle quali si attribuiscono molta sensibilità, intelletto e magari nessuna capacità di autodeterminarsi”.

Anche gli uomini delle nuove generazioni hanno un atteggiamento padronale?

“Per i giovani maschi non c’è questo retaggio culturale, c’è l’incapacità a gestire il dolore, la sofferenza dell’essere rifiutati. Devono essere aiutati e noi donne possiamo farlo visto che da secoli sappiamo rinunciare alle cose, alle persone, ci hanno detto tanti no. Quindi aiutiamoli a contenere il dolore, a raccontare che si può sopravvivere e che si tornerà a sorridere”.

Le parole possono fare la differenza?

“Ma alle volte non bastano. È molto importante che si scriva di questo, si facciano film, spettacoli teatrali e tanto altro in modo che gli uomini vedano e imparino che c’è molto altro dopo la fine di una storia d’amore”.

La scuola può aiutare a educare gli adulti del domani?

“L’incapacità di contenere la violenza va assolutamente insegnata in tutte le scuole. Bisogna imparare a contenere i propri sentimenti. Perché oggi c’è troppa violenza, anche in tv, nei media. Noi vediamo politici anche molto aggressivi che mostrano il bastone del comando e questi atteggiamenti poi si ritrovano nella società”.