Quasi 3 milioni: è il numero di persone che ogni anno muoiono nel mondo a causa di incidenti o malattie legate al lavoro. Dati impressionanti quelli diffusi dalle stime pubblicate dall’ILO – Organizzazione Internazionale del Lavoro, l’Agenzia specializzata delle Nazioni Unite sui temi del lavoro e della politica sociale e presentate nel report A Call for Safer and Healthier Working Environments. Dati che ci parlano di una guerra silenziosa di cui nessuno o quasi parla e che pur tuttavia miete inesorabilmente ogni anno milioni di vittime in ogni angolo del pianeta.
Dai Paesi del terzo e quarto mondo fino alle elites mondiale dei vari G-7, G-8 etc. Segno che si tratta di un problema strutturale che affonda le proprie radici nella svalutazione stessa del lavoro che i ritmi sempre più frenetici e il precariato di massa stanno rendendo ancora più evidente e drammatica.
Per altro si tratta di un dato in aumento di oltre il 5% rispetto al 2015, segno che il problema, se così vogliamo chiamarlo, non solo non trova soluzioni adeguate, ma addirittura si aggrava anno dopo anno.
Il report
Nello specifico, il report ci dice che le vittime degli incidenti sono soprattutto uomini ( 51,4 su 100mila rispetto a 17,2 donne su 100mila). Che la zona con la più alta percentuale di decessi è la regione dell'Asia e del Pacifico dove si registra il 63% del totale globale a causa delle dimensioni della forza lavoro nella regione. E che i settori più a rischio sono l'agricoltura, l'edilizia, la silvicoltura, la pesca e l'industria manifatturiera che comprendono 200mila infortuni mortali all'anno, pari al 63% del totale.
La maggior parte di questi decessi è stata causata da malattie correlate al lavoro (2,6 milioni), mentre gli incidenti sul lavoro rappresentano ulteriori 330mila morti. Secondo l'analisi, le malattie del sistema circolatorio, i tumori maligni e le malattie respiratorie figurano tra le prime tre cause di morte legate al lavoro. Insieme, queste tre categorie contribuiscono a più di tre quarti della mortalità totale legata al lavoro.
Le cause di morte
In concreto le prime dieci cause di morte sono: esposizione a lunghi orari di lavoro (744.924 morti), contatto con materiale particolato, gas e vapori (450.381 morti), infortuni sul lavoro (363.283 morti), esposizione all’amianto (209.481 morti), esposizione alla silice (42.258 morti), esposizione ad agenti che causano asma (29.641 morti), esposizione alle radiazioni solari ultraviolette (17.936 morti), esposizione agli scarichi dei motori (14.728 morti), esposizione all'arsenico (7.589), esposizione al nichel (7.301).
I numeri in Italia
Per quanto riguarda il nostro Paese, quello che risulta dal rapporto è che nel 2023 si sono registrati 1041 incidenti mortali, una media di quasi 3 decessi al giorno. E se da un lato sono diminuiti gli incidenti mortali avvenuti nel tragitto casa-lavoro (scesi da 300 a 242), dall'altro aumentano quelli durante il lavoro saliti da 790 a 799 casi. L'analisi territoriale mostra, invece, cali nel Nord-Ovest (da 301 a 270 casi), nel Nord-Est (da 245 a 233) e al Centro (da 225 a 193). Gli incrementi riguardano il Sud (da 235 a 255) e le Isole (da 84 a 90).
Quali soluzioni? Una certamente è quella di implementare la figura dell' HSE manager (healt, Safety, envoirment - salute sicurezza e ambiente) presso le aziende, rafforzando i suoi compiti nella gestione operativa e nell'attuazione delle misure di prevenzione e protezione dai rischi per i lavoratori, per l'ambiente e per il patrimonio aziendale.
La sfida educativa
“In questi giorni abbiamo seguito tutti la tragica vicenda del cantiere Esselunga a Firenze. Le notizie del telegiornale ci ricordano il carattere endemico della questione sicurezza – spiega Claudio Honegger, amministratore unico di Richmond Italia che organizza a Rimini dal 3 al 5 marzo un forum dedicato proprio a queste tematiche – Non sono solo Stato e Governo a doversi far carico della questione, dovrebbe esserci una compliance da parte di tutti i soggetti coinvolti, e quindi tutti noi, nel verificare che poi le norme vengano effettivamente applicate. La vera sfida di chi si occupa di salute e sicurezza oggi è una sfida educativa. Si tratta di far capire alle persone che indossare i dispositivi di protezione individuale e adottare comportamenti sicuri può davvero salvare la vita. Facile a dirsi, meno facile a farsi. E poi c’è il tema dell’educazione alla legalità. ”.