Morire così, di prima mattina, appena montato di turno, dopo aver fatto colazione al bar e sorriso con gli amici. Una battuta, il sabato che si avvicina, il pensiero al weekend. E alla famiglia. Magari lontana.
Morire così, in un mattino terso di febbraio che sembra già primavera e il cielo azzurro ti ricorda la tua terra. Dove tra poco è Ramadam e per questo hai mandato i soldi alla famiglia. Che possa festeggiare come si deve.
Morire sotto una tonnellata di cemento, tanto che il tuo corpo lo ritroveranno tra giorni. Un tonfo e poi il buio. Un numero nella serie di mille e passa: le morti bianche, le chiamano.
Quello che è accaduto a Firenze, 5 morti nel cantiere maledetto di Via Mariti è l’archetipo della sopraffazione, di come la piramide economica ha un vertice stretto fatto di pochi fortunati, e una base larghissima, spessa, poggiata sulle spalle dei lavoratori. E a morire sono sempre loro.
“La morte, come diceva Totò è una livella – dice il segretario della Fiom di Firenze Prato Pistoia, Daniele Calosi – non fa distinzione tra chi vota a destra chi a sinistra chi non vota, chi non può nemmeno perché magari è straniero o non ha il permesso di soggiorno. Solo che questa livella tocca ai lavoratori e basta”.
Ci sarà tempo per stabilire cause e responsabilità. Di certo questo è già il tempo per chiedersi se non sia il sistema economico per come è congegnato, con la svalutazione del lavoro, la precarizzazione selvaggia, i ritmi forsennati, le procedure semplificate, la mancanza di formazione, ad aver, se non provocato, certamente favorito questa ennesima tragedia.
L'accettazione di condizioni anche devastanti da parte dei lavoratori, viene spesso dal fatto che tutti si sentono insicuri di quello che dovrebbe essere il perno della nostra costituzione: il diritto ad avere un'occupazione che garantisca dignità alla persona.
E allora se ti dicono ‘fai così o quella è la porta’ alla fine lo fai, perché dietro quella porta spesso non c'è niente. O ti fanno credere che non ci sia niente. O se c'è qualcosa è peggio, o lontano nel tempo e nello spazio. Quindi se non si risolve questo, se non si ridà centralità al diritto ad un lavoro dignitoso, stabile e ben retribuito, se non si combatte la precarietà, se non si aumentano i salari, se non si rivedono anche i ritmi di lavoro, se non si ridefinisce la cosiddetta ‘produttività’, è anche inutile parlare di sicurezza.
Oggi una trave che si stacca, domani un incidente d’auto per la fretta, dopodomani un’esalazione in un silos e così via. Vite che diventano numeri, statistiche, che si incasellano in relazioni burocratiche, e che finiscono al centro di convegni.
Senza che se ne venga a capo, in attesa della prossima vittima che faccia compagnia a Bouzekri Rachimi, 56 anni, marocchino, Mohamed El Farhane, stessa nazionalità ma 24 anni; Mohamed Toukabri, tunisino di 54 anni; Taoufik Haidar, marocchino di 45 anni e Luigi Coclite di 59 anni, italiano.