“Ho visto uomini femministi” in Kenya “combattere contro le
mutilazioni genitali femminili” e “la loro collaborazione mi ha colpito”, sono “molti” quelli che “girano i villaggi per parlarne”. Inizia così
Fiorella Mannoia a raccontare il suo viaggio “nei villaggi remoti” e nelle scuole rifugio del Kenya che accolgono le ragazze “non tagliate”, cioé quelle giovani donne scampate alle mutilazioni genitali femminili. Un viaggio fatto due anni fa con Amref (la più grande organizzazione africana che si occupa di salute in Africa) di cui la cantante è stata testimone e narratrice in modo inedito attraverso una serie di scatti fotografici che sono diventati poi anche una
mostra virtuale.
Fiorella Mannoia
La versione fisica, allestita a Milano, invece, è stata presentata l’altra sera alla Fondazione Feltrinelli. “Attraverso la mia passione per la fotografia ho cercato di cogliere gli sguardi di un’Africa che prova a voltare pagina”, continua Fiorella Mannoia che non dimentica “i visi, pieni di gratitudine, delle ragazze che sono scampate, chi fuggite chi accolte, da questa tradizione tremenda e barbara che ancora si perpetra a tante latitudini”.
I dati
Secondo dati Amref
sono 200 milioni le donne e le bambine nel mondo che ancora vengono sottoposte al taglio del clitoride. Tre milioni le minori a rischio ogni anno. In Europa 600.000 donne e ragazze hanno subito le mutilazioni genitali femminili, mentre in Italia sono circa 87.000 donne di cui 7.600 minorenni, uno dei dati più elevati in Europa. Se questi sono i numeri “il cambiamento richiede tempo ed è lento”, aggiunge l’artista, a maggior ragione perché sono “pratiche millenarie” e quindi “non si può pensare di risolvere questo problema in un battito di ciglia”. Ma ancora più sbagliato è pensare “da occidentale” di “andare in Africa” e “spiegare loro come si fa”. Al contrario, avverte la cantante che di
Amref è testimonial di lungo corso, bisogna inserirsi “in punta di piedi” ed è per questo che “sto con Amref”: perché l’organizzazione umanitaria che da vent’anni si occupa di prevenzione ed
empowerment locale “lavora con l’Africa, non per”, “forma e se ne va, poi sta alla popolazione”. Quello che serve, conclude Fiorella Mannoia, è “cambiare la mentalità dei capi villaggio” magari facendo leva “se non si riesce sul diritto almeno sulla convenienza”: il cambiamento può essere innescato se si fa capire che
una ragazza “non tagliata”, dunque libera dal vincolo di una precocissima vita matrimoniale, sana, istruita e occupabile, “può diventare una risorsa per tutta la comunità”.
La storia della giovane masai Nice Leng’ete
Simbolo di questo impegno è
la giovane masai Nice Leng’ete, attivista keniota per i diritti umani e ambasciatrice nel mondo di Amref. Per il Time (2018) è stata una delle 100 donne più influenti al mondo avendo salvato più di 20mila bambine dalle Mgf e dai matrimoni forzati da Kenya e Tanzania. In fondazione Feltrinelli ha raccontato il suo impegno che è tutto raccolto nel libro autobiografico
‘Sangue’ (Piemme). “È calzante che mi abbiano dato il nome di un albero, perché fu proprio un albero a salvarmi quando fuggii dalle mutilazioni genitali - si legge nelle primissime pagine - . Se quell’albero non mi avesse offerto riparo, la mia famiglia
mi avrebbe asportato il clitoride. Avrei rischiato di morire, ma se anche fossi sopravvissuta gran parte di me sarebbe morta comunque. Ero appena una bambina, ma dopo il taglio sarei stata considerata una donna adulta e mi avrebbero data in moglie a un uomo più vecchio. Avrei dovuto rinunciare alla scuola. Mi sarei sfiancata di lavoro occupandomi di mio marito e dei bambini. Invece, grazie a quell’albero, ho ramificato in tutt’altra direzione. Fu quell’albero a darmi la vita che ho oggi, una vita che mio padre non avrebbe mai potuto immaginare quando, tenendomi in braccio, mi chiamò Nice”.
La giovane masai Nice Leng’ete, attivista keniota per i diritti umani
Sul punto si sofferma in chiusura anche Paola Crestani, presidente di Amref Italia: “Le mutilazioni genitali femminili - ricorda- non rappresentano solo
un brutale taglio ai diritti di milioni di donne”, sono invece “una autentica ferita al cuore dell’umanità”, una ferita che, però, “si può e si deve curare. Di più: si può prevenire”. La mostra virtuale ‘Con altri occhi’ è un progetto speciale, un viaggio interattivo, per sensibilizzare sul tema del contrasto e prevenzione alle Mgf e sugli strumenti efficaci per combatterle, in Africa e in Italia.
La Toscana in prima linea
Sempre contro le mutilazioni genitali femminili, il consiglio regionale della Toscana ha approvato all’unanimità
una mozione presentata dal Partito democratico. La risoluzione invita la commissione regionale per le pari opportunità della Toscana “a effettuare una specifica indagine sulle mutilazioni genitali femminili, anche in rapporto alla presenza e/o diffusione delle stesse nel contesto toscano’’; ad effettuare contestualmente, “un esame delle disposizioni di legge attualmente vigenti sul divieto delle pratiche mutilazione genitale femminile (legge numero 7/2006)’’, per valutare il livello di attuazione, ‘’sollecitarne l’eventuale applicazione’’ e promuovere ‘’eventuali aggiornamenti o modificazioni al fine di aumentare l’efficacia delle misure previste a livello nazionale“. “Si tratta di un tema e di un problema purtroppo ancora molto diffusi - le parole del capogruppo Pd,
Vincenzo Ceccarelli -. Le mutilazioni genitali femminili sono ancora praticate in almeno trenta Paesi dell’Africa subsahariana e della penisola arabica. Si stima che almeno 200milioni di giovani donne sotto i 18 anni sono soggette a questi interventi di carattere tribale’ La Commissione per le pari opportunità è chiamata inoltre ‘’a valutare eventuali azioni, anche di sensibilizzazione, che possono essere intraprese direttamente a livello regionale per contribuire al contrasto di questa pratica“. Voto favorevole anche da parte di
Fratelli d’Italia, anche se il consigliere
Diego Petrucci, segnala qualche perplessità, riguardo al dispositivo della risoluzione: “Vista la gravità della pratica di cui si parla, che rappresenta una fattispecie penale criminale e come tale deve essere affrontata, non so quale possa essere la capacità di movimento della commissione per le pari opportunità, quali siano le sue capacità di avviare indagini e intervenire’’. Petrucci suggerisce di “chiedere un report alla magistratura e alle forze dell’ordine riguardo all’attività d’indagine svolta. Parliamo di un reato grave, che va a violare una sfera di diritti costituzionalmente e internazionalmente riconosciuti, oltre a praticare menomazioni sui corpi delle persone“