“Cari fratelli ometti, non facciamoci sobillare, vincere dalla paura del cambiamento”. È stato l’accorato appello dell’attore Francesco Montanari ai tanti uomini che ieri hanno risposto presente alla nostra mobilitazione contro la violenza sulle donne. “Cosa faremmo noi al posto loro? Capisco che sia difficile in un momento storico che ci allena all’individualismo, alla solitudine, alla non condivisione - ha continuato - però abbiamo il dovere di conoscere l’altra persona, perché solo così impareremo a rispettarla. Non vi fate fottere da quello che era, noi siamo quello che c’è oggi”.
E oggi possiamo dire che non tutti gli uomini sono violenti, ma che tutti gli uomini devono sentirsi responsabili. Come compagni, padri, figli. Perché appurato che la violenza di genere è un fenomeno culturale, allora la battaglia non può che essere trasversale, collettiva. Deve unire anziché dividere. È il motivo per il quale, seppur in ritardo, sono nati in Italia, non in tutte le città ancora, i centri per uomini maltrattanti. Per renderli consapevoli delle prevaricazioni e degli abusi di cui si sono macchiati, per educare al rispetto. Ma l’educazione, affinché raggiunga il suo scopo, non può essere solo riparativa, può e deve essere soprattutto preventiva. Deve partire dalle basi, quindi dalle nozioni scolastiche e dai precetti familiari. Questo è un po’ il messaggio che ha voluto lanciare alla piazza Stefano Massini, puntando il dito su quella cattiva abitudine di cancellare le donne dalla storia, o al massimo relegarle a un ruolo ancillare. “Prima di dire ’no’ alla violenza, dobbiamo insegnare a scuola che la letteratura è piena di grandi poetesse e scrittrici - ha ricordato il drammaturgo -. Che la musica italiana non è stata fatta solo da grandi compositori, che la scienza e la filosofia sono piene di scienziate e filosofe. Se di loro non c’è traccia è perché gli uomini hanno scelto chi poteva entrare nei libri di testo”.
Dopotutto siamo ciò che leggiamo, ciò che sentiamo. È con le parole che definiamo, creiamo. “Basta con l’omertà - ha esortato Eugenio Giani - tutto deve essere detto affinché tutto possa essere contrastato. Anche questo fa parte di quella cultura che uomini e donne devono contribuire a far crescere insieme”. E ancor prima dell’età scolastica, tra le mura domestiche, lì dove di solito si insinua la violenza, “abbiamo il dovere di trasmettere ai nostri figli e figlie il rispetto, la consapevolezza del valore intrinseco della persona umana e della libertà - gli ha fatto eco Cosimo Guccione -. Noi uomini non possiamo ritenerci immuni, non siamo innocenti se non vediamo, se non cogliamo, se non contribuiamo a costruire un modo diverso di vedere le nostre compagne, sorelle, amiche, colleghe”.
Quindi, cari uomini “abbiate la forza di non voltarvi dall’altra parte - ha sottolineato Antonio Mazzeo - abbiate il coraggio di denunciare, non distogliete lo sguardo. È una battaglia di civiltà, di giustizia sociale”.
Per dirlo con le parole di un altro uomo, De André: “Per quanto voi vi crediate assolti, siete per sempre coinvolti”.