Venerdì nero per l'
America pro-aborto che si è svegliata con una vera e propria doccia fredda.
I deputati dell'Oklahoma hanno approvato un
disegno di legge che vieta l'aborto a partire dal momento della
fecondazione, salvo per emergenze mediche, stupri o incesti. A riportarlo è il
Washington Post che mette in guardia sull'eventuale rischio, in caso di varo della legge, di una stretta sull'aborto nello Stato americano, come è già accaduto nel
Texas l'anno scorso. Ora dai pro-vita è atteso il consenso del governatore repubblicano, Kevin Stitt, che potrebbe rendere immediatamente effettiva la legge. Cosa non strana, dato che ai suoi elettori ha ripromesso di rendere l'Oklahoma lo Stato antiabortista per eccellenza della nazione.
Manifestazioni contro la stretta sull'aborto
Dal Texas all'Oklahoma: il fronte antiabortista si allarga
Modellato sulla
legge del Texas emessa lo scorso 1° settembre, il disegno di legge dell'Oklahoma prepara il terreno per vietare alle donne di abortire dalla sesta settimana dalla fecondazione. E pene per chiunque
"esegua o induca" un aborto, chiunque
"si impegna consapevolmente in una condotta che aiuta o favorisce l'esecuzione o l'induzione'' e chiunque
"intenda condurre" una delle due azioni precedenti A molti questo quadro fa gola, mentre infuriano le manifestazione di massa di chi non ci sta. "Questo è l'ultimo di una serie di attacchi alle donne da legislatori estremisti". Lo afferma la vicepresidente
Kamala Harris invitando gli americani a
eleggere leader pro-scelta a livello locale, statale e federale. "Legislazioni come questa rendono chiaro che stiamo andando verso il divieto assoluto d'aborto nel nostro Stato. Un
modus operandi decisamente punitivo", dice il democratico
Trish Ranson che ha votato contro il disegno di legge. Numerosi deputati democratici hanno proposto di puntare su politiche intese a migliorare le condizioni delle famiglie e dei giovani in situazioni di alta marginalità.
Kamala Harris interviene contro il disegno di legge in Oklahoma
Verso un'America sempre più divisa sui diritti civili
Una nuova stretta che calpesta i diritti delle donne americane. L'America è in fiamme: due anni dopo le marce di
Black Lives Matter a scendere in piazza sono i
movimenti per i diritti delle donne. Ad essere messo in discussione è
l'aborto, un diritto ottenuto 50 anni fa. Stando alla
bozza diffusa in esclusiva da
Politico, la
Corte Suprema degli Stati Uniti è intenzionata a ribaltare la
sentenza Roe v. Wade che dal
1973 garantisce in tutto il Paese
l’accesso all’interruzione volontaria di gravidanza. La bozza del dispositivo con cui i giudici supremi, a maggioranza, sarebbero pronti a revocarla, in teoria potrebbe essere modificata, ma è difficile che le conclusioni possano essere ribaltate. Se verrà seguita l'indicazione del giudice
Samuel Alito - che ha scritto per conto della Corte che "la sentenza è stata vergognosamente sbagliata fin dall’inizio» e che pertanto "dovrebbe essere rigettata" - gli Stati conservatori non esiteranno un attimo a dichiarare l'aborto illegale. La decisione definitiva della
Corte è attesa per il prossimo
giugno: se permetterà agli stati di vietare l’aborto ci sarà da attendere una corsa degli Stati conservatori, di cui alcuni hanno già notevolmente limitato l'accesso all'aborto, verso un totale divieto. Privando così milioni di donne dell'unico strumento legale che le tutela. Un ampio passo indietro di almeno cinquant'anni.