Olga Karatch: “Ho paura ma non smetto di lottare per la democrazia”

Candidata al Nobel per la Pace, l’attivista bielorussa nel suo Paese di origine è considerata una terrorista e rischia la pena di morte per essersi opposta al regime. Si batte da anni per gli obiettori di coscienza dei servizi militari e i disertori: “Abbiamo bisogno dell'aiuto dell’Unione europea"

di TERESA SCARCELLA
29 febbraio 2024

In Bielorussia è praticamente una condannata a morte da quando è stata inserita nella lista nera come terrorista. Olga Karatch, giornalista e attivista per la pace e i diritti umani, Premio Langer 2023, è candidata al Nobel per la Pace 2024. La sua battaglia contro il regime di Lukashenko le è valso l’arresto e la tortura, ma questo non l’ha mai fermata. Oggi vive in esilio a Vilnius, in Lituania, da dove porta avanti la sua lotta non violenta contro la guerra in Ucraina in qualità di fondatrice della rete “Nash Dom” (Our house) che racchiude oltre 23 gruppi di volontari in una ventina di città della Bielorussia e dell’Ucraina. 

Con la campagna lanciata “No means No” difende il diritto all’obiezione di coscienza del servizio militare e offre assistenza anche ai disertori. In questi giorni è in Italia, in giro per l’iniziativa Euromediterranea, e noi l’abbiamo incontrata a Firenze durante un dibattito organizzato dal Cospe. Ha una voce dolce e delicata, che entra quasi in contrasto con uno sguardo profondo e tagliente. 

Cospe, incontro con la giornalista bielorussa Olga Karatch
Cospe, incontro con la giornalista bielorussa Olga Karatch

L’intervista

Karatch cosa si prova a dover pagare gravi conseguenze per aver lottato per i propri diritti? “Non è facile lottare per i diritti umani, si paga un prezzo troppo alto. In Bielorussia rischio la pena di morte, perché sono considerata una terrorista” Come fa ad andare avanti? Non ha paura? “Ovviamente ho paura. Spesso. Quando siamo arrivati in Unione Europea credevamo di essere al sicuro, ma in realtà non è così” Ci spieghi meglio

“Quando è iniziata la guerra, ci siamo affidati ad un avvocato per difendere i diritti degli obiettori di coscienza bielorussi, avevamo bisogno dei suoi servizi. Ma ad un certo punto è stato arrestato in Lituania con l’accusa di spionaggio. Il servizio di sicurezza (erede dell’ormai pensionato Kgb ndr) recluta anche personale lituano ed europeo per combattere gli obiettori. A dicembre 2021, per esempio, ho vissuto per 17 giorni sotto protezione insieme alla mia famiglia perché la polizia lituana aveva saputo che ero in pericolo, pare volessero uccidermi”. Lei è candidata al Nobel per la Pace. La storia, però, ci insegna che questo importante premio non è una garanzia di libertà. Ci sono tanti premi Nobel reclusi e condannati.

“E’ vero, ma per me è importante parlare di come portare avanti queste strategie per fermare o rallentare la guerra in Ucraina. Ci serve aiuto per portare avanti la nostra campagna, “No significa no”. Dire no vuol dire non far andare gli uomini in guerra ed è un modo non violento per opporsi ad essa, non possono continuare la guerra senza uomini. Ma gli obiettori di coscienza non sono accolti bene da nessuna parte e questo è molto triste. Soprattutto nella nostra regione, dove è considerato un reato penale e dove i disertori rischiano la pena di morte. Gli obiettori, però, non sono ben visti neppure nei paesi dell’Unione Europea”

Arriva Olga Karatch attivista anti Lukashenko
Arriva Olga Karatch attivista anti Lukashenko

L’Europa e l’Italia cosa possono fare? “Quello che ci aspettiamo è una maggiore attenzione per i problemi che vivono i rifugiati e gli obiettori, soprattutto ora che Lukashenko è sotto le pressioni di Putin e che la mobilitazione dei bielorussi per andare in guerra è imminente. Ci aspettiamo che accada presto, subito dopo le elezioni presidenziali in primavera. Abbiamo bisogno di un segnale chiaro dall’Ue: che gli obiettori siano riconosciuti. Le persone in Bielorussia e in Russia vogliono la democrazia, vogliono vivere rispettando i diritti umani, è un sogno per loro. Ma non è facile perché Putin e Lukashenko continuano ad esercitare la violenza, contro cui è impossibile agire per noi”. Che idea si è fatta sulla morte di Navalny? “Secondo me è stato ucciso. Non credo alla morte naturale e anche se si fosse sentito male, è probabile che non abbia ricevuto i trattamenti dovuti. Dopo qualche giorno, tra l’altro, un altro prigioniero politico è morto: parlo di Igor Lednik, attivista arrestato in Bielorussia. Lui era la settima persona a morire in carcere in Bielorussia negli ultimi due anni.

Voglio parlare anche di Dimitry Dudojtc. Lui dopo 6 anni in prigione si è suicidato in seguito alle torture ricevute. Era stato arrestato solo per aver scritto delle cose sulla mia pagina Facebook.

Non è certo paragonabile, ma in Italia in questi giorni si discute molte dell’uso della violenza delle forze dell’ordine sui giovani studenti manifestanti. Cosa ne pensa?

“Ho sentito ed è veramente triste. La lezione che ho imparato nella mia vita è le dittature non nascono all’improvviso. Lukashenko all’inizio voleva costruire un paese ideale e poi a poco a poco ha costruito una dittatura. Ad ogni passo la gente non si accorgeva di quello che stava succedendo. Per questo è importante che ci siano le manifestazioni, per proteggere la democrazia. E’ importante, per la giustizia, che la società italiana chieda spiegazioni al governo di questa violenza. Perché la giustizia è connessa con la pace e la pace senza giustizia non è possibile”. Come sta e com’è la sua vita adesso? «Complicata. A volte mi sento emotivamente sopraffatta e senza energie, ma devo continuare a lottare, tutti noi dobbiamo andare avanti se vogliamo la pace. Sento terribili storie ogni giorno, ma possiamo vincere solo se non molliamo. Ai giovani italiani dico lo stesso: non mollate”.