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Home » Attualità » La Russia multa Meta e TikTok per diffusione di contenuti che incitano la “propaganda Lgbt”

La Russia multa Meta e TikTok per diffusione di contenuti che incitano la “propaganda Lgbt”

Il colosso web americano creato da Mark Zuckerberg e il social cinese più diffuso tra i giovani si sono rifiutati di cancellare contenuti che, secondo la giustizia russa, sarebbero 'pericolosi' per i minori

Marianna Grazi
28 Aprile 2022
La russia multa Meta e TikTok

La russia multa Meta e TikTok per i contenuti Lgbt che si sono rifiutate di cancellare

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La guerra all’Ucraina e quella alla comunità arcobaleno. L’una non esclude l’altra per il Cremlino, che prosegue imperterrito sia nell’offensiva militare che nella sua battaglia sul terreno dell’omotransfobia. Due tribunali russi hanno infatti condannato recentemente Meta e TikTok: il colosso web americano e il social network cinese sono stati giudicati colpevoli in base alla legge sulla “propaganda Lgbtq”, non avendo rimosso alcuni post ritenuti “pericolosi” per i minori o contrari alla linea di Mosca sul tema.

Le due sentenze

Putin-presidente-Russia
Vladimir Putin, presidente della Federazione Russa dal 2012, ha promulgato una legge che vieta la “propaganda Lgbt” per proteggere i minori

Il tribunale di Taganskij, distretto centrale di Mosca, ha multato Meta, il gruppo fondato da Mark Zuckerberg che controlla Instagram, Facebook e Whatsapp, a pagare quattro milioni di rubli, circa 50mila euro, dopo che la società si è rifiutata di cancellare dalle sue piattaforme contenuti che inciterebbero alla “propaganda Lgbtq”. Per motivi analoghi anche il social più in voga tra i giovani, di proprietà del gruppo cinese ByteDance, è stato condannato al pagamento di una multa di due milioni di rubli, circa 25mila euro.

La legge sulla propaganda Lgbt

Dal 2013 in Russia è in vigore una legge, fortemente voluta dal presidente Putin, che secondo i suoi fautori ha “lo scopo di proteggere i minori dalle informazioni che promuovono la negazione dei valori tradizionali della famiglia“, nota poi come “legge russa sulla propaganda gay” o “legge anti-gay”. L’obiettivo dichiarato del governo è quello di ‘proteggere’ i bambini dall’esposizione all’omonormatività (l’idea che presenta l’omosessualità come una questione normale nella società), sostenendo che essa contraddice i valori tradizionali della famiglia. La legge mette quindi al bando la “propaganda omosessuale” tra i minori, il che significa che sono assolutamente vietate anche le marce dell’orgoglio gay e lo sfoggio –in qualsiasi momento o luogo – di bandiere arcobaleno.

Russia-multa-meta-tiktok
Attivisti Lgbt protestano per i loro diritti negati dal Cremlino

Nove anni fa l’approvazione di questa norma ottenne ampio consenso in tutto il popolo russo, anche se al di fuori dei confini federali è stata a più riprese condannata: dal Consiglio d’Europa (di cui la Russia era membro e ha annunciato l’uscita dopo l’avvio della guerra in Ucraina), dal Comitato delle Nazioni Unite sui diritti dell’infanzia e da gruppi per i diritti umani, come Amnesty International e Human Rights Watch. La legge è stata anche aspramente criticata per aver portato a un aumento della violenza omofobica e una giustificazione di Stato per perpetrarla.

La conseguenze della guerra in Ucraina

In Ucraina Per motivi di sicurezza molte persone Lgbtqi+ sono già partite
Molte persone Lgbt sono già fuggite dall’Ucraina per paura di ulteriori ritorsioni da parte delle truppe russe a causa della loro identità di genere e del loro orientamento sessuale

Proprio a questa legge del 2013 “anti-gay” fanno riferimento, ormai da tre mesi, da quando ha preso il via l’invasione in Ucraina, gli attivisti internazionali, temendo un escalation di violenza nei confronti degli esponenti Lgbt del Paese. La duplice sentenza contro Meta e TikTok appare quindi innanzitutto come un passo ulteriore della censura russa nei confronti di un’intera comunità, criminalizzata e perseguita dal Cremlino tanto quanto dal capo della Chiesa ortodossa, il patriarca russo Kirill, che come riporta Gay.it si è spinto addirittura fino al giustificare la guerra in Ucraina affermando che “per entrare nel club di quei Paesi è necessario organizzare una parata del gay pride”.
In secondo luogo la decisione dei giudici russi va anche a confermare la battaglia tutt’altro che secondaria del presidente Putin contro i social network, in particolare quelli posseduti da Meta, che sarebbero colpevoli di diffondere informazioni sul conflitto (ricordiamo che in Russia è vietato parlare di guerra all’Ucraina, spacciata invece come “operazione militare speciale“) false o partigiane. Addirittura Facebook e Instagram sono state bandite dalla Federazione a marzo, a causa del loro “estremismo” durante le prime settimane del conflitto.

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Instagram

  • Numerosi attori e musicisti di alto profilo si sono recati in Ucraina da quando è scoppiata la guerra con la Russia nel febbraio 2022. L’ultimo in ordine di tempo è stato l’attore britannico Orlando Bloom, che ieri ha visitato un centro per bambini e ha incontrato il presidente ucraino Volodymyr Zelensky a Kiev.

“Non mi sarei mai aspettato che la guerra si sarebbe intensificata in tutto il Paese da quando sono stato lì”, ha detto Bloom su Instagram, “Ma oggi ho avuto la fortuna di ascoltare le risate dei bambini in un centro del programma Spilno sostenuto dall’Unicef, uno spazio sicuro, caldo e accogliente dove i bambini possono giocare, imparare e ricevere supporto psicosociale”.

Bloom è un ambasciatore di buona volontà per l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’infanzia (Unicef). Il centro di Splino, che è uno dei tanti in Ucraina, offre sostegno ai bambini sfollati e alle loro famiglie, con più di mezzo milione di bambini che ne hanno visitato uno nell’ultimo anno.

La star hollywoodiana ha poi incontrato il presidente Zelensky, con cui ha trattato temi tra cui il ritorno dei bambini ucraini deportati in Russia, la creazione di rifugi antiatomici negli istituti scolastici e il supporto tecnico per l’apprendimento a distanza nelle aree in cui è impossibile studiare offline a causa della guerra. L’attore britannico aveva scritto ieri su Instagram, al suo arrivo a Kiev, che i «bambini in Ucraina hanno bisogno di riavere la loro infanzia».

#lucelanazione #lucenews #zelensky #orlandobloom
  • “La vita che stavo conducendo mi rendeva particolarmente infelice e se all’inizio ero entrata in terapia perché volevo accettare il fatto che mi dovessi nascondere, ho avuto poi un’evoluzione e questo percorso è diventato di accettazione di me stessa."

✨Un sorriso contagioso, la spensieratezza dei vent’anni e la bellezza di chi si piace e non può che riflettere quella luce anche al di fuori. La si potrebbe definire una Mulan nostrana Carlotta Bertotti, 23 anni, una ragazza torinese come tante, salvo che ha qualcosa di speciale. E non stiamo parlano del Nevo di Ota che occupa metà del suo volto. Ecco però spiegato un primo punto di contatto con Mulan: l’Oriente, dove è più diffusa (insieme all’Africa) quell’alterazione di natura benigna della pigmentazione della cute intorno alla zona degli occhi (spesso anche la sclera si presenta scura). Quella che appare come una chiazza grigio-bluastra su un lato del volto (rarissimi i casi bilaterali), colpisce prevalentemente persone di sesso femminile e le etnie asiatiche (1 su 200 persone in Giappone), può essere presente alla nascita o apparire durante la pubertà. E come la principessa Disney “fin da piccola ho sempre sentito la pressione di dover salvare tutto, ma forse in realtà dovevo solo salvare me stessa. Però non mi piace stare troppo alle regole, sono ribelle come lei”.

🗣Cosa diresti a una ragazza che ha una macchia come la tua e ti chiede come riuscire a conviverci?�
“Che sono profondamente fiera della persona che vedo riflessa allo specchio tutto i giorni e sono arrivata a questa fierezza dopo che ho scoperto e ho accettato tutti i miei lati, sia positivi che negativi. È molto autoreferenziale, quindi invece se dovessi dare un consiglio è quello che alla fine della fiera il giudizio altrui è momentaneo e tutto passa. L’unica persona che resta e con cui devi convivere tutta la vita sei tu, quindi le vere battaglie sono quelle con te stessa, quelle che vale la pena combattere”.

L’intervista a cura di Marianna Grazi �✍ 𝘓𝘪𝘯𝘬 𝘪𝘯 𝘣𝘪𝘰

#lucenews #lucelanazione #carlottabertotti #nevodiota
  • La salute mentale al centro del podcast di Alessia Lanza. Come si supera l’ansia sociale? Quanto è difficile fare coming out? Vado dallo psicologo? Come trovo la mia strada? La popolare influencer, una delle creator più note e amate del web con 1,4 milioni di followers su Instagram e 3,9 milioni su TikTok, Alessia Lanza debutta con “Mille Pare”, il suo primo podcast in cui affronta, in dieci puntate, una “para” diversa e cerca di esorcizzare le sue fragilità e, di riflesso, quelle dei suoi coetanei.

“Ho deciso di fare questo podcast per svariati motivi: io sono arrivata fin qui anche grazie alla mia immagine, ma questa volta vorrei che le persone mi ascoltassero e basta. Quando ho cominciato a raccontare le mie fragilità un sacco di persone mi hanno detto ‘Anche io ho quella para lì!’. Perciò dico parliamone, perché in un mondo in cui sembra che dobbiamo farcela da soli, io credo nel potere della condivisione”.

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  • Si è laureata in Antropologia, Religioni e Civiltà Orientali indossando un abito tradizionale Crow, tribù della sua famiglia adottiva in Montana. Eppure Raffaella Milandri è italianissima e ha conseguito il titolo nella storica università Alma Mater di Bologna, lo scorso 17 marzo. 

La scrittrice e giornalista nel 2010 è diventata membro adottivo della famiglia di nativi americani Black Eagle. Da quel momento quella che era una semplice passione per i popoli indigeni si è focalizzata sullo studio degli aborigeni Usa e sulla divulgazione della loro cultura.

Un titolo di studio specifico, quello conseguito dalla Milandri, “Che ho ritenuto oltremodo necessario per coronare la mia attività di studiosa e attivista per i diritti dei Nativi Americani e per i Popoli Indigeni. La prima forma pacifica di attivismo è divulgare la cultura nativa”. L’abito indossato durante cerimonia di laurea appartiene alla tribù della sua famiglia adottiva. Usanza che è stata istituzionalizzata solo dal 2017 in Montana, Stato d’origine del suo popolo, quando è stata approvata una legge (la SB 319) che permette ai nativi e loro familiari di laurearsi con il “tribal regalia“. 

In virtù di questa norma, il Segretario della Crow Nation, Levi Black Eagle, a maggio 2022 ha ricordato la possibilità di indossare l’abito tradizionale Crow in queste occasioni e così Milandri ha chiesto alla famiglia d’adozione se anche lei, in quanto membro acquisito della tribù, avrebbe potuto indossarlo in occasione della sua discussione.

La scrittrice, ricordando il momento della laurea a Bologna, racconta che è stata “Una grandissima emozione e un onore poter rappresentare la Crow Nation e la mia famiglia adottiva. Ho dedicato la mia laurea in primis alle vittime dei collegi indiani, istituti scolastici, perlopiù a gestione cattolica, di stampo assimilazionista. Le stesse vittime per le quali Papa Francesco, lo scorso luglio, si è recato in Canada in viaggio penitenziale a chiedere scusa  Ho molto approfondito questo tema controverso e presto sarà pubblicato un mio studio sull’argomento dalla Mauna Kea Edizioni”.

#lucenews #raffaellamilandri #antropologia
La guerra all'Ucraina e quella alla comunità arcobaleno. L'una non esclude l'altra per il Cremlino, che prosegue imperterrito sia nell'offensiva militare che nella sua battaglia sul terreno dell’omotransfobia. Due tribunali russi hanno infatti condannato recentemente Meta e TikTok: il colosso web americano e il social network cinese sono stati giudicati colpevoli in base alla legge sulla "propaganda Lgbtq", non avendo rimosso alcuni post ritenuti "pericolosi" per i minori o contrari alla linea di Mosca sul tema.

Le due sentenze

Putin-presidente-Russia
Vladimir Putin, presidente della Federazione Russa dal 2012, ha promulgato una legge che vieta la "propaganda Lgbt" per proteggere i minori
Il tribunale di Taganskij, distretto centrale di Mosca, ha multato Meta, il gruppo fondato da Mark Zuckerberg che controlla Instagram, Facebook e Whatsapp, a pagare quattro milioni di rubli, circa 50mila euro, dopo che la società si è rifiutata di cancellare dalle sue piattaforme contenuti che inciterebbero alla "propaganda Lgbtq". Per motivi analoghi anche il social più in voga tra i giovani, di proprietà del gruppo cinese ByteDance, è stato condannato al pagamento di una multa di due milioni di rubli, circa 25mila euro.

La legge sulla propaganda Lgbt

Dal 2013 in Russia è in vigore una legge, fortemente voluta dal presidente Putin, che secondo i suoi fautori ha "lo scopo di proteggere i minori dalle informazioni che promuovono la negazione dei valori tradizionali della famiglia", nota poi come "legge russa sulla propaganda gay" o "legge anti-gay". L'obiettivo dichiarato del governo è quello di 'proteggere' i bambini dall'esposizione all'omonormatività (l'idea che presenta l'omosessualità come una questione normale nella società), sostenendo che essa contraddice i valori tradizionali della famiglia. La legge mette quindi al bando la "propaganda omosessuale" tra i minori, il che significa che sono assolutamente vietate anche le marce dell’orgoglio gay e lo sfoggio –in qualsiasi momento o luogo – di bandiere arcobaleno.
Russia-multa-meta-tiktok
Attivisti Lgbt protestano per i loro diritti negati dal Cremlino
Nove anni fa l'approvazione di questa norma ottenne ampio consenso in tutto il popolo russo, anche se al di fuori dei confini federali è stata a più riprese condannata: dal Consiglio d'Europa (di cui la Russia era membro e ha annunciato l'uscita dopo l'avvio della guerra in Ucraina), dal Comitato delle Nazioni Unite sui diritti dell'infanzia e da gruppi per i diritti umani, come Amnesty International e Human Rights Watch. La legge è stata anche aspramente criticata per aver portato a un aumento della violenza omofobica e una giustificazione di Stato per perpetrarla.

La conseguenze della guerra in Ucraina

In Ucraina Per motivi di sicurezza molte persone Lgbtqi+ sono già partite
Molte persone Lgbt sono già fuggite dall'Ucraina per paura di ulteriori ritorsioni da parte delle truppe russe a causa della loro identità di genere e del loro orientamento sessuale
Proprio a questa legge del 2013 "anti-gay" fanno riferimento, ormai da tre mesi, da quando ha preso il via l'invasione in Ucraina, gli attivisti internazionali, temendo un escalation di violenza nei confronti degli esponenti Lgbt del Paese. La duplice sentenza contro Meta e TikTok appare quindi innanzitutto come un passo ulteriore della censura russa nei confronti di un’intera comunità, criminalizzata e perseguita dal Cremlino tanto quanto dal capo della Chiesa ortodossa, il patriarca russo Kirill, che come riporta Gay.it si è spinto addirittura fino al giustificare la guerra in Ucraina affermando che "per entrare nel club di quei Paesi è necessario organizzare una parata del gay pride". In secondo luogo la decisione dei giudici russi va anche a confermare la battaglia tutt'altro che secondaria del presidente Putin contro i social network, in particolare quelli posseduti da Meta, che sarebbero colpevoli di diffondere informazioni sul conflitto (ricordiamo che in Russia è vietato parlare di guerra all'Ucraina, spacciata invece come "operazione militare speciale") false o partigiane. Addirittura Facebook e Instagram sono state bandite dalla Federazione a marzo, a causa del loro "estremismo" durante le prime settimane del conflitto.
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