“Scrivi quando arrivi”: il gruppo WhatsApp per vincere la solitudine e la paura per strada

di CHIARA CARAVELLI
9 aprile 2024

"Scrivi quando arrivi", il gruppo Whatsapp di supporto (foto di repertorio)

“Scrivi quando arrivi”. Quante volte ce lo siamo sentite dire dalle amiche o dai genitori, un semplice messaggio che a Bologna è diventato un vero e proprio ‘movimento’. Da più di due mesi, oltre 300 ragazze – nella maggior parte studentesse fuori sede ma non solo – si sono riunite in un gruppo Whatsapp con l’idea di sostenersi e proteggersi a vicenda. Un messaggio o una telefonata, non è importante il come, ma è importante esserci. L’una per l’altra. Soprattutto di notte, ma anche di giorno, l’obiettivo è quello di creare un gruppo di aiuto dove le ragazze possano sentirsi al sicuro e, in caso di necessità, esserci per intervenire.

"Ciao ragazze, c’è qualcuna sveglia?”. “Sì, ci sono”, è la risposta che si può ricevere nel cuore della notte così come alle cinque e mezzo del mattino. L’iniziativa, partita da Bologna tra novembre e dicembre dello scorso anno durante le proteste che sono seguite al femminicidio di Giulia Cecchettin, si è in pochissimo tempo diffusa in altre città italiane come Torino, Firenze, Roma e Bergamo.

Com’è nato e come funziona

Ad avere l’idea, sotto le Due Torri, è stata una studentessa 22enne di giurisprudenza Samia Outia: “L’iniziativa – ha spiegato la ragazza a ‘La Stampa’ – coinvolge soprattutto donne, persone trans e appartenenti alla comunità queer. È rivolta a chiunque abbia il nostro stesso problema: se hai paura a tornare a casa da solo, puoi essere coinvolto. Poi, facciamo delle verifiche prima di aggiungere qualcuno in un gruppo, per evitare l’ingresso di malintenzionati, ma non mi metto di certo a chiedere qual è il sesso d’appartenenza".

La maggior parte delle richieste d’adesione sono arrivate attraverso Instagram. Cercando la pagina @scriviquandoarrivi, si può inviare in director (il sistema di messaggistica della piattaforma) un messaggio con il proprio numero di cellulare e la città in cui si vive o ci si trova. In questo modo è possibile ricevere il link per entrare a far parte del gruppo WhatsApp relativo e si può interagire con altre persone.

La volontà è quella non solo di sentirsi più sicure, ma anche di fronteggiare il grave problema della violenza sulle donne. Un problema che, soprattutto nell’ultimo periodo, a Bologna è diventato sempre più all’ordine del giorno con numerosi casi di ragazze violentate e aggredite mentre tornavano a casa.

Nei volantini che hanno diffuso l’iniziativa si legge: "Alla luce degli ultimi fatti di cronaca, siamo incazzate, ma anche preoccupate per la nostra incolumità e quella delle nostre sorelle, amiche e compagne. Organizziamoci, scrivi a @scriviquandoarrivi".

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"Giustizia” privata

Sul tema è intervenuta anche la giornalista e autrice che da anni si occupa di violenza di genere e tematiche femministe, Jennifer Guerra: "Per quanto sia importante affidarsi alle altre – scrive in un articolo pubblicato su Fanpage – non dovrebbero essere le chat o le app a salvarci la vita. Né le strade presidiate dalle forze dell’ordine, spesso incapaci, per mancanza di una formazione e una sensibilità adeguate, di riconoscere le situazioni di pericolo e di intervenire. Oltre a rendere più femministe le nostre città, dobbiamo rendere più femministi i loro cittadini. Questo è un passaggio che non si può più ignorare, innanzitutto cominciando a prendere sul serio la paura delle donne e smettendo di minimizzare il catcalling, considerandolo ciò che è, una molestia, e non un complimento. Gli uomini dovrebbero imparare a riconoscere le reazioni delle donne alla loro presenza e far sì che non siano più soltanto loro a dover cambiare lato del marciapiede quando camminano in una strada buia”.