Sud, 200mila giovani in fuga: opportunità inespresse e l'urgenza di politiche strutturali

Tra disuguaglianze nei servizi pubblici, politiche inefficaci e narrazioni stereotipate, il Mezzogiorno continua a perdere i suoi giovani. Eppure, opportunità e potenziale di sviluppo ci sono, ma è necessaria un'azione mirata e concreta

di MARGHERITA AMBROGETTI DAMIANI
23 dicembre 2024
Giovani in fuga dal sud Italia (foto di repertorio)

Giovani in fuga dal sud Italia (foto di repertorio)

La questione della fuga dei giovani dal Sud verso il Nord – o addirittura verso l’estero – rappresenta un chiaro sintomo di un’emergenza sociale ed economica ancora attuale, nonostante i numeri del Mezzogiorno da due anni siano in crescita. Il rapporto Svimez lo definisce come un “degiovanimento” inarrestabile, ma è evidente che qualcosa di più per arginarlo si potrebbe e dovrebbe fare. I dati delineano un quadro drammatico: negli ultimi dieci anni, quasi 200.000 laureati hanno lasciato il Sud. Un vero e proprio esodo, che non si spiega soltanto con la mancanza di lavoro. I fattori sono molteplici e includono la qualità dell’offerta lavorativa e le profonde disuguaglianze nei servizi pubblici.

In un contesto in cui il potere d'acquisto diminuisce sempre più e l’accesso a diritti essenziali come asili nido, tempo pieno nelle scuole e infrastrutture scolastiche resta limitato, il divario con il Centro-Nord appare insormontabile. Questo scenario, oltre a impoverire il tessuto economico delle regioni meridionali, ne compromette il capitale umano, erodendo risorse fondamentali per lo sviluppo. 

Eppure, il Sud non è privo di opportunità. La crescita del settore agroalimentare, i poli tecnologici, le prospettive offerte dalla transizione energetica e le specializzazioni in ambiti come l’aeronautica e la farmaceutica rappresentano esempi concreti di un potenziale inespresso. Ma perché allora il Sud non riesce a trattenere i suoi giovani? La risposta risiede in un complesso intreccio di politiche inefficaci, scelte miopi e narrazioni stereotipate che relegano il Mezzogiorno a un’immagine distante dalla realtà, oscurandone le possibilità di sviluppo. Il risultato è una spirale perversa: i giovani lasciano il Sud per studiare o lavorare altrove, portando con sé, spesso, intere famiglie. I territori restano così spopolati, privi di slancio e sempre più marginalizzati. La soluzione non può limitarsi alla creazione di lavoro: è fondamentale garantire condizioni di vita dignitose che rendano sostenibile e desiderabile restare. Investire nei servizi essenziali, nella formazione e in politiche industriali moderne non è più una scelta, ma una necessità per arrestare l’emorragia di capitale umano. Anche perché il Nord, con tutte le sue attrattive, non rappresenta certo il paradiso che spesso si immagina e le contraddizioni dell’autonomia differenziata rischiano di aggravare ulteriormente le disuguaglianze. La sfida è costruire un Mezzogiorno che non sia una scelta di ripiego, ma una terra di possibilità. I governi siano all’altezza di questo compito.