L’Ue tira le orecchie all’Italia su libertà di stampa e indipendenza

Il nostro Paese si “guadagna” sei raccomandazioni dalla Commissione europea nel report dello stato di diritto. Per la sinistra: “Non ci sono più attenuanti”. Per la destra non c’è motivo di allarmarsi: “E’ strumentalizzazione”

di CHIARA CARAVELLI
25 luglio 2024
epa11235843 European Commission President Ursula von der Leyen and Italian Prime Minister Giorgia Meloni (R) during the second day of a European Council meeting in Brussels, Belgium, 22 March 2024. EU leaders are meeting in Brussels to discuss continued support for Ukraine, the developing situation in the Middle East, security and defense, enlargement, external relations, migration, agriculture as well as the European semester.  EPA/OLIVIER HOSLET

Ursula von der Leyen e Giorgia Meloni

In Italia “i giornalisti continuano ad affrontare diverse sfide nell'esercizio della loro professione”, tra cui il rischio di essere minacciati o aggrediti (75 gli incidenti nei primi sei mesi dell'anno) e il governo è chiamato a “proseguire l'iter legislativo sul progetto di riforma sulla diffamazione, la tutela del segreto professionale e delle fonti giornalistiche, evitando ogni rischio di impatti negativi sulla libertà di stampa e garantendo che tenga conto delle norme Ue sulla tutela dei giornalisti”.

Lo scrive la Commissione europea nelle raccomandazioni, unite anche a qualche critica, al nostro Paese contenute nel report sullo stato di diritto. Bruxelles si sofferma anche sulla Rai, avvertendo che il governo deve "garantirne l'indipendenza” e “finanziamenti adeguati”. La Commissione europea parla anche di uno spazio civico “ristretto”, alla luce degli “attacchi verbali da parte di alcuni media e politici contro le organizzazioni, soprattutto quelle che svolgono attività umanitarie, e di episodi di violenza contro i manifestanti da parte della polizia”.

Dalla Commissione sono stati espressi dubbi anche per quanto riguarda le possibili conseguenze di alcune riforme promosse dal Governo. Quella della giustizia “che abroga il reato di abuso d'ufficio e limita la portata del reato di traffico d'influenza potrebbe avere implicazioni per l'individuazione e l'investigazione di frodi e corruzione" e quella del premierato secondo cui “non sarebbe più possibile per il presidente della Repubblica trovare una maggioranza alternativa e/o nominare una persona esterna al parlamento come primo ministro”.

L'Italia inoltre, rientra tra i Paesi in cui "le dichiarazioni pubbliche dei governi e dei politici possano influenzare la fiducia nell'indipendenza della magistratura”, e anche fra quelli in cui si nota “l'uso considerevole di procedure legislative accelerate o di decreti d'urgenza”.

Immediate le reazioni politiche. Per Sandro Ruotolo, membro della Commissione Cultura al Parlamento Europeo e responsabile informazione e cultura del Partito Democratico, "il governo italiano deve prendere atto e procedere immediatamente a cambiare rotta. Non ci sono più attenuanti: l’attacco all’indipendenza della magistratura e le leggi bavaglio, le querele temerarie e l’occupazione della Rai da parte del partito di Giorgia Meloni sono il segno tangibile dell’emergenza democratica del nostro Paese”.

Critiche anche dal Movimento 5 Stelle per cui quello lanciato dall’Ue "è un autentico allarme. È un quadro impietoso quello delineato dalla Commissione, sulla giustizia il governo Meloni sta non solo fallendo ma anche facendo danni gravi che produrranno effetti drammatici per anni”. Per il capodelegazione di FdI al Parlamento europeo, Carlo Fidanza, e l'eurodeputato meloniano, Paolo Inselvini, invece “il rapporto della Commissione europea sullo stato di diritto è stato ancora una volta l'occasione per una patetica strumentalizzazione da parte delle sinistre. Con buona pace di chi da mesi lancia infondati ‘allarmi democratici’, il rapporto da un lato evidenzia alcuni importanti passi avanti e dall'altro ribadisce alcune criticità ben note, già espresse anche in passato e ben prima del governo Meloni, in gran parte ereditate dai fallimentari governi a guida Pd e M5s”.