Stop alle ammissioni per “discendenza” a Stanford, al California Institute of Technology e alla University of South California (Usc). Dal prossimo settembre, al momento di ammettere le matricole, le università pubbliche ma anche le private del Golden State non potranno più prevedere un canale preferenziale riservato agli studenti i cui genitori hanno fatto donazioni o hanno frequentato lo stesso campus.
“Il sogno californiano non deve essere accessibile solo a pochi fortunati. Per questo apriamo la porta all'istruzione superiore a tutti in modo equo”, ha spiegato il governatore democratico Gavin Newsom, firmando la proposta di legge ieri, lunedì 30 settembre, a Sacramento.
La California, che è lo Stato con il maggior numero di studenti universitari degli Usa, si unisce quindi al Colorado, all’Illinois, al Maryland e alla Virginia che hanno già approvato leggi contro le ammissioni basate sulle “connessioni” familiari. Solo il Maryland prima, però, ha esteso il divieto agli atenei privati. Ovviamente, le università potranno ancora immatricolare studenti di famiglie donatrici o di ex-studenti, ma non potranno più concedere un trattamento preferenziale a questi candidati.
Questo sistema più equo era già in vigore dal 1998 nella università e nei college pubblici, come Berkeley o la Ucla. Due anni prima, i californiani avevano eliminato la cosiddetta 'azione affermativa', una discriminazione positiva finalizzata ad una maggiore inclusione delle minoranze razziali, bandita poi nel 2023 dalla Corte Suprema. Gli atenei privati hanno l'obbligo di dichiarare quante matricole beneficiano di una connessione personale con un donatore o con ex studenti. Nel 2023, a Stanford erano il 15,4%; alla Usc (coinvolta in uno scandalo sulle ammissioni truccate per figli di ricchi nel 2019) erano il 14,5%.