Si parla tanto di Gender Pay Gap, ma i numeri non tornano mai. Per l'ufficio statistico dell'Unione europea, meglio conosciuto come Eurostat, il differenziale retributivo tra uomini e donne in Italia è al 5%. Per l'Osservatorio Jobpricing, invece, all'11,5%. Con il suo dato Eurostat, che basa i calcoli sulla media delle paghe orarie nette dei lavoratori italiani, ci dice che l’Italia – in Europa – si colloca tra i Paesi migliori per quanto riguarda il Gender pay gap, dato che i peggiori attestano il differenziale al 20%. Mentre, se si considera il divario del 11,5% di Jobpriciping, che sceglie come parametro la retribuzione annuale lorda full time, l’Italia arranca in classifica. La distanza, di circa 7 punti percentuali, che fa schizzare il nostro Paese su e giù tra le classifiche europee e mondiali descrive però un'unica realtà: una sistematica discriminazione femminile sul posto di lavoro.
Come ci spiega la professoressa di economia Maria Laura Di Tommaso del dipartimento di Economia e Statistica "Cognetti de Martiis" dell'università di Torino: "Questi risultati così distanti tra di loro nascono essenzialmente da due modi diversi di calcolare il Gender pay gap: guardando gli stipendi al netto delle tasse o al lordo e distinguendo tra retribuzione oraria, mensile o annuale". Di Tommaso, che da anni si occupa di economia di genere spendendosi attualmente nel divario retributivo che esiste nelle discipline matematiche (dove le donne sono particolarmente sottorappresentate), afferma di ritenere migliore il parametro del salario orario, come quello scelto da Eurostat, "perché mostra il differenziale retributivo spogliato da tanti fattori". Detto questo – prosegue la professoressa – "seppur basso, in Italia il Gender pay gap resta: meno nel settore pubblico, perché c’è maggiore monitoraggio e tendenzialmente si applica il contratto del lavoro nazionale; più elevato nel settore privato”.