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Svizzera, il 30% degli abiti rimasti invenduti viene distrutto

Un danno economico e ambientale di cui però, nonostante gli addetti ai lavori ne siano consapevoli, nessuno sembra preoccuparsi

di DOMENICO GUARINO -
3 ottobre 2023
fast-fashion

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Facciamo un gioco: aprite l’armadio e togliete un vestito su tre di quelli che avete appesi alle grucce o sistemati nei cassetti, poi li prendete e li buttate nella spazzatura. Fatto? Bene, è quello che accade con gli abiti che non vengono venduti in negozio o nella grande distribuzione! Un terzo del totale viene buttato. Con uno spreco di risorse ed economico che fa impallidire quello, già mostruoso, che si può riscontrare nella filiera alimentare dal campo alla tavola.

L'indagine sullo spreco

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Circa un terzo della merce nuova rimane sulle relle o sugli scaffali dei negozi di moda

Il dato proviene da un’indagine condotta in Svizzera dalla rivista dei consumatori K-Tipp, che ha rivelato una tendenza preoccupante in merito al settore della moda. L’inchiesta ha infatti scoperto che fino ad un terzo della merce nei negozi di abbigliamento locali finisce incenerita. E non è un problema limitato alla Svizzera, poiché l’indagine sottolinea come questo spreco sia una consuetudine diffusa in tutto il mondo della moda. Il tutto mentre sulle riviste patinate le grandi maison e i brand più conosciuti fanno a gara per dare un’immagine green ed attenta alla sostenibilità ecologica. Naturalmente non è possibile fare di tutta un’erba un fascio, ma il dato finale è quello. E la rivista garantisce che vien confermato anche da ‘insider’ del settore che, protetti da anonimato, hanno raccontato come funzionano davvero le cose.

Che fine fanno gli abiti invenduti?

Secondo Andrea Weber-Hansen, professoressa all’università di Scienze Applicate di Lucerna, circa il 30% dei tessili offerti in Svizzera non trova acquirenti. A quanto risulta, sul totale della merce nuova, un terzo rimane a prendere polvere nei negozi di abbigliamento, un altro viene venduto a prezzi scontati (o scontatissimi), mentre solo il rimanente riesce ad essere venduto al prezzo originario. Il terzo che rimane invenduto è destinato alla distruzione per mantenere i prezzi elevati.

Danno ambientale ed economico

Un danno ambientale, come dicevamo, ma anche un danno economico, che arriva al seguito di un già insensato spreco di risorse: secondo l’Ufficio europeo dell’ambiente, infatti, solo nel 2021, nell’Unione Europea, i rivenditori di abbigliamento hanno distrutto capi nuovi e mai indossati per un valore di almeno 2,9 miliardi di franchi.
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Lo spreco di produzione dei vestiti provoca un danno ambientale ed economico enorme

Naturalmente per funzionare a regime il sistema gode di ampie collaborazioni anche fuori dal campo ristretto delle aziende di moda: la ricerca di K-Tipp dimostra che gli impianti svizzeri di incenerimento dei rifiuti (Kva) accettano tranquillamente prodotti tessili nuovi, rimasti senza compratore, come parte della loro routine. Questa pratica è stata confermata da operatori di tali impianti, che considerano gli abiti come “normali rifiuti commerciali”. Il costo di incenerimento varia tra 160 e 350 franchi a tonnellata, rendendo questa opzione molto conveniente per i commercianti di abbigliamento.

Il modello francese

Per fortuna, dietro la pressione dell’opinione pubblica, qualcosa comincia a muoversi. La Francia ha già intrapreso azioni significative in questo senso, vietando la distruzione di abiti nuovi a partire dall’anno scorso. In Svizzera invece il consigliere nazionale François Pointet ha recentemente sollecitato il Consiglio federale a obbligare i rivenditori di abbigliamento a fornire informazioni sulla distruzione di nuovi capi di abbigliamento e ha chiesto che i beni in eccesso siano donati o riciclati invece di essere inceneriti. Al momento, si attende ancora la risposta dell'organo esecutivo del governo elvetico.