Siamo dentro una rivoluzione che sta iniziando, che non abbiamo mai visto, che rispetto all’avvento di Internet prima e degli smartphone poi, si preannuncia come epocale. L’intelligenza artificiale generativa cambierà per sempre il nostro orizzonte. Siamo di fronte ai bastioni di Orione in fiamme, come nell’iconico monologo dell’androide Roy Batty in Blade Runner, fra la nostalgia del mondo che è stato e l’incertezza di quello che sarà. Impauriti, fragili. Chissà se 100 anni fa, quando nacque la radio, i nostri simili sono stati altrettanto spaventati. O quando è arrivata la tv, il walkman, il personal computer. Sono abbastanza convinta che la risposta sia sì.
L’essere umano è sempre alla ricerca di cose nuove, per vincere la noia, per superare i propri limiti, ma è anche spaventato da tutto ciò che turba lo scorrere placido e ritmico della sua esistenza. Oggi senza sminuire timori, ansie, perplessità, dobbiamo trasformarci in protagonisti, consapevoli che ogni rivoluzione deve essere capita e guidata. Con la nostra intelligenza, però.
Sono una di quelle mamme che ha deciso di posticipare l’entrata dei dispositivi elettronici nella vita dei bambini quando mi sono resa conto dei danni che poteva provocare. Ho deciso che quella fosse la strada da seguire. Non senza farmi milioni di domande.
Adesso che sono un po’ più grandi significa ascoltare musica che abbia un senso, con testi che non siano violenti, misogini, machisti, perché anche questo è importante: se si lasciano i bambini e le bambine in balia degli algoritmi si rischia di normalizzare la violenza come pratica di vita quotidiana, senza rendercene conto. È un duro lavoro ma è questo che intendo per usare la nostra intelligenza. Non farsi portare dalla corrente ma navigarla.
E poi partecipare. Prendere parte attivamente alla scrittura degli algoritmi, che altrimenti rischiano di discriminare interi settori della popolazione, in primis le donne. Dobbiamo essere noi a scegliere il futuro che vogliamo.